Lilac di Alessia Esse – Capitolo 1
Da Thefreak
@TheFreak_ITA
Capitolo 1
“Baguette, mi ascolti?”
In piedi, di fronte al letto su cui la mia migliore amica è sdraiata a guardare il soffitto, cerco
di attirare per l’ennesima volta la sua attenzione.
“Sì, Lilac. Ti ascolto.”
Sbatte le palpebre due volte prima di sollevarsi, dapprima sui gomiti e poi per intero. Ha
i capelli biondi e gli occhi verdi di sua madre. E’ alta e magra come uno sfilatino di pane,
da qui il soprannome Baguette. E’ stata lei stessa ad affibbiarselo quando, alle scuole
elementari, abbiamo studiato i cibi non più in uso. Durante la lezione dedicata al pane e
alla pasta, Margot (è questo il suo vero nome) ha indicato il suo tablet con il dito indice e
mi ha detto: “Questo pezzo di pane mi somiglia. E’ sottile, francese e simpatico, come me.
Da oggi mi farò chiamare Baguette.” Da quel giorno, tutti hanno esaudito il suo desiderio,
me compresa.
“Hai tutta la mia attenzione,” dice Baguette prima di fingere un grosso sbadiglio. “Non
vedo l’ora di ascoltare il tuo discorso. In fondo quante volte me l’hai già rletto?
Cinquecento? Cinquecentonovanta?”
“Sai che per me è importante, si tratta del diploma,” rispondo. “E poi ho apportato delle
modifiche. Voglio il tuo parere.”
“D’accordo, d’accordo. Hai solo mezzora, però. La Vecchia mi aspetta alle cinque.”
“Va bene. Mettiti comoda. Comincio.” Faccio un grosso respiro, prima di abbassare gli
occhi sul mio tablet e iniziare.
“Insegnanti. Colleghe. Famiglie. Presidentessa Vega. E’ a voi che mi rivolgo oggi, in un
giorno importante non solo per me, ma per tutte noi. E’ a voi che voglio dire ‘Grazie’.
“Quando ho scelto di diplomarmi in Storia Moderna, l’ho fatto in nome di quella curiosità
che mi ha guidata fin da bambina, una curiosità che mia nonna ha incoraggiato e nutrito.
In questi cinque anni ho avuto modo di crescere, di maturare. Ho approfondito e ampliato
le mie conoscenze, e l’ho fatto con la stessa sete di sapere che avevo da bambina, quando
chiedevo a mia nonna di raccontarmi dei suoi anni, della sua giovinezza, di un altro
millennio.
“In un certo senso mi dispiace essere arrivata alla fine del mio percorso. Sono felice di
aver raggiunto questo importante traguardo, ma oggi, assieme alla gioia, avverto anche
un pizzico di nostalgia. Per le aule, per i corridoi, per le donne che ho conosciuto in
questa scuola. So che si tratta di un nuovo inizio, di una nuova avventura, e sono pronta
ad affrontare ciò che il futuro ha in serbo per me. Tuttavia, non posso fare a meno di
ripensare a ciò che ero cinque anni fa e a ciò che sono oggi.
“Il liceo di Malorai mi ha permesso di arricchirmi non solo da un punto di vista culturale,
ma anche umano, morale. Sono cresciuta grazie ai libri, alle mappe, agli esami. Il mio
primo ‘Grazie’, quindi, va alle insegnanti e alle colleghe incontrate durante il mio percorso.
Mi avete dato tanto, e di questo vi sarò riconoscente per sempre. Ero una bambina piena
di domande, quando mi avete accolta nelle vostre classi. Grazie a voi sono diventata una
donna.”
Alzo gli occhi dal tablet e incrocio quelli di Baguette. La sua espressione è molto eloquente.
“Hai detto di aver apportato delle modifiche. Questo pezzo è uguale all’ultima volta che
me l’hai letto, ovvero ieri pomeriggio.”
“Le modifiche arrivano ora. Ho dovuto leggere anche questa parte per farti entrare in
sintonia con l’argomento.”
“Oh, certo. E’ proprio quello che ti avevo chiesto, infatti.” Accavalla una gamba sull’altra e
annuisce con finta convinzione.
