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Steven Spielberg non è nuovo come narratore di storia. Già con Schindler's List aveva mostrato in modo struggente la pagina nera del nazismo, e anche in Munich aveva approfondito la storia moderna. Con Lincoln risale sulla cattedra e lo fa con padronanza e conoscenza.
Questa sua ultima fatica non è affatto la spettacolarizzazione della vita del presidente, né tanto meno una base per costruire un film di puro intrattenimento. Lincoln è, in tutto e per tutto, un film storico e biografico nel senso stretto dei termini, che vuole approfondire e far conoscere una delle figure più importanti che hanno solcato il mondo e l'atto più rivoluzionario che fece approvare. Spielberg indaga infatti solo sugli ultimi anni di vita del presidente, quelli assediati da una guerra di secessione sanguinolenta tra unione e sudisti, ma soprattutto quelli fondamentali per far ratificare il famoso XIII emendamento che liberò dalla schiavitù i neri.
I retroscena di quest'ulteriore guerra sono mostrati nei dettagli, tra corruzioni, passaggi di partito e corse contro il tempo per avere i voti necessari. Perché quello che non tutti sanno è come questo articolo servisse a fermare una guerra che forse si sarebbe a breve conclusa comunque.
In tutto ciò Abramo Lincoln si staglia come una figura amata e venerata dal popolo, ormai anziano ma sempre combattivo, in pubblico come in famiglia. Il ritratto che ne esce, soprattutto attraverso i momenti famigliari con la moglie e con il figlio minore, è quello di un padre affettuoso e severo, di un marito devoto ma risoluto, che proprio grazie alla sua umanità e naturalezza nei rapporti con gli altri è riuscito a fondare la sua benevolenza. Il presidente è l'uomo tranquillo che sa il da farsi, che ama raccontare storielle o aneddoti apparentemente fuori contesto, l'avvocato dai mille cavilli che scruta la guerra e la legge con fare metodico.
A impersonarlo è uno straordinario Daniel Day-Lewis, che si cala alla perfezione grazie al trucco nei panni dell'alto e dinoccolato presidente, accompagnato da una moglie sofferente e consapevole del suo ruolo marginale e antipatico, interpretata dall'altrettanto fantastica Sally Field. A far loro da contraltare, l'energico Thaddeus Stevens -Tommy Lee Jones-, il deputato più combattivo per far passare l'emendamento.
Tutti e tre hanno giustamente ricevuto la nomination all'Oscar per la loro interpretazione, che si vanno ad unire alle 12 complessive, compresa quella per miglior film e miglior regia. Gli altri comprimari non sono però da meno, troviamo infatti l'astro ormai in ascesa di Joseph Gordon-Levitt, Lee Pace, John Hawkes, Tim Blake Nelson tra gli altri.
Considerati i passi falsi di pellicole minori come War Horse e Le avventure di Tintin, qui Spielberg il suo mestiere lo sa fare, e Lincoln si erge nella sua filmografia per la cura storica con il quale è stato scritto e la bellezza di una fotografia vissuta.
Certo, i 150 minuti di durata risultano a tratti un po' ostici, soprattutto perché il film è per lo più fatto di dialoghi e l'azione viene lasciata alle parole, ma quella che ne è esce è una lezione di storia e di umanità storica e da non dimenticare.
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