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ll Destino di Scarlett - L'anniversario della Saga - La Stella di Giada - Il nipote di Taylor Ferd III -

Creato il 12 gennaio 2015 da Stefaniabernardo
Arabelle attendeva che suo marito venisse a compiere il suo dovere coniugale.Erano passati mesi da quando aveva dovuto sopportare per la prima volta quella tortura, ma ancora non riusciva ad abituarsi. Ogni volta doveva fare il possibile per non scappare e per non vomitare.Il conte Harrison entrò, riempiendo la stanza del suo odore penetrante. In veste da camera e senza parrucca, con il capo calvo e pallido come quello di un morto, sembrava ancora più vecchio.Quella sera, Arabelle non riuscì ad accoglierlo come faceva di solito.  Non sorrise, né gli disse parole dolci, come era suo dovere. Riuscì solo a pensare che in quella stanza sarebbe dovuto entrare Mike, non quel maiale.Il conte, vedendo la moglie coprirsi, si avvicinò eccitato, convinto che fosse un trucco per risvegliare i suoi appetiti. Afferrò il lenzuolo e lo scostò.Arabelle si girò su un fianco, incapace di fingere. Da alcuni giorni non riusciva più a recitare la sua commedia, desiderava solo conquistare la sua libertà.Harrison, vedendola ritrosa, iniziò a carezzarle una natica. «Su piccolina, fai la brava». Le afferrò le cosce e gliele aprì bruscamente.Lei emise un gemito di dolore e a stento trattenne le lacrime. Lui le infilò la mano grassottella in mezzo alle gambe e iniziò ad usare le dita, convinto di stimolare il piacere di lei, ma Arabelle sentiva solo male e un senso di nausea. La sua sopportazione aveva raggiunto il limite, doveva trovare una via di fuga da quel matrimonio.Il conte, dopo averle palpeggiato i seni ed essersi divertito abbastanza, decise che era arrivato il momento.Arabelle pianse quando l'atto si consumò e strinse il lenzuolo. Il peso e l'odore di suo marito la soffocavano come sempre.Quando il conte, esausto per lo sforzo, rotolò di lato, Arabelle aveva appena avuto l'idea che l'avrebbe resa libera.
David Jacobson guardò preoccupato il suo amico Harrison che da qualche tempo mostrava segni di debolezza. Era pallido, con gli occhi rossi, affaticato. Gli bastava pronunciare due parole per rimanere senza fiato e pochi gradini per rischiare il collasso.«Cosa ti rende così malato?» gli chiese David. Il conte tossì, il colpo gli fece quasi uscire gli occhi chiari dalle orbite. «Non ne ho idea, eppure il dottore mi aveva detto che la gotta era migliorata».Il piccolo volto dell'ammiraglio si accigliò. «Non ti sarai mica preso la febbre come tuo figlio?»«Ma io non ho febbre. Solo tosse e una debolezza infinita».«Ti sei fatto visitare?»«Sì, il dottore dice che ho un eccesso di bile, mi ha dato delle medicine, ma pare non facciano effetto, se continuo così...» Il vecchio conte lasciò la frase a metà. Bastava vedere il suo sguardo colmo di paura per capire quale sarebbe stato il finale.David gli mise una mano sulla spalla. «E su... aspetta qualche giorno, vedrai che ti rimetterai. Ma io come mi devo comportare, continuo i preparativi del viaggio?»Harrison si portò la mano alla fronte e rimase un attimo pensoso. «Sì. In fin dei conti perché preoccuparsi in anticipo? La partenza è fissata fra due settimane, ho tutto il tempo per migliorare». Ma lo sguardo che rivolse all'amico e che avrebbe dovuto essere fiducioso continuava ad essere cupo e angosciato.Jacobson fece finta di non accorgersene e provò a dar man forte al debole ottimismo del suo vice. «Questo è lo spirito giusto, Harrison!»«Hai sempre intenzione di fare quel trucco?»«Sì, così dormiremo tutti sonni più tranquilli, se quel tesoro sarà creduto altrove». Piantò le piccole pupille nere negli occhi velati del conte. «E tu, mi raccomando: tieni nascosto il tuo pezzo molto accuratamente, cucitelo in una camicia, inventati qualcosa, ma nessuno deve sapere di questa mappa. Ho già intenzione di spedire Gray in Africa».«Così anche se lui venisse a sapere...»«Avrebbe il suo penare a riunire tutti i pezzi». Jacobson sorrise, sicuro di sé. «Non gli permetterò mai di fregarmi quello smeraldo. Mai».