“Sii felice per me!” esclamo, sbattendo una mano sulla coscia coperta dai pantaloni.
Baguette mi sorride. “Lo sono, Lilac. Lo sarei di più se fossimo alla fine del discorso invece
che all’inizio,” aggiunge sollevando le sopracciglia sottili. Il suo viso si distende quando
dice: “Avanti, continua.”
“Grazie, Sua Maestà.” Fingo un inchino mentre faccio scorrere il dito sul tablet fino a
riprendere.
“Grazie a te, nonna, per avermi insegnato a leggere e a scrivere, e per avermi regalato non
le risposte bensì le domande. Ho studiato e continuerò a studiare per rispondere ai quesiti
più belli che tu mi hai dato, usando la Storia Moderna come bussola. Sono di parte, è vero,
ma sei la famiglia migliore che potesse capitarmi di avere.”
Stavolta, quando alzo gli occhi sul viso della mia amica, la trovo a sorridere. “Ti piace
questa parte? Ho cambiato il ringraziamento per nonna Francesca. Ho pensato che-”
“E’ perfetto,” risponde immediatamente. “Francesca piangerà.”
“Chi, mia nonna? Impossibile.”
“Forse, ma le tue parole la smuoveranno. Sei la sua unica nipote, ti ha fatto da madre. Ti
adora, e domani si commuoverà quando la ringrazierai davanti a tutti con quelle parole.”
Per un attimo, pochissimi secondi, mi sembra di avvertire nelle parole di Baguette un velo
di tristezza. Lei ha scelto di non diplomarsi, limitandosi ai corsi di Cultura Generale dopo le
Scuole di Base. Sua madre è morta quando ha provato ad avere una seconda figlia, e lei è
praticamente sola. Fatta eccezione per me, nonna Francesca e La Vecchia.
“Potresti esserci anche tu, domani, su quel palco,” le dico. “Se solo avessi deciso di
continuare a studiare.”
Baguette alza gli occhi al cielo. “Ecco la predica. Pensavo non arrivasse più.” Sospira e si
alza in piedi. “Studiare non avrebbe cambiato nulla, Lilac. Lo sai. Mia madre è morta, e io
devo lavorare per vivere. E poi, a parte questo, la scuola è noiosa. Tutte quelle lezioni, tutti
quegli esami. A me piace apprendere sul campo, studiare dai libri. Quelli veri,” aggiunge
indicando il mio tablet. “Non quelli elettronici.” Mi passa accanto e va all’armadio. Ne apre
le ante e inizia a rovistare fra i vestiti. “Lo sai che una volta si usavano gli alberi per fare i
libri? Era un processo così affascinante; immagina come-”
“Baguette.”
“Va bene, va bene. Fammi sentire il resto,” dice. “Non vedo l’ora che arrivi alla parte in cui
dichiari il tuo amore per Vega G.” Si volta verso di me e sospira con un gesto teatrale.
“Smettila,” dico allargando gli occhi. “Perché devi sempre prenderla in giro? E’ la
Presidentessa, e domani ci onorerà della sua presenza!”
Un altro gesto teatrale, stavolta delle mani. “Sarà anche la nostra Presidentessa, ma io
non la sopporto. Sembra una statua, e neppure una di quelle vecchie statue italiane,
hai presente? Le statue italiane erano le migliori, con tutto quel marmo, tutta quella
perfezione nei dettagli. No, Lilac. Vega G. sembra una brutta statua insopportabile
fabbricata con della plastica scadente. A volte mi chiedo cosa ci trovi di tanto bello la gente
in lei.”
Stavolta sono io ad alzare gli occhi al cielo. “Se ascoltassi il mio ultimo ringraziamento
potresti capirlo. L’ho dedicato a lei.”
Baguette mi fa segno di procedere, iniziando a spogliarsi per indossare un paio di pantaloni
e una camicetta.
Vega G., la Presidentessa dell’USP, non è solita partecipare alle cerimonie di consegna dei
diplomi. Ha deciso di presenziare alla mia solo qualche giorno fa, ed è per questo che ho
sentito il bisogno di cambiare parte del mio discorso. Vega G. è una donna austera e di
rigore; ho scelto le mie parole per lei con cura.
