Winsor McCay ha quasi quarant’anni quando crea, nell’ottobre 1905 sul New York Herald, il fumetto che lo rende celebre ai posteri: Little Nemo in Slumberland.
Dietro di sé può vantare una lunga carriera da illustratore e la paternità di due tavole domenicali, pubblicate per tutto il 1904 sempre sull’Herald, di straordinaria qualità e originalità. La prima, Little Sammy Sneeze, racconta le vicende di un bambino di pochi anni, il cui segno distintivo è il potentissimo starnuto, a causa del quale combina un sacco di guai (poiché il suo difetto è imprevedibile e non voluto, il piccolo Sammy non ha colpa, trovandosi a essere allo stesso tempo responsabile ma non colpevole di numerosi disastri: un’innovazione tematica significativa, in tempi in cui i bambini protagonisti dei fumetti erano sempre monelli.
In questa tavola di Little Sammy Sneeze il suo potentissimo starnuto, in mancanza di oggetti esterni, arriva a infrangere la struttura stessa della vignetta, abbattendo letteralmente la quarta parete: lo sguardo contrariato di Sammy infatti, nell’ultimo riquadro, si rivolge direttamente al lettore.
La seconda preannuncia a suo modo Little Nemo, poiché entrambe sono accomunate dal tema onirico: si tratta infatti di Dream of a Rarebit Fiend (Sogno di una diabolica fonduta). La fantasia di Winsor McCay si scatena nelle trovate più strane e avvincenti, costruendo per undici vignette situazioni ridicole, angosciose o drammatiche, che nella dodicesima vignetta si rivelano essere incubi nati da un’indigeribile fonduta.
Da questa serie fu anche tratto un film omonimo: Dream of a Rarebit Fiend (Porter, 1906). Nonostante la pellicola porti il titolo e si ispiri fedelmente al fumetto di Winsor McCay, non ha però nulla della sua grande finezza grafica. L’opera è certo una prova lampante della reciproca influenza tra cinema e fumetto in quegli anni, ma anche una chiara dimostrazione dell’abisso presente tra l’evoluzione dei due mezzi.
Anche ogni tavola di Little Nemo racconta un sogno: Nemo infatti si reca ogni notte nel paese dei sogni, governato dal re Morfeo, per tenere compagnia alla principessa e per vivere mirabolanti avventure con lei e altri strani personaggi. Little Nemo viene pubblicato sul supplemento domenicale del New York Herald per sei anni, sino al 1911, con una stampa a colori tra le migliori dell’epoca.
Dopo circa due anni di vita e uno strepitoso successo iniziale, il fumetto vede però un declino di interesse da parte dei lettori. L’arte di McCay è troppo originale per poter godere di una fortuna diffusa come altri titoli del tempo, ma è stata ormai giustamente rivalutata: Nemo è considerato uno dei più grandi fumetti della storia ed è noto come uno dei prodotti più suggestivi, inquietanti e affascinanti di quest’arte.
L’indiscussa bravura del suo autore però non traspare solamente dalle tavole più artistiche destinate a illustrare Slumberland, ma anche dalla sua disinvolta (e sorprendentemente all’avanguardia) manipolazione dei limiti del fumetto come mezzo di espressione, sino alla creazione di sequenze che possono a tutti gli effetti essere definite come meta-fumettistiche. In Little Nemo le sperimentazioni Di McCay si scatenano, favorite dall’ambientazione da sogno che rende tutto possibile. A livello spaziale si trovano innumerevoli giochi di prospettiva, con rovesciamenti, giochi di specchi e improvvisi cambiamenti di dimensioni, che portano Nemo a essere della taglia di un gigante o di una formica. Tuttavia, benché impressionanti, non sono questi gli esperimenti più significativi.
Nella tavola sopra riportata, McCay gioca con la sua stessa ricchezza grafica, in una progressiva stilizzazione delle forme, partendo dal paesaggio (che appare come un trasparente cinematografico) e dai personaggi secondari, per arrivare alla figura di Nemo che, cosciente del processo, si sveglia terrorizzato prima di diventare un semplice insieme di linee.In questa tavola, invece, col susseguirsi delle vignette, iniziano a scomparire parti ed elementi dell’ambiente intorno a Nemo e ai suoi amici: una volta spariti tutti gli oggetti è lo stesso pavimento a dissolversi, provocando la caduta e l’uscita di scena dei comprimari. Soltanto Nemo riesce ad aggrapparsi alla linea rimasta a contornare la vignetta e a rimanervi, anche se in precario equilibrio, almeno sinché questa non si accartoccia su di lui, svegliandolo per la paura.Sebbene in un primo momento tutto sembri spiegarsi come un fenomeno fantastico, tanto da far esclamare a Nemo: “Questo posto è stregato!”, poche vignette dopo la colpa non viene attribuita a un fantasma dispettoso, ma all’autore stesso.
È la prima volta nella storia in cui un fumetto rimprovera il suo disegnatore di aver dimenticato il pavimento.
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