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ll Destino di Scarlett - L'anniversario della Saga - La Stella di Giada - Il nipote di Taylor Ferd IV -
Creato il 14 gennaio 2015 da StefaniabernardoGeorge Hatwood era andato a fare una visita all'ammiraglio insieme a suo zio Taylor, che sembrava molto interessato a coltivare l'amicizia con il prezioso eroe delle colonie caraibiche inglesi.David Jacobson, dal conto suo, apprezzava molto Taylor, sopratutto per i suoi commerci fiorenti, che gli fruttavano parecchie sterline l'anno. Avere un alleato con borse fornite era utile per uno sempre impegnato nella dispendiosa guerra ai pirati.«Avete visto, la nave su cui avreste dovuto imbarcarvi è sparita nel nulla. Sarebbe dovuta arrivare più di due mesi fa, ma non se ne è saputo più niente» disse Jacobson a Hatwood.«Cosa dire, sono stato davvero fortunato a prendere la febbre il giorno prima di partire, in quel momento pensavo di essere un povero sventurato, ora sono sicuro di essere fortunato» rispose, mentre si portava alla bocca una tazza di tè. «Sarebbe stata una vera tragedia per me perdere anche voi, caro nipote, dopo aver perso vostra madre. Non la vedevo da quando mi sono trasferito qui, da trent'anni ormai, ma non ho mai dimenticato la mia dolce sorella. Per me sarebbe stato tremendo non poter conoscere il suo unico figlio» aggiunse Taylor, calorosamente e mettendo una mano sulla spalla del nipote.«Invece, la provvidenza è con voi, miei cari, e ora siete qui sani e salvi» disse Jacobson.George gli rivolse un caloroso sorriso. «Rimane da sapere cosa è successo alla Queen Mary, la nave su cui avrei dovuto imbarcarmi».A quella frase i sorrisi sui volti di Jacobson e Taylor sparirono, le loro due tazzine vennero riposte sui piattini, e per alcuni istanti tutti e tre rimasero in silenzio, come se, parlando a voce dei loro sospetti, avessero potuto attirare su di loro gli spiriti del malaugurio.«In fin dei conti gli uragani sono frequenti da queste parti» affermò Hatwood. Era una causa certo probabile, ma di sicuro non era l'unica in grado di far sparire una nave nel nulla e, sopratutto, non era la peggiore. La frase del giovane, tuttavia, fu presa come una sentenza definitiva, che toglieva ogni dubbio sulla sorte della nave e la discussione scivolò in fretta verso altri argomenti.Quando il maggiordomo di casa Jacobson venne ad annunciare il conte Harrison e consorte, trovò i tre gentiluomini intenti a discutere in cosa sarebbe stato più opportuno investire i soldi che Taylor Ferd aveva guadagnato con il suo ultimo commercio.Il conte Harrison entrò, con al braccio Arabelle. Ormai era uno spettro vivente. Jacobson trasalì nel vederlo, Taylor ne rimase sorpreso, dato che era da alcuni giorni che non vedeva il conte e non sapeva in quale stato di salute si trovava, George lo scrutò con attenzione, la stessa che avrebbe usato un medico esperto.A fatica, aiutato dalla sua giovane moglie - che se pur con la faccia contrita, non mostrava una afflizione adatta alla situazione grave in cui si trovava il suo consorte - Harrison si sedette al tavolo. «Temo che per me, sia giunta la fine».Un coro di “oh” angosciati fecero eco a quell'annuncio.«Non dite così... vedrete che troveremo una soluzione» aggiunse la moglie, che, per quanto si sforzasse, non riusciva a nascondere una punta di gioia nella voce.«Avete febbre?» chiese Hatwood.«No, no... lo dicevo anche l'altro giorno all'ammiraglio».«Dolori allo stomaco, come se vi stessero lacerando?»«Oh, sì... questo sì... ogni volta che mangio o bevo, per me è una tortura».«Allucinazioni?»A quel punto tutti i presenti guardarono meravigliati il nipote di Taylor, che si comportava tale e quale a un medico, ma dato che aveva asserito di aver studiato come avvocato a Londra, i conti non tornavano.George Hatwood, che non smetteva di osservare il conte, si accorse infine di quegli sguardi stupiti su di lui e diede loro spiegazioni. «Avevo un amico a Londra, il figlio di un orafo. La sua famiglia si era inimicata un tizio poco raccomandabile che esigeva i migliori gioielli, senza pagarli. Il padre di questo mio amico si rivolse all'autorità, ma prima che il delinquente potesse essere arrestato e processato, questi si vendicò. Il mio amico iniziò prima con il sentirsi debole, sempre sul punto di svenire, poi iniziarono i crampi allo stomaco, poi di notte iniziò a vedere fantasmi e diavoli. Ogni giorno era sempre più pallido, poi le feci gli si tinsero di sangue e morì vomitando anche la sua anima. Pover'uomo».Il conte a ogni sintomo elencato era sbiancato sempre di più, dato che erano identici ai suoi, e alla parte finale del racconto emise un sibilo e stritolò la bellissima mano di Arabelle. «E qual era la causa della morte?»