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ll Destino di Scarlett - L'anniversario della Saga - La Stella di Giada - Il nipote di Taylor Ferd V -

Creato il 16 gennaio 2015 da Stefaniabernardo
«Dimmi quello che sai su George Hatwood» chiese Arabelle, in tono perentorio.In quei giorni non aveva per niente voglia di essere gentile, tanto meno con Scarlett, che non solo aveva deciso di trovare un nuovo lavoro a Londra, ma era entrata anche in confidenza con l'uomo che in quei giorni odiava di più al mondo, quello che aveva scoperto il suo piano per liberarsi del conte.Scarlett, impegnata a pettinarle i capelli, rispose con il solito tono calmo e pungente. «Perché mai chiedete a me del signor Hatwood, frequenta la casa di vostro padre insieme a suo zio, ed è anche amico di Mike, mi pare. Potete chiedere a loro».Arabelle strinse il bracciolo della sedia, in gesto di stizza: «Ma tu lo incontri spesso al molo, quando vaghi da sola in cerca... ancora non si è capito di cosa vai in cerca». Il tono era acido, l'invidia per quella ragazza aveva preso il sopravvento sull'affetto.La sua domestica non si scompose davanti al suo comportamento brusco. «Vado in cerca di tranquillità. E comunque è stato lui a venirmi a cercare».«E di cosa parlate?»«Vorrei sapere però, perché vi interessa».«Sono fatti miei, ed esigo una risposta! Basta con questo tuo comportamento! Sono o non sono la tua padrona? Sei tu che servi me!» urlò Arabelle, alle sue spalle sentì un lungo respiro di esasperazione.«Certo, sono io che servo voi. Lo so. Ma ancora per poco».I denti di Arabelle sfregarono fra loro per la rabbia, mentre avvampava. «Potrei sbatterti fuori di casa prima! E stracciare la lettera di referenze e dire a tutti che hai provocato mio marito! Che te lo porti a letto tutte le sere perché i clienti del porto non ti bastano!»Davanti a quella serie di minacce il volto di Scarlett non sbiancò. Anzi, aveva tutti i sintomi dell'ilarità trattenuta. «Prima fate di tutto per farmi diventare vostra amica, ora volete distruggermi. Non vi ho mai capito. Io mi sono sempre limitata a fare il mio dovere, mio unico difetto, non mostrarmi sottomessa. Sono meno di voi, ma ho anche io la mia dignità. E questo è un difetto che ho pagato caro. Comunque, non volevo raccontarvi delle mie chiacchiere con George, semplicemente, perché riguardano me e lui. Non facciamo nulla di male, se non chiacchierare. Lui mi sembrava il solito fanfarone con una sola idea... e invece si è dimostrato un uomo gentile, interessato solo a passare del tempo con me, nonostante il modo brusco con cui l'ho trattato la prima sera.Ora, se volete, vi dico tutto: mi ha raccontato della sua infanzia a Londra, di sua madre, dei debiti che avevano. E io gli ho raccontato la mia storia».Arabelle si calmò, consapevole di aver sfogato su Scarlett la rabbia accumulata in quei giorni. «Scusami... solo che quell'uomo mi incuriosisce».«E Mike?»«No, non in quel senso...» Arabelle doveva trovare una bugia, non voleva dire a Scarlett che stava cercando un modo per vendicarsi. «È come se...»«...stesse nascondendo qualcosa» concluse la domestica.Arabelle si girò incredula, il suo era stato un azzardo, non pensava di certo di trovare Scarlett d'accordo. «Esatto. Non so bene come spiegare, però...» voleva che fosse di nuovo l'altra a concludere, per farle svelare i suoi pensieri.«È troppo gentile, sembra quasi fatto di zucchero, mai un moto di stizza, mai uno sguardo accigliato, saluti perfetti e complimenti sempre pronti, ma gli occhi hanno qualcosa che stona con questo comportamento. Una durezza e una vivacità che non combaciano con il suo modo di essere così ingenuo».Arabelle rimase a fissare il riflesso della sua domestica nello specchio. L'analisi fatta era vera, anche se lei non se ne era mai accorta e forse, non ci sarebbe mai arrivata se George Hatwood non si fosse messo di traverso sulla sua strada. «E quindi, che cosa pensi nasconda?»