Quando facevo da assistente personale al Professor Giuliano Bonfante, celebre filologo, mi capitava spesso di godere delle sue memorie private, dei suoi racconti di studioso, di scienziato sfuggito alle persecuzioni naziste, assieme alla moglie, Dompè, dall’Italia verso New York, e mentre lo ascoltavo non potevo fare a meno di riflettere, forse ingenuamente, su un pensiero che già avevo maturato da studentessa di letteratura tedesca: gran parte delle idee geniali arrivano dagli USA, perché? Perché le nostre menti geniali, tante, le abbiamo perseguitate, le abbiamo scacciate, le abbiamo costrette a fuggire, a brillare altrove.
Lindberg, Torben Kuhlmann -Orecchio acerbo, 2014
La premessa è piuttosto personale e ha radici assai lontane da quel che è questo albo, però è stato inevitabile per me parlarne, giacché leggendo la storia del topo Lindberg non ho potuto fare a meno di pensarvi. Giacché prima di immergermi nelle splendide illustrazioni, che giocano con tutte le varianti del color cuoio del cappello da aviatore, prima ancora di tendermi, proprio fisicamente, verso questo eroico roditore, non ho potuto fare a meno di valutare lo spreco perpetrato dalle civette nello sfruttare lo splendido dono della visione notturna nel controllo della vita altrui: il giallo intenso, la rotonda perfezione degli occhi rapaci si perde, si fanno vacui, invadenti. Non ho potuto fare a meno di indugiare sugli artigli mollemente persi del gatto, splendido in uno dei tanti closeup che arricchiscono la narrazione per immagini, la cui felina sveltezza si sfuma in una caccia che non è fiera, piuttosto ubbidiente.
Lindberg, Torben Kuhlmann -Orecchio acerbo, 2014
Tutte energie sprecate ma funzionali purtroppo allo sterminio dei topi per mezzo di sorveglianza continua, rastrellamenti, trappole. Un topo però riesce a districarsi, riesce a ingegnarsi e sfuggire al controllo, trovando riparo non in un luogo bensì in sé stesso, nella propria curiosità, nella propria intelligenza.
Lindberg, Torben Kuhlmann -Orecchio acerbo, 2014
Il topo in questione, infatti, trascorre la maggior parte del suo tempo tra i libri, certo ogni tanto li rosicchia, ma intanto li legge e fa scorta di cellulosa e scienza. Un giorno, appena sfuggito alle grinfie di un gatto, si imbatte in uno stormo di pipistrelli: si direbbero quasi topi, però hanno le ali. Da qui l’idea: munirsi di ali per raggiungere l’America. Ma le ali non bastano, il topo fallisce la sua prima prova ma non demorde e ci riprova; stavolta costruendo un vero e proprio velivolo col quale si alza nel cielo di Amburgo, che ci appare morbida e antica nei suoi panorami virato seppia, e se la lascia alle spalle per avventurarsi nei cieli dell’Atlantico. Ad attenderlo in America il successo, la libertà, la notorietà.
Lindberg, Torben Kuhlmann -Orecchio acerbo, 2014
Si racconta persino, e qui non è tanto la storia che diventa leggenda ma la leggenda che dà luogo alla storia, che un bambino, leggendo dell’impresa compiuta dal topo decidesse che anche lui avrebbe solcato il cielo, e che il suo nome fosse Charles Lindebergh.
Lindberg, Torben Kuhlmann -Orecchio acerbo, 2014
Un albo illustrato magnifico, una narrazione che arriva alle orecchie intensa, limpida all’immaginazione; una storia che si fa sogno elegante, avvincente, acquerelli con movimenti di presa entusiasmanti. A parer mio l’albo più bello che io abbia avuto modo di leggere nel 2014, che consiglio, e vivamente, a tutti i bambini con il senso dell’avventura, con il coraggio dell’entusiasmo, con lo slancio dell’intraprendenza. A tutti i bambini, insomma.
Titolo: Lindbergh, l’avventurosa storia del topo che sorvolò l’oceanoAutore: Torben Kulhmann
Traduttore: Damiano Abeni
Editore: Orecchio acerbo
Dati: 2014, 96 pp., 19,50 €