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Io stessa confesso di essermi avvicinata solo a un autore che ha scelto il self-publishing, Sergio Covelli, e l'ho fatto perché conoscevo di fama l'autore, perché è molto fotogenico e perché l'operazione che ha fatto per promuovere i suoi romanzi mi ha incuriosita. Prima è venuto l'interesse per l'autore, poi quello per la storia che racconta.
Già, ha ragione da vendere. Perché noi lettori abituati all'editore, i self-publisher li guardiamo con occhi torvi, con diffidenza, perché se uno si è autopubblicato vuol dire che nessun editore lo ha voluto, ergo la sua storia fa molto probabilmente schifo, ergo non merita la mia attenzione, ergo il self-publishing è l'appiattimento della letteratura in nome dell'ego degli autori scarsi. Non è più o meno questa la conformazione mentale che tutti noi abbiamo? Il self-publishing come ripiego e non come scelta?
A me piace scrivere racconti. E' un lato di me che tengo nascosto come un parente scomodo, salvo farlo emergere ogni tanto. Se mai decidessi un giorno di pubblicarli, non so se sceglierei il self-publishing. Perché di fatto autopubblicarsi è molto più difficile dell'andare a caccia di un editore: la differenza è più o meno la stessa tra chi sceglie un lavoro dipendente e chi sceglie di mettersi in proprio. Chi fa un lavoro dipendente deve eseguire il suo compitino giornaliero e poco altro, alle incombenze aziendali ci pensa qualcuno che sta più in alto di lui nella scala gerarchica. Chi si mette in proprio ha tutto sulle proprie spalle - la parte creativa, quella burocratica, quella legale e così via - e deve affidarsi a dei fornitori di servizi che lo aiutino a mettere in piedi la sua attività. Che sia un'azienda o che sia un libro.
Ecco, penso che il self-publishing sia una scelta. Un'alternativa. Anche perché - diciamocelo - davvero aver pubblicato con un editore è automaticamente garanzia di qualità?
Però penso anche che il self-publishing sia libera professione e non franchising, altrimenti l'indipendenza dell'autore va a farsi benedire. Ergo, il fatto che grosse case editrici stiano investendo in questo senso ma non nel modo in cui dovrebbero (ossia investendo su professionisti ad alta specializzazione che supportino gli autori) non mi pare molto rassicurante.
Ecco, più o meno la penso così. Per tutto il resto c'è Storify.
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