«Un passato più tremendo di quello che racconta, o un carattere forte, che forse non vuole far conoscere a tutti... chissà... o magari è solo una mia impressione».«Comunque mette più cipria del dovuto, lo avevo notato fin dal primo giorno, forse è quello che lo rende curioso» disse Arabelle.«Vero, l'ho notato anche io, ne mette molta. Magari per pagarsi i debiti ha fatto qualche lavoro non adatto al nipote di Taylor Ferd. Un lavoro sotto al sole che gli ha scurito la pelle... ed ecco spiegata la cipria. Non credo ci sia più di questo».«Sì, lo credo anche io».Il conte, ripresosi dopo i rimedi che gli aveva prescritto il dottor Simpson, era migliorato e, ovviamente, era di ottimo umore, come tutti quelli scampati ad un grave pericolo. Non si poteva certo dire la stessa cosa di Arabelle che riusciva solo a nascondere malamente la sua rabbia.Quella domenica pomeriggio, stavano andando a passeggio per la città, in compagnia dei genitori di lei, di Taylor Ferd e di suo nipote George.Tutti avevano capito cosa era successo al conte, ma nessuno aveva avanzato sospetti, e ognuno di loro diceva che Harrison era stato solo colpito da un malanno, nulla più.In realtà David Jacobson aveva ipotizzato alla moglie un colpevole, Scarlett Baker. I presupposti c’erano tutti: angherie del conte, carattere orgoglioso e duro, pessima reputazione. Rachel, come sempre, aveva preso le difese della cameriera e la repentina ripresa del conte aveva fatto, infine, decadere l'argomento.Rachel ne aveva parlato a sua figlia, che invece di difendere Scarlett, l’aveva accusata come il padre. Questo per evitare che anche solo un’ombra di sospetto cadesse su di lei. Non voleva essere punita rischiando di non avere più il permesso di sposare Mike. Per fortuna, Scarlett aveva già deciso di lasciarla una volta a Londra, quindi nessuno aveva pensato di prendere qualche decisione in merito. Farlo avrebbe voluto dire creare uno scandalo, e nessuno ne aveva voglia, vista l’imminenza del viaggio.Arabelle si rese conto in quei giorni di quando fosse spiccato il suo cinismo: era sicura che se il conte fosse morto avvelenato, e qualcuno avesse avuto dei sospetti, lei li avrebbe fatti ricadere su Scarlett senza batter ciglio.Il suo desiderio di sposare Mike sorpassava qualunque altro sentimento, compreso il senso di onestà e di giustizia.Ora, a quel desiderio si era aggiunta anche la vendetta. E così, non smetteva di lanciare sguardi taglienti in direzione di Hatwood, che, avesse capito o no il motivo di quei fulmini, faceva finta di non notarli.Durante la passeggiata, vennero fermati e salutati dal procuratore Poeltry, giunto a Spanish Town per raggiungere il governatore Bawels.Dopo alcuni minuti passati a chiacchierare con l’ammiraglio e il conte, e dopo aver salutato cortesemente le signore e Taylor, il procuratore si accorse di Hatwood e sbiancò. Fece qualche passo indietro, balbettò, quasi svenne.«Santo cielo, signor Poeltry, che avete?» chiese Rachel, preoccupata.«Un giramento di testa, forse?» aggiunse l’ammiraglio.