26 novembre 2012 Lascia un commento
Succede cosi’ che dopo nemmeno un minuto, ho le orecchiette tese e alla fine della sigla di testa, sto gia’ comodo e pronto a tutto.
Partiamo da Neil Burger il regista. Che parli la lingua del nuovo millennio e’ facile capirlo subito, che lo faccia da grande professionista mi sorprende, specie quando vado coi ricordi al grande Aronofsky degli esordi, quello di "Pi Greco" e "Requiem for a dream" sino al Fincher di "Fight Club" e basta questo per piazzare un suo piccolo busto in marmo a sua immagine nel corridoio d’ingresso di casa.
Veloce, velenoso, movimenti di camera ultraumani, colori e luci saturati ma c’e’ un perche’, insomma sono preso all’amo e ci resto nel seguire la vicenda di uno scrittore come tanti, un piccolo parassita che in quello che potrebbe essere il peggior giorno della sua vita, grazie ad una pastiglia di amplificazione di se stessi, si tramuta in una specie di superman che ancora una volta dovra’ fare i conti coi propri superpoteri e per paradosso coi propri limiti.
Incastri narrativi efficaci, qualche sbavatura, risultato non all’altezza del gia’ citato "Fight Club" che inevitabilmente torna alla memoria grazie al racconto in prima persona e alla cifra stilistica di Burger ma e’ tra le cose che piu’ e meglio gli assomiglia.
Finalino a sorpresa, buona variante all’happy ending classico, quantomeno perche’ diverte e si diverte.
Gran film al quale non manca niente: soggetto, regia, tecnica e recitazione, sempre piu’ raro caso di intelligenza ai piani alti di Hollywood e da tenere sott’occhio categoricamente e praticamente tutti.