George Hatwood scese una delle due scale che, dalla piazza, portavano alle banchine del porto. Mezza falce di luna illuminava un cielo stellato e una brezza profumata di salsedine riempiva i polmoni e rallegrava il cuore.Secondo quanto alcuni ufficiali di marina, tra cui Mike, gli avevano riferito, la bella domestica che aveva fatto colpo nel suo cuore era solita, alcune sere, scendere al porto e sedersi sull'estremità di una banchina vuota per ammirare la notte e il mare.Comportamento inusuale, e in molti si erano così fatti l’idea che lei stesse lì in attesa di qualcuno pronto a divertirsi con lei.In realtà, non avevano trovato nessuno che avesse usufruito dei servizi della domestica e così rimaneva la credenza, ma nessuna certezza che quella ragazza stesse lì a vendere il suo corpo.George, tuttavia, la stava andando a cercare non per quel motivo, ma semplicemente per poterla ammirare più da vicino e poter conoscere meglio quello strano “uomo in gonnella”.La fortuna quella sera era dalla sua. Scarlett era seduta su una banchina vuota. I lunghi capelli sciolti, accarezzati dalla brezza, i piedi penzolanti sopra il mare, uno scialle verde sulle spalle.«Una sera meravigliosa, non trovate?» le chiese.Lei si girò a guardarlo da sopra la spalla. Lo scrutò con attenzione, quasi a cercare di capire quali fossero le intenzioni dell'uomo, poi si girò a guardare il mare, come se il risultato della sua osservazione non le fosse gradito.Hatwood di certo non si aspettava un'accoglienza calorosa, ma rimase comunque sorpreso per l'indifferenza mostrata. Si avvicinò ancora. «Vi disturbo?»«E perché mai? Se avessi voluto rimanere tranquilla sarei andata alla taverna».George rise alla battuta. «Mi scuso allora, se ho turbato la vostra pace, ma sarei felice di godere di questo cielo con voi». Le si sedette accanto.«Se qualcuno vi ha detto che vengo qui per adescare clienti, sappiate che non è vero. A quanto pare, ad una donna, non è permesso rimanere a pensare su un molo. Pare che sia una condotta molto immorale». Scarlett aveva pronunciato quelle parole tenendo i suoi occhi ambrati puntati verso il mare, inghiottito dalla notte.«Ad essere sinceri, me lo hanno detto, ma non sono venuto qui con questa intenzione».«Oh, quindi siete venuto per offrirvi di liberarmi dal conte, a patto che continui il gioco con voi».Hatwood rimase per l'ennesima volta sorpreso. La bellezza di quella donna lasciava senza fiato e il suo modo di parlare diretto la rendeva irresistibile. «Nemmeno questo».«E perché mai un uomo distinto come voi dovrebbe parlare con una come me?» gli rispose lei, alzandosi in piedi. «Siete curioso di vedere fin dove può arrivare la mia stranezza? Quale pazzia commetterò, così poi da avere qualcosa da raccontare agli amici?» Lo scrutò dall'alto, con occhi gelidi e un sorriso altezzoso sulle labbra.«Non ammettete che un uomo possa farvi la corte?»A quel punto Scarlett scoppiò a ridere. «Oh, santo cielo! Non potete pensare che possa credere a questo!» e continuò a ridere. «Nessuno, tanto meno un nipote di Taylor Ferd, perderebbe tempo a fare la corte a una domestica con la mia reputazione. Al più la prende, come ha fatto il conte. Quindi, o voi venite dal paese dei balocchi, o semplicemente avete un approccio più gentile di tutti gli uomini che vengono a importunarmi. Tuttavia,» disse, incamminandosi verso la città «vi risponderò come a loro: tornatevene a casa a dormire e lasciatemi in pace». E proseguì il suo cammino.
Hatwood non le rispose, ma si alzò a sua volta e la seguì, poi, totalmente rapito da quella ragazza così affascinante, le mise una mano sulla spalla, la girò delicatamente verso di sé e la baciò. Il tutto si verificò molto velocemente, così che lei non ebbe il tempo di evitare il bacio. Quando Scarlett si staccò, Hatwood si aspettò una reazione irritata, uno schiaffo. Invece lei si limitò ad una scrollata di spalle. «Beh, oltre che modi gentili, avete anche un tocco garbato e siete più originale di tutti quelli che tentano la via della forza». Detto questo proseguì per la sua strada, lasciando Hatwood sempre più sorpreso e, allo stesso tempo, attratto da quella donna originale.

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