La differenza, a livello urbanistico, col centro che avevamo visitato poco prima e' evidente. In soldoni, basti dire che i palazzoni moderni, in Corso Italia (St. Clair Avenue West), lasciano il posto a negozietti come quelli che si trovano ancora in qualche paesino italiano: piccoli, con gli scaffali se sanno di antico, e pieni di biscotti, caffe', pasta, olio e altri prodotti italiani. Noi ne abbiamo approfittato e abbiamo comprato qualcosina (anche se a Buffalo c'e' di buono che i molti prodotti italiani - compresi i biscotti Mulino Bianco- si trovano facilmente nei supermercati), abbiamo bevuto un ottimo caffe', mangiato un buon gelato e scambiato quattro chiacchiere con i vari commercianti, tutti molto simpatici e gentili.Faceva un po' effetto camminare per le strade e sentire parlare in calabrese stretto o in altri dialetti o in quel misto di dialetto e inglese che spesso si sente nei film sugli emigrati. All'inizio era anche piacevole, dopo un po' pero' mi e' presa una specie di tristezza. Ho osservato le varie vetrine, e tra il negozio Valleverde e quello Wind (a chi cavolo telefoneranno mai con la Wind dal Canada???), mi e' venuto in mente che piu' che una bella Little Italy quello fosse un vero e proprio ghetto. Italiani che vivono a stretto contatto con italiani, che lavorano per gli italiani e che comprano dagli italiani (non sia mai che uno compri delle scarpe in un negozio canadese, non vogliamo mica che u ziu Pinuzzu si offenda!). Non so, ma per quello che ho visto in un pomeriggio, mi e' come venuta l'impressione che le persone che vivono e lavorano in quel quartiere (cosi' come in tutte le Little Italy sparse per il globo) non si siano poi tanto integrate nel Paese che le ha accolte, che abbiano cercato di ricreare il posto che hanno lasciato. che vivano in un surrogato di Italia...A Buffalo e' presente una comunita' italica abbastanza nutrita. Molti sono italiani di seconda o terza generazione (e oltre). La maggior parte non parla italiano e di italiano ha praticamente ormai solo il cognome. Io, personalmente, conosco alcuni ragazzi e ragazze italiani che vivono a Buffalo, ci frequentiamo di tanto in tanto, ma non potrei chiudermi in un ghetto italico. Io spero di integrarmi al meglio nel Paese che mi ha accolto (ci provo almeno!) e di non vivere una vita facendo finta di essere altrove.La prossima settimana a Buffalo ci sara' l'Italian Heritage Festival e io mi auguro proprio di poterci andare, portandomi dietro la consapevolezza pero' che durera' giusto un paio d'ore e che poi mi immergero' di nuovo nella realta' quotidiana che e' quella degli Stati Uniti, il Paese in cui vivo.
La differenza, a livello urbanistico, col centro che avevamo visitato poco prima e' evidente. In soldoni, basti dire che i palazzoni moderni, in Corso Italia (St. Clair Avenue West), lasciano il posto a negozietti come quelli che si trovano ancora in qualche paesino italiano: piccoli, con gli scaffali se sanno di antico, e pieni di biscotti, caffe', pasta, olio e altri prodotti italiani. Noi ne abbiamo approfittato e abbiamo comprato qualcosina (anche se a Buffalo c'e' di buono che i molti prodotti italiani - compresi i biscotti Mulino Bianco- si trovano facilmente nei supermercati), abbiamo bevuto un ottimo caffe', mangiato un buon gelato e scambiato quattro chiacchiere con i vari commercianti, tutti molto simpatici e gentili.Faceva un po' effetto camminare per le strade e sentire parlare in calabrese stretto o in altri dialetti o in quel misto di dialetto e inglese che spesso si sente nei film sugli emigrati. All'inizio era anche piacevole, dopo un po' pero' mi e' presa una specie di tristezza. Ho osservato le varie vetrine, e tra il negozio Valleverde e quello Wind (a chi cavolo telefoneranno mai con la Wind dal Canada???), mi e' venuto in mente che piu' che una bella Little Italy quello fosse un vero e proprio ghetto. Italiani che vivono a stretto contatto con italiani, che lavorano per gli italiani e che comprano dagli italiani (non sia mai che uno compri delle scarpe in un negozio canadese, non vogliamo mica che u ziu Pinuzzu si offenda!). Non so, ma per quello che ho visto in un pomeriggio, mi e' come venuta l'impressione che le persone che vivono e lavorano in quel quartiere (cosi' come in tutte le Little Italy sparse per il globo) non si siano poi tanto integrate nel Paese che le ha accolte, che abbiano cercato di ricreare il posto che hanno lasciato. che vivano in un surrogato di Italia...A Buffalo e' presente una comunita' italica abbastanza nutrita. Molti sono italiani di seconda o terza generazione (e oltre). La maggior parte non parla italiano e di italiano ha praticamente ormai solo il cognome. Io, personalmente, conosco alcuni ragazzi e ragazze italiani che vivono a Buffalo, ci frequentiamo di tanto in tanto, ma non potrei chiudermi in un ghetto italico. Io spero di integrarmi al meglio nel Paese che mi ha accolto (ci provo almeno!) e di non vivere una vita facendo finta di essere altrove.La prossima settimana a Buffalo ci sara' l'Italian Heritage Festival e io mi auguro proprio di poterci andare, portandomi dietro la consapevolezza pero' che durera' giusto un paio d'ore e che poi mi immergero' di nuovo nella realta' quotidiana che e' quella degli Stati Uniti, il Paese in cui vivo.
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