“Il mio ultimo ringraziamento è per la nostra Presidentessa, che ha deciso di farci
visita in questo giorno così importante. Per un’amante della Storia Moderna come me,
Presidentessa, averla qui non è soltanto un onore, ma anche un piacere immenso. Voglio
approfittare di quest’occasione, infatti, per rivolgermi a lei cercando di riassumere quello
che credo sia il pensiero comune di tutte le donne presenti. L’USP, nei suoi trent’anni di
vita, ha permesso al mondo di risorgere. Lei, Presidentessa, con la sua tenacia e la sua
forza, ha reso il nostro pianeta un luogo felice, dopo l’abisso causato dalla Sindrome.”
“Vuoi parlare della Sindrome?” mi interrompe Baguette. Solleva le sopracciglia mentre
infila i piedi nelle scarpe. “Tu, Lilac Zinna, paladina delle regole, sei pronta a citare la
Sindrome? Ne sei sicura?”
“Voglio farlo solo per arrivare al punto,” rispondo con il cuore in gola. “Non intendo
scendere nel dettaglio.” Parlare di quei tre mesi è proibito, e violare una delle leggi in
presenza di Vega G. equivale a rischiare grosso. So di correre un rischio nel portare a galla
la Sindrome Y, e lo stupore di Baguette ne è un’ulteriore conferma, ma si tratta di una sola
frase, in fondo. Non intendo parlare di ciò che è successo.
“D’accordo,” risponde Baguette. Sembra convinta dalle mie parole. “Continua,” dice, “hai
soltanto dieci minuti.”
Sospiro profondamente prima di abbassare gli occhi sul display.
“Voglio ringraziarla, Presidentessa, per aver guidato la Terra, e in particolare l’Europa, nel
suo periodo più buio. Per aver dato speranza e conforto a chi li aveva persi. Per aver lenito
il dolore con la luce, con il benessere e con il progresso. Per aver lasciato aperte le porte
di quella meravigliosa casa il cui nome è Scienza, senza la quale noi tutte non saremmo
qui, adesso. Grazie, Presidentessa, di avere ancora oggi, il desiderio e la forza di guidarci e
assisterci. Come trent’anni fa. Grazie, Presidentessa. Grazie a lei, e grazie all’USP.”
Riprendo a respirare normalmente, dopo aver letto in apnea le ultime parole, e cerco gli
occhi di Baguette. “Cosa ne pensi?” chiedo, stringendo il tablet al petto. “Sii spietata, ho
bisogno del tuo parere.”
“E’ un bel discorso, Lilac. Il ringraziamento a Vega G. rientra perfettamente in ciò che lei
e le insegnanti si aspettano dall’oratrice ufficiale della cerimonia: un’acclamazione alla
divina salvatrice di noi povere anime in pena.” Mi passa accanto, scompigliandomi i capelli
quando le lancio un’occhiata. “Non prendertela,” continua. “E’ un bel discorso, davvero,
ma sai bene cosa penso di quella donna.”
“Secondo me passi troppo tempo con La Vecchia,” borbotto. “Le sue idee sovversive ti
danno al cervello.”
A Baguette non è mai piaciuta la Presidentessa dell’USP. Lì dove io vedo una donna
coraggiosa, lei vede una donna fredda e priva di emozioni. Credo che le sue convinzioni
siano influenzate dalle parole della Vecchia, una delle anziane di cui si prende cura. Da
quando lavora per lei, infatti, Baguette ha iniziato ad appassionarsi alle sue teorie deliranti.
La Vecchia detesta Vega G. e tutte le donne che fanno parte del governo.
“Rose non ha idee sovversive,” dice Baguette, uscendo dalla sua stanza. Le vado dietro
dopo aver infilato il tablet nello zaino. Il suo appartamento è lo stesso in cui sua madre
ha vissuto fino a sei anni fa. E’ grazioso, anche se piccolo, e Baguette se ne occupa con
dedizione. Anche se non lo dice, credo lo faccia per onorare la memoria di sua madre. “Le
sue sono idee diverse da quelle degli altri, tutto qui,” dice quando ci infiliamo nella mia
biposto.
