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Libro: La Sapienza a banchetto Il servizio come definizione dell’identità cristiana

Creato il 05 dicembre 2015 da Goodmorningsicilia
tony caronna

Tony Caronna

Prefazione di Carlo Bazzi

Il 23 dicembre p.v., nella splendida cornice di Villa Niscemi a Palermo, alle ore 17,00, sarà presentato il nuovo capolavoro di Tony Caronna, La Sapienza a banchetto. Il servizio come definizione dell’identità cristiana, la cui prefazione è stata curata dal grande teologo Carlo Bazzi della Pontificia Università Urbaniana di Roma.
Il presente lavoro può esser considerato uno di quei casi in cui si verifica il detto di Gregorio Magno: “Scriptura crescit cum legente”. E questo da più

lavanda

Giotto, basilica degli Scrovegni, Lavanda dei piedi

punti di vista. Senza dubbio dal punto di vista assolutamente personale di immersione nel mondo intrigante della ricerca biblica. Affascinante dal punto di vista umano e spirituale, delle conoscenze culturali e del progressivo stupore dinanzi al continuo disvelarsi di legami e nessi, percepibili grazie a quell’affinamento della sensibilità che può provenire solo da una frequentazione rispettosa, attenta, desiderosa di conoscere e, al tempo stesso, amante. In una parola, una frequentazione che immerge ad un tempo l’intelligenza e il cuore nell’oggetto della propria ricerca, il quale diviene ben presto più che entità estranea, esterna, da conoscere, realtà viva e pulsante da amare e, in effetti, amata.
A questo livello del tutto personale, che affonda le sue radici nella fede e nel naturale desiderio di conoscenza che l’accompagna, si unisce e si mescola il livello della comprensione e interpretazione di un brano nella sua bella, reale, vivida alterità.
È dimostrabile un’identificazione della cena giovannea con un simposio e, nello specifico, con un simposio dai tratti ellenici? In un primo tempo questo tipo di interpretazione potrebbe apparire del tutto convincente. Ma ad una lettura più attenta e critica non sembra essere così. Un’indicazione rivelatrice viene dal confronto con un altro autore del medesimo periodo, Filone di Alessandria, che si occupa delle ripercussioni del simposio sull’identità dei partecipanti, con l’innegabile intenzione di rimarcare la distanza dal simposio ellenico da quelle caratteristiche che i Romani reputavano lontane dalla loro tradizione. Filone ripropone, tramite la descrizione del simposio dei Terapeuti, una forma di identità giudaica all’interno del grande impero romano, che avrebbe dovuto percepire che la pur irriducibile identità giudaica possedeva tratti in comune con quella romana.
La cena giovannea ha tratti di simposio, ma non ellenico, bensì molto più vicini ad una matrice giudaica come quella di Filone. Anche nella narrazione giovannea esiste forse un’intenzione simile a quella dell’Alessandrino, arrivando alla dichiarazione di una speciale identità nel contesto dell’impero romano. Il brano della lavanda dei piedi costituisce uno snodo essenziale nella narrazione. Il brano descrive quello che può essere interpretato come un simposio, ma più prossimo a quello descritto da Filone che non ad un simposio greco. I partecipanti vengono definitivamente inseriti in una nuova condizione, quella di discepoli di Gesù, con il gesto della lavanda dei piedi. Il riferimento a Filone illumina circa una caratteristica essenziale per l’autore del vangelo: la necessità di riproporre in modo chiaro e netto l’identità cristiana nei riguardi dell’ambiente circostante. Il dato tradizionale dell’ultima cena di Gesù con i suoi diventa la dichiarazione dell’identità cristiana.
Riconoscere in questo brano il punto di snodo di diverse tematiche già presenti nel resto del vangelo autorizza una lettura teologica che declina l’identità in un modo proprio e specifico. Non in forza di un ideale, di una “virtù” della semplicità o umiltà o altro. No. Dinanzi allo strapotere di Roma, al rigetto da parte della sinagoga, alla consapevole differenza rispetto ad altri gruppi cristiani l’identità è pensata e detta a partire da Gesù, da ciò che fece e disse in tutta la sua vita e soprattutto in quell’ultima sera, i cui confini sono così dilatati, letterariamente, da occupare quasi un terzo dell’intero scritto. È evidente che qui l’autore ha qualcosa di vitale da dire!
Il testo sarà presentato ufficialmente dalla grande teologa palermitana, prof. Cettina Militello della Pontificia Università Lateranense di Roma, dal giornalista e critico d’arte, prof. Piero Longo e dalla saggista, prof. Enza Maria D’Angelo con la moderazione del consigliere comunale, Avv. Giulio Cusumano. Faranno da cornice a questo evento alcuni brani del testo sapientemente recitati e interpretati dagli attori e registi, Tony Colapinto e Donatella Cerlito nonché la musica di due formazioni musicali: il Trio Omniart formato dai maestri Ruggiero Mascellino (fisarmonica), Massimo Barrale (violino), Ferdinando Caruso (contrabasso) e dal Quartetto Euterpe formato dai maestri Pippo Di Chiara (violino), Gioel Caronna (violino), Gaetano Martorana (viola), Francesco Pusateri (violoncello). Il tutto accompagnato dalla voce del soprano Marta Favarò.
Il ricavato del presente testo, come per le precedenti pubblicazioni dell’autore, sarà devoluto interamente in beneficenza, al fine di permettere ai meno fortunati di vivere un Natale come conviene ad ogni essere umano, la cui dignità e diritti sono inviolabili.


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