«Veleno. Quell'uomo era riuscito a dare al giovane ogni giorno una dose di veleno. In seguito dissero che doveva trattarsi di un misto di erbe nocive».«Volete per caso suggerirci qualcosa, signor Hatwood?» chiese l'ammiraglio.«No, non sono medico, per cui non sono nella posizione per dire con certezza cosa ha il conte, però...» Hatwood si fece serio. «...Avete per caso dei nemici, qualcuno che vuole la vostra morte? Io non sottovaluterei niente».«Andiamo, nessuno potrebbe pensare di avvelenarmi!» esclamò il conte, incredulo.A quell'affermazione, Arabelle ebbe un fremito, un piccolo brivido passato inosservato da tutti, tranne che da George, il quale rivolse un'occhiata indagatrice alla donna. Arabelle, incrociando i brillanti occhi verdi di Hatwood, distolse subito lo sguardo, cercando di prestare attenzione a suo marito. «Infatti, nessuno potrebbe fare una cosa tanto orribile....» le mancò un attimo la voce «sono sicura che si tratta solo di un malanno».«La penso anche io come Arabelle» disse Jacobson. «Mi sembra un'idea del tutto inverosimile... tuttavia, potreste consultare un medico di Spanish Town, il signor Simpson, mi pare... è molto esperto nel campo delle erbe».«Sì, conte. Vi consiglio di vedere questo medico. Sono sicuro di sbagliarmi, quel che è successo al mio amico mi ha impressionato. Tuttavia, non dimentichiamoci mai che il pericolo, a volte, si nasconde proprio sotto al nostro naso». E dopo aver detto questa frase, George Hatwood rivolse la stessa occhiata di prima ad Arabelle, che ancora una volta non poté sostenere quello sguardo su di sé.
«Non puoi averlo pensato davvero. Arabelle, è una cosa orribile!» Mike guardò la sua amata, che, appoggiata al muro del vicolo dove erano soliti incontrarsi, si mordicchiava le unghie, nervosa.«Vorrei capire come hai fatto a scoprirlo!» rispose lei, in un sibilo di rabbia. « Lo so che è orribile, ma dannazione! Devo perdermi i miei anni migliori? Dobbiamo perderci i nostri anni migliori?» urlò.Mike emise un sospiro, contrariato. «Ne abbiamo parlato mille volte! Non c'è via d'uscita! E macchiarsi le mani di un omicidio, non mi sembra la soluzione!»«Non mi hai ancora risposto! Sono stata cauta: ho mandato diverse cameriere a comprare tutti gli ingredienti necessari... i sintomi...» dicendo quella parola, le venne in mente subito il delatore. «Accidenti a quel ficcanaso di Hatwood! È stato lui ad insospettirsi! Ce ne ha parlato l'altro giorno... poi deve essere corso da te! Che sia maledetto!» Il viso di Arabelle era stravolto dalla collera. Il suo piano era andato in fumo. Il medico di Spanish Town sarebbe arrivato l’indomani per visitare il conte, e ora, il suo adorato Mike l'aveva scoperta ed era intenzionato a farla desistere.«Sì, è stato lui! E ringrazia che è venuto da me e non da tuo padre o da tua madre!»«Non mi avrebbero fatto nulla».«A parte proibire il nostro matrimonio in futuro».Arabelle a quell'eventualità non aveva mai pensato. Si portò la mano alla bocca. «Oh, sarebbe orribile!»«E allora smetti subito di dargli quelle erbe. Il medico domani gli prescriverà qualche antidoto e tutto si risolverà. E noi aspetteremo il nostro turno, senza usare sporchi trucchetti. Santo cielo, capisco che l'hai fatto per me... ma è un’enormità uccidere un essere umano!»Arabelle continuò a morsicarsi le unghie, e abbassò il capo per non vedere gli occhi di Mike colmi di disapprovazione. Era un'enormità, vero, ma lo era anche essere sposati con il conte e lei, di aspettare il suo turno in pace, non ne voleva sapere.Il veleno non era andato a buon fine, non le restava che trovare un altro rimedio.
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