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LIFESTYLE | Bad girls

Creato il 04 maggio 2015 da Siboney2046 @siboney2046

marchesa de merteuil le relazioni pericolose

Ah, le cattive ragazze 2.0! Chi segue i social ha visto senz’altro fiorire il pittoresco fenomeno delle cosiddette bad girls, quasi fosse una tendenza nuova, provocatoria e rivoluzionaria. Spuntano pagine di Facebook inneggianti a stili di vita in controtendenza mentre i profili di Instagram si riempiono di motti di sfida al sistema e di fotografie sovversive. Provo una sincera tenerezza nei confronti delle nuove cattive ragazze; talvolta mi verrebbe da poggiar loro una mano sulla spalla e rivelare bonariamente la cruda realtà: avere la pelle trapuntata di tatuaggi, indossare t-shirt con dei teschi, sbronzarsi vergognosamente nei weekend, essere l’amante di un uomo impegnato non fa di voi una bad girl!

Sarà colpa delle mie scarse capacità deduttive, ma non riesco a comprendere la connessione logica tra il pubblicare una proprio foto con una mano maliziosamente infilata nel tanga e l’essere una cattiva ragazza, eppure a quanto pare è sufficiente mostrare un sedere tatuato ed uno sguardo ammiccante per esserlo. Mi immagino da qualche parte Catherine Tramell e Suzanne Stone Maretto ridere a crepapelle davant  un caffè nel vedere le nuove presunte cattive ragazze autoproclamarsi tali perché bevono birra come dei camionisti polacchi. Come se poi le bad girls fossero un fenomeno nuovo: era il 1782 quando Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos scrisse Le relazioni pericolose, regalandoci la marchesa di Merteuil, una delle cattive più celebri della storia grazie anche alla fenomenale interpretazione di Glenn Close nell’omonima pellicola del 1988. Tuttavia quella che per me resterà per sempre l’icona della malvagità è Julie Roussel (alias Marion Vergano) che in La mia droga si chiama Julie fornisce un imperituro exemplum di come dovrebbe agire una donna per essere assurta all’olimpo delle vere bad girls (e con una Catherine Deneuve in stato di grazia diretta da Truffaut, come aspettarsi di meno!).

la mia droga si chiama julie

Del resto capisco anche che per le giovani di oggi cresciute a colpi di Gossip Girl e Miley Cyrus, il top del male possa essere identificato in Miranda Priestley o Regina George; ma io, che non riesco ancora a dimenticare Malefica che si trasforma in un drago gigante per incenerire il Principe Azzurro o Ursula che cerca di fulminare Ariel con il tridente del suo stesso padre, fatico un po’ a metabolizzare le nuove bad girls 2.0, fatte di jeans strappati e stivali-simil-scarpe antifortunistiche. Le presunte cattive di oggi sfoggiano una voluta disinibizione sotto ogni punto di vista, atteggiandola a libertà d’espressione e a ribellione contro una supposta normalità che vuole la donna ‘per bene’, ma quello che ottengono non è altro che un’avvilente sovraesposizione del corpo femminile, ancora una volta ridotto ad oggetto sessuale, e stavolta non dagli uomini, ma da loro stesse. Mostrano la pelle nuda, appena nascosta in quei punti che ancora – per fortuna – sono segretati dal pudore, e si atteggiano con sguardi che vorrebbero essere provocatori ma risultano solo banalmente maliziosi, e così sviliscono la dote più preziosa che la natura ci ha donato in maniera esclusiva, la femminilità. Anche le femme fatale del passato giocavano con la sessualità, ma sempre in maniera velata, ambigua, con la promessa nebulosa di una concessione, quasi mai accordata. Il fascino delle bad girls non sta nella loro fisicità ma nell’intelligenza con cui la usano per raggiungere i propri egoistici scopi: grazie al fascino ed alla totale assenza di principi Rossella O’Hara riesce ad ottenere tutto quello che si prefigge; grazie alla malvagia intelligenza ed al sapiente uso del sensuale corpo Amy Dunne riesce a farsi giudicare compassionevolmente vittima anziché feroce carnefice.

rossella o'hara

Ovviamente ognuna è libera di vivere come preferisce, a denudarsi quanto vuole, ad atteggiarsi a cattiva ragazza nella misura che ritiene più opportuna, ma, spero caldamente che tutte le wannabe bad girls capiscano che Cara Delevingne è solo una top model multimilionaria e non un’icona trasgressiva e controcorrente (una volta almeno c’era Kate Moss)!

kate moss by terry richardson

P.S.: se proprio volete fare le cattive ragazze, fatelo bene!!


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