«Magari il caldo» disse il conte.Poeltry tentò di parlare ma boccheggiò, dovette deglutire due o tre volte prima di riuscire a formulare una frase di senso compiuto. «Scusatemi… ma… ma, questo signore…» disse indicando con mano tremante Hatwood «somiglia… a quel diavolo di Redblade».Sentendo pronunciare il nome del vice del suo incubo peggiore, l’ammiraglio strinse i pugni e serrò le mascelle. Duncshire guardò stupito prima Poeltry, poi Hatwood. Taylor Ferd esplose in una risata, sentendo paragonare quell’ingenuo di suo nipote ad uno dei pirati più feroci mai esistiti. Rachel si limitò a sorridere imbarazzata, compatendo il povero Poeltry, che da quando era stato vittima di un arrembaggio della Stella di Giada vedeva pericoli ovunque. Arabelle, invece, fissò attentamente Hatwood, come per coglierlo in fallo. Le impressioni di Scarlett le vennero in mente, e la sua voglia di scoprire ogni cosa su quell’uomo si accese più viva che mai.Hatwood, da parte sua, aveva prima guardato sorpreso Poeltry, poi si era unito alle risate dello zio. «Ma cosa dite?»«Scusatemi… è che… siete della stessa statura e avete gli occhi dello stesso colore… gli somigliate, credetemi… - sapete, a momenti quel cane mi ammazzava - se aveste i capelli biondi e la pelle abbronzata, sembrereste il suo gemello» spiegò Poeltry.«In effetti, ora che me lo fate notare, sì, mio caro George, voi avete la sfortuna di somigliare a quel diavolo» disse Jacobson. «Io ho avuto qualche duello con lui, ma in fondo non si tratta che di una vaga somiglianza, può capitare».«Certo, è ovvio, solo che… dovete capirmi, quei demoni mi hanno spaventato a morte, e ogni volta che vedo qualcosa che me li ricorda, divento pazzo di paura» aggiunse il procuratore, asciugandosi con il fazzoletto la fronte.«Siete scusato, posso solo immaginare cosa significhi trovarsi a faccia a faccia con gente del genere e mi dispiace se la mia persona vi ha arrecato dei fastidi» disse Hatwood, stringendo la mano di Poeltry.«No, non preoccupatevi, è colpa mia. Voi siete un così bravo ragazzo».Dopo quello scambio di battute, la passeggiata proseguì e nessuno parve più ricordare l’accaduto. Arabelle, invece, continuava a tenere sotto controllo Hatwood.Era l’unica che si era insospettita per quella somiglianza con il primo ufficiale della Stella di Giada.
George Hatwood raggiunse Scarlett al molo. Gli incontri notturni, dopo che lei aveva finito il suo servizio, continuavano.In quelle sere avevano parlato molto, ma nessuno dei due aveva fatto riferimento al bacio che lui le aveva dato la prima sera.Scarlett in quegli incontri si era mostrata più aperta, meno tagliente. Come se il fatto che Hatwood volesse solo chiacchierare con lei la rendesse felice e rilassata.«Avete visto, pare che il conte stia migliorando».«L'ho sentito». Lui fece una pausa. «Quindi, fra una settimana, non potrò più vedervi». La voce era carica di malinconia.Lei si girò a guardarlo, gli occhi limpidi, il sorriso sereno. «Sì, partirò per Londra e spero di trovare là un po' di pace».Hatwood sospirò. «Ma perché dovete andare così lontano? Mio zio ha degli affari a King's Garden, e forse manderà me per sistemare alcune cose, fatevi trasferire lì».«Mio marito si è fatto trasferire lì» rispose lei, cupa.«Allora da qualche altra parte, ma qui nei Caraibi, posso chiedere a mio zio di trovarvi una casa adatta in cui prestare servizio, ma perché andare a Londra, perdio!» esclamò lui, calorosamente. «Pensateci, rimanete... potremmo conoscerci un po’ meglio!»Scarlett rimase in silenzio. Come colpita dal tono caloroso del giovane e dalle sue premure, prese a giocherellare con la catenina che portava al collo, alla cui estremità era appeso un ciondolo: una rosa dei venti d’argento. Hatwood, incuriosito dal gioiello, le chiese di cosa si trattava.«Me l’ha regalato mia nonna, appena sono nata. Io non l’ho mai conosciuta, è mancata pochi mesi dopo la mia nascita, ma da allora è stato il mio portafortuna».Hatwood prese fra le dita il ciondolo, lo osservò, rigirandoselo fra le mani. «Pensate che ve ne porterà anche a Londra? Guardate che è una città insidiosa e malsana. Sarò insistente, ma vi dico di ripensarci».«Voglio lasciare indietro tutto e ripartire da capo. E un posto dall'altra parte dell'oceano mi sembra perfetto» rispose Scarlett, risoluta.«Ma è una traversata lunga, non avete paura?» Hatwood sembrava deciso a farla desistere.«Il pericolo è ovunque».«Ma su quei mari c'è qualcosa di terrificante».«Non ci provate. Sono pronta a correre qualunque rischio pur di riprendermi la mia vita, compreso quello di incontrare Shiver e Redblade in persona». Le campane batterono le due del mattino e distrassero Scarlett, che altrimenti avrebbe visto il leggero fremito attraversare il volto di Hatwood, scosso dal nome dei due feroci pirati.«Meglio rientrare» le disse.I due si incamminarono verso la banchina, ma prima di staccarsi, Scarlett, cogliendo di sorpresa George, si congedò dandogli un bacio sulla bocca. Lui rimase senza fiato, tanto che non riuscì a pronunciare parola e in silenzio rimase a guardarla rientrare.Arabelle, dopo quanto accaduto durante la passeggiata del pomeriggio, aveva deciso di rischiare e quella notte era uscita di nascosto, con l'intenzione di seguire George Hatwood e scoprire quale segreto nascondesse.Incappucciata, l'aveva visto scendere al molo. Lo aveva osservato parlare con Scarlett e infine lo vide risalire, dopo il bacio della domestica.Cercando di fare il possibile per passare inosservata, e dopo aver concesso a Hatwood un certo margine di vantaggio, prese a camminare alle sue spalle.Il giovane nipote di Taylor camminava lento, come un uomo immerso in qualche fantasticheria. Ritornò alla casa dello zio e Arabelle sospirò di delusione, convinta di averlo pedinato a vuoto, ma decisa a non arrendersi. Rimase ad aspettare in strada per più di un'ora. Non sapeva nemmeno lei bene perché. Forse la somiglianza che aveva fatto notare Poeltry era solo una somiglianza, per l’appunto, e lei sicuramente stava perdendo la ragione, dato che si era messa a fare la posta ad un uomo onesto, con la sola colpa di aver salvato un uomo dal veleno.Stava per rientrare, quando vide una figura coperta dal cappuccio di un mantello affacciarsi alla finestra del primo piano, guardarsi intorno con molta attenzione e saltare in strada con agilità.Arabelle sorrise soddisfatta, a quanto pare non era pazza e per quanto l’uomo fosse coperto, aveva riconosciuto la camminata di Hatwood. Si mise a seguirlo, cercando di rimanere attaccata ai muri delle case, per non rischiare di essere vista.Hatwood si incamminò verso il borgo abitato dai pescatori e dagli artigiani, e dopo alcuni minuti si girò come per accettarsi di non essere seguito. Arabelle si fiondò in un vicolo lì vicino, sperando di non essere vista, ma quando stava per riprendere il cammino si sentì afferrare il polso da una morsa di ferro. Un uomo con il viso coperto e l’alito che sapeva di alcol la inchiodò al muro. «E voi bella signora, che ci fate da queste parti?» chiese in tono minaccioso.Arabelle seppe in quell’istante di essersi cacciata in un pasticcio. Quella era una zona frequentata da perdigiorno e ubriaconi e lei aveva avuto la sfortuna di incappare in uno di questi.Stava per rispondere, cercando una scusa plausibile e un modo per non farsi riconoscere, quando dalla strada si sentì un fischio. L’uomo che la teneva ferma rispose con un’altra modulazione e poco dopo nel vicolo comparve Hatwood, ancora coperto dal cappuccio.«Sapevo di essere seguito, ma non mi aspettavo una spia così carina» disse in tono canzonatorio, togliendosi il cappuccio. Arabelle osservò i suoi occhi verdi, freddi e minacciosi, e capì che era un uomo diverso da quello per cui si spacciava.«Siete un po’ fuori zona, non vi pare, signora Duncshire?»  disse Hatwood, avvicinandosi.L’altro emise un fischio. «Però, la figlia dell’ammiraglio in persona, non è per niente male la ragazza».«No, e ti assicuro, Scrub, che ha anche del fegato: stava per far crepare quel maiale puzzolente del conte» rispose Hatwood.«Si può sapere chi diavolo siete?» chiese Arabelle, sempre più spaventata.«Mia cara Arabelle, ditemi, cercate sempre un modo per rimanere vedova?» chiese Hatwood, evitando la domanda.«Ancora non capisco come abbiate fatto a scoprirlo». La rabbia cancellò per il momento la paura provocata da quella strana situazione in cui si trovava.«La prossima volta non mandate le vostre cameriere. Mi è bastato fare due domande al droghiere per capire cosa stavate architettando».«Ancora non mi avete risposto: si può sapere chi siete?»«Un uomo a cui sta molto a cuore la vita del conte, al contrario di voi».«E perché? Che cosa vi tiene così legato a quell'uomo?»«Oh, la questione non è personale, ma se il conte muore, niente viaggio a Londra».«E noi teniamo molto a quel viaggio, carina» aggiunse Scrub.«E cosa volete da quel viaggio, dunque?» chiese Arabelle.«Non si parla di un carico molto prezioso che verrà consegnato al re?» rispose Hatwood. «Non ditemi che volete lo smeraldo?»Il viso di Hatwood si illuminò. «Indovinato, dolcezza».«E perché mai il nipote di Taylor...» Arabelle si interruppe, sorpresa dalla sua stessa intuizione. «Voi non siete il nipote di Taylor!»«Non avrebbe senso negare».«Chi diavolo... Oh mio dio... allora è vero!  Ecco perché Poeltry è sbiancato… non era solo paura la sua! Ora che ci penso la Queen Mary non è arrivata in porto... oh, cielo... vi siete sostituito al nipote! E il diavolo manderebbe solo il suo vice per una cosa tanto pericolosa».«E per la terza volta avete indovinato, però ora parliamoci chiaro. Voi sapete chi sono io, e io so quel è la cosa che più desiderate al mondo. Credo che potremmo raggiungere un accordo».Arabelle divenne rossa di rabbia. «Accordo? Con un abominio come voi? Che cosa volete farmi? Rapirmi? Finirete impiccato prima di provarci».«Oh, no... state calma, la collera vi imbruttisce. Le condizioni sono queste: primo, voi non mi denuncerete».«Questo lo dite...» Christopher Redblade la zittì mettendole una mano sulle labbra.«Non lo farete, perché se lo farete, sarà Mike a morire. Sono suo amico e sono spesso con lui, al primo segnale di pericolo gli pianto un coltello nella pancia o lo farà uno dei miei, non siamo certo venuti nella tana del lupo soltanto in due».«Bene, non vi denuncerò, e poi?» chiese Arabelle con voce risoluta, nonostante al solo pensiero del terribile destino che sarebbe potuto toccare a Mike avesse perso ogni traccia di colore dal viso.«Poi convincerete vostro padre a darmi il passaggio fino a King's Garden di cui Taylor gli ha parlato, ma che l'ammiraglio non vuole concedere, nonostante il fatto che il conte debba fare scalo in quella città. Pare che il vostro paparino non voglia nessuno a bordo che non sia suo uomo di fiducia, quindi capirete che ho bisogno della vostra raccomandazione».«E in cambio?»«Molto presto sarete vedova».«Ho la vostra parola? Non ucciderete anche me?»«No, valete sempre un riscatto e per quel poco che sarete nostra ospite sarete trattata con rispetto. Siamo intesi, allora?» e le tese la mano.
Lei lo guardò con odio, sapendo che suo padre avrebbe pagato chili d'oro per avere tra le mani Christopher Redblade, ma lei avrebbe pagato altrettanto per essere vedova. Gli strinse la mano, poi Redblade la lasciò uscire dal vicolo mentre lui e il suo compare vi rimasero, di certo per sistemare gli ultimi