“Ora la chiami Rose,” dico, dandole una gomitata, sorridendo. “Siete diventate amiche.”
Metto in moto, guardo Baguette sorridere. Cacciamo la lingua per farci una smorfia nello
stesso momento.
La casa della Vecchia si trova nella parte est di Malorai, ed è poco lontana dalla mia.
Nonostante siamo in montagna, l’aria è sempre tiepida, anche in inverno. I colori che ci
circondano sono il verde dei prati, l’azzurro del cielo e il rosa e l’arancione dei fiori. Malorai
conta poche centinaia di donne, ed è un luogo sicuro e tranquillo.
La casa della Vecchia è simile alle altre che popolano il largo viale del nostro quartiere. Due
piani, un piccolo giardino anteriore e uno sul retro, il vialetto di cemento, immacolato, e un
garage pieno di oggetti proibiti tanto cari alla mia amica Baguette. Io non ci ho mai messo
piede. Mi attengo ai suoi racconti sul ‘museo che si nasconde in casa di Rose’. E proprio
uno degli oggetti facenti parte del museo di Rose si trova ora fra le mani di Baguette. Me
ne rendo conto quando parcheggio davanti al vialetto della Vecchia e spengo il motore
della biposto.
L’oggetto in questione è un lettore mp3. Quarant’anni fa si utilizzavano per ascoltare la
musica. Ora sono oggetti proibiti.
“Non guardarmi in quel modo,” dice Baguette, infilando un piccolo auricolare bianco nelle
orecchie. Muove le dita sul rettangolo di metallo, e il display prende vita. Lo ammetto,
sono curiosa. Lo sono sempre stata, ma il timore di violare le regole mi ha sempre frenata.
“Che cosa stai ascoltando?” chiedo in un sussurro, guardandomi attorno. Il viale è vuoto,
nessuno può vederci, ma mi sento ugualmente in pericolo.
Ignorando la mia crescente agitazione, Baguette prende uno degli auricolari e me lo
porge. “Frank Sinatra. Ascolta,” dice. “Tieni.”
“No!” esclamo. “Baguette, non puoi! E’ vietato! Non puoi ascoltare un cantante, per di
più utilizzando un oggetto proibito!” Mi guardo attorno rapidamente, come se le guardie
potessero spuntare davanti alla biposto da un momento all’altro. “Mettilo via, ti prego.
Baguette!”
Baguette non si scompone. Chiude gli occhi e scuote il capo, limitandosi a infilare
l’auricolare che voleva dare a me nell’orecchio libero. Preme un altro tasto sul lettore, e il
display si illumina di nuovo.
“Calmati, Lilac,” dice. “O ti verrà una crisi. Si tratta solo di musica. Dovresti ascoltarla, ogni
tanto.”
“Io ascolto tanta musica,” dico immediatamente. “Ogni settimana vado da Jeanette, al
Musica Per Tutti. Dovresti venirci anche tu, invece di-”
“Quella da Jeanette non è musica,” mi interrompe lei. “Questa è vera musica,” continua,
agitando il lettore mp3 sotto il mio naso. “Puoi ascoltarla come e quando vuoi, e ti rende
felice, a differenza delle canzoni monotone di Jeanette. Andiamo, le canta tutte lei! Qual
è la differenza fra un brano e l’altro?! Ascolta questa, invece.” Si libera dell’auricolare e
prova a passarmelo di nuovo, ma non ci riesce. Chiudo i palmi delle mani sulle orecchie e
scuoto il capo con forza, rapidamente.
“No!” esclamo di nuovo. “C’è un motivo per cui certe cose sono vietate, Baguette. E io non
voglio violare le regole, lo sai. Non ho mai detto a nessuno delle tue violazioni, però non
costringermi a partecipare.”
Baguette deve rendersi conto del mio timore, perché il suo sguardo cambia. Da divertito
diventa serio, quasi triste. Preme un tasto sul lettore e si libera delle piccole cuffie.
Abbassa gli occhi e resta in silenzio per un momento. Poi mi guarda.
“Ci pensi mai?” chiede. “Ci pensi mai a com’era prima, a com’era il mondo quando
esistevano anche i maschi?”
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