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Come appare evidente dalla sinossi appena riportata, Lincoln si presenta non come un biopic in senso stretto ma come una ricognizione accurata nelle stanze dei bottoni, dove impera incontrastato il compromesso politico. Spielberg si occupa degli ultimi quattro mesi di vita ( con una postilla sulla sua uccisione, lasciata fuori dalla narrazione) di un presidente ancora amatissimo , senza incorrere nella facile agiografia.
Sarebbe stato facile narrare per filo e per segno la vita di questo self made man, classica icona del Sogno Americano che dal nulla, diventa presidente.
E invece Spileberg si concentra più sulla sua capacità di fare politica, sulla sua arte di trovare il compromesso, sui coni d'ombra di un personaggio storicamente ancora discusso.
E questo è dovuto anche al fatto che questo film non si basa su una biografia vera e propria ma su un libro intitolato Team of Rivals:The Political Genius of Abraham Lincoln di Doris Kearns Goodwin che si concentrava soprattutto sul dualismo tra il politico e l' uomo, con una vita privata estremamente problematica per la perdita di un figlio e per un rapporto con la moglie non precisamente idilliaco.
E' un film dove l'azione è sostituita dalla parola , a parte la primissima parte in cui è ripresa vigorosamente la battaglia di Gettysburg, un pugno di sequenze che rimanda direttamente a Salvate il soldato Ryan.
Si parla, ci si confronta, una partita a scacchi continua dove tutti cercano di dare scacco al re , Lincoln, e lui cerca di dare scacco matto a tutti quelli che gli si parano davanti.
L'abolizione della schiavitù è quindi solo merce di scambio in un gioco molto più ampio. Interessante notare che due pesi massimi di questo gennaio cinematografico ( questo film e Django Unchained) parlino di schiavitù nell'America del XIX secolo ma naturalmente da prospettive diametralmente opposte, così come sono antitetici i due autori che li hanno creati.
E proprio per questo suo soffermarsi sul dietro le quinte delle stanze della politica è un film che sembra guardare molto più all'oggi che al passato.
Sembra quasi la storia di un Obama bianco di un paio di secoli fa.
Lincoln è inoltre nobilitato da una fotografia di grandissimo pregio ( Janusz Kaminski, una garanzia) e da un cast all stars che fa a gara a rubarsi la scena reciprocamente: a parte ilo misuratissimo Tommy Lee Jones nascosto sotto una parrucca inguardabile, una menzione a parte per Daniel Day Lewis è sensazionale con il suo modo di muoversi ( sembra camminare sulle uova) , il suo sguardo torvo e il volto incavato incorniciato da una barbetta caprina. Lo guardi e pensi a quanto di lui sia nascosto dentro Lincoln . Si annulla nel suo personaggio fondendosi a lui.
Detto della confezione inappuntabile, delle ricostruzioni storiche e ambientali ineccepibili e della prova stratosferica del cast occorre anche dire che tutto questo purtroppo, per quanto mi riguarda, non si è trasformato in grande cinema.
Tutta la magnificienza di Lincoln viene sacrificata alla sua verbosità sfiancante: come detto prima è un film dove si parla, si parla e ancora si parla.
E questo potrebbe risultare indigesto a più di qualcuno: pur non avendo problemi con i film in cui le parole si sostituiscono alle azioni, confesso che qualche sbadiglio nella parte centrale ci è scappato e anche nel finale l'emozione ha latitato come in tutto il resto delle due ore e mezza di proiezione
Ecco l'emozione: difficile trovarne in un film così perfetto esteticamente, così corretto politicamente, così tutto.Un'opera come questa dovrebbe trovare il giusto bilanciamento tra retorica ed emozione e invece se è vero che la retorica affiora solo a tratti , l'emozione non affiora per nulla.
Spielberg ha svolto il suo bel compitino da bravo democrat narrando un presidente molto avanti ai suoi tempi e screziando la sua figura con i suoi problemi personali oltre che con la sua mancanza di scrupoli in politica.
Il Lincoln di Spileberg e di Daniel Day Lewis arriva agli occhi ma non al cuore e questo è un vizio capitale per un film importante come questo .
Quello che resta è un'opera cinematografica curata nei minimi dettagli che tuttavia non sfonda, non ha la statura del classico a cui manifestamente aspira ,anzi arriva ad annoiare nel suo ripetere per circa due ore e mezza riunioni su riunioni.
Il troppo storpia.
E soprattutto dopo aver visto questo film ancora devo trovare chi mi spiega chi fosse davvero Lincoln.
Spielberg e Day Lewis lo hanno intarsiato ma è stato un lavoro solo di superficie: però ciò è bastato per vincere ai Golden Globes, per avere un mucchio di nominations all'Oscar e magari anche per vincerne qualcuno.
Però la noia arrivata al galoppo con War Horse ancora non accenna ad andare via.
Solo un piccolo passo avanti. Lentamente.
( VOTO : 5,5 / 10 )
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