I Portland Trail Blazers sono, in assoluto, la più grande sorpresa di questa prima parte di regular season NBA.
Ipotizzati come fanalino di coda della Western Conference durante le analisi di pre-season, la squadra di coach Terry Stotts occupa, al momento, il settimo posto (record 29-27) ed è in piena corsa per un posto ai playoff, lasciandosi dietro franchigie ben più quotate e titolate. Sebbene la franchigia dell’Oregon risulti, nonostante tutto, svantaggiata rispetto alle altre contender, l’entusiasmo e la spavalderia che buttano in campo i giovani Blazers potranno rivelarsi determinanti nella lunga battaglia che ci accompagnerà fino alla metà di Aprile.
REBUILDING ESTIVO
L’artefice neppure troppo decantato di questo piccolo miracolo è il General Manager Neil Olshey, il quale è riuscito, smantellando 4/5 del team titolare, a mantenere pressoché intatta la competitività di una franchigia che punta a dominare gli anni a venire. La strategia dirigenziale ha premiato il play di Weber State Damian Lillard, il quale, draftato dagli stessi Blazers nel 2012, è diventato nel giro di pochi anni leader tecnico e carismatico di questa franchigia, che ora, proprio grazie alle sue straordinarie doti realizzative (25 punti di media circa in stagione), sogna un insperato pass per la post-season. A sorprendere gli esperti però non è tanto la crescita di Lillard, alle cui prodezze eravamo fortunatamente abituati già dalla sua stagione da rookie, quanto il proverbiale cast di supporto che Neil Olshey è stato capace di costruirgli attorno, all’interno del quale spicca il nome di tale CJ McCollum. Draftato 2 stagioni or sono con la 10° pick, il 24enne da Canton è cresciuto nell’ombra di Wesley Matthews e adesso, dopo averne preso il posto in quintetto, sta ricoprendo eccellentemente il ruolo di secondo violino del team grazie ad un proverbiale average da 20.5 punti, 4.5 assist e 3.5 rimbalzi a partita, il quale gli permette al momento di essere il principale candidato per l’ambizioso riconoscimento individuale di Most Improved Player of the year
.
Ridurre le sorprendenti statistiche dei Trail Blazers alle performance di Lillard e McCollum sarebbe, però, un errore fatale dal momento che sembrano essere un meccanismo perfetto dove ogni ingranaggio svolge perfettamente le mansioni assegnategli. In questo senso, non si può non considerare la stagione fin qui condotta da Al-Farouq Aminu, esterno “tuttofare” ex Dallas Mavericks, preziosissimo sui due lati del campo (10.5 punti e 6.5 rimbalzi); oppure Ed Davis e Mason Plumlee che, alternandosi nel ruolo di centro, assicurano punti in pitturato e tanti rimbalzi; ma anche Gerald Henderson, guardia versatile utilizzata principalmente per dar rifiato necessario alle due stelle del team.
A Neil Olshey e Terry Stotts va dato il giusto merito di essere riusciti a ricostruire un roster tanto competitivo quanto giovane (24 anni circa di età media) che permette ai calorosi fans del Moda Center di guardare al futuro con serenità e fiducia.
STILE DI GIOCO
La sensazione è che questa sia davvero la squadra di Damian Lillard.
Il play di Weber State è in grado di tirare egregiamente da qualsiasi distanza, per cui può decidere, quando l’area è affollata, di arrestarsi in una frazione di secondo e tirare; diversamente, se gli avversari cercano di bloccarne l’arresto-tiro, può penetrare in area e scaricare sul lato debole, dove ad attenderlo ci sono, ben posizionati, i suoi compagni. Al basket semplice ed efficace praticato dai ragazzi di Terry Stotts, si aggiungano le invenzioni del già decantato CJ McCollum, le cui caratteristiche si sposano perfettamente con quelle di Lillard, creando un amalgama devastante per le difese avversarie.
Il vero segreto di Portland, però, è la panchina: occupa il settimo posto della Lega in termini di efficacia difensiva (Crabbe e Ed Davis), il decimo per efficacia offensiva (Henderson) ma soprattutto il primo posto per rimbalzi catturati e il terzo per percentuale realizzativa; non contenta, la dirigenza di Portland ha rimpolpato il backcourt prima della trade deadline con l’arrivo di Brian Roberts da Charlotte.
Infine si considerino, sebbene nel roster non ci siano esperti, le ottime prestazioni difensive che hanno permesso, tra l’altro, di tenere a bada le folate offensive di Golden State e Houston.
Qual è il segreto? Anche in questo caso si chiama posizione: ogni giocatore è messo nella giusta condizione per rendere a pieno delle proprie potenzialità, a prescindere dai minuti d’impiego.
Il traguardo è ancora lontano, le insidie che si presenteranno davanti a Lillard&co. saranno innumerevoli e difficilmente superabili per un roster così giovane ed inesperto. Portland, dal canto suo, ha già centrato il suo obiettivo stagionale che altro non era che mantenere adeguatamente un certo livello di competitività; qualsiasi altro risultato riusciranno a conseguire i giovani rampanti dell’Oregon sarà la ciliegina sulla torta di una stagione comunque sorprendente.
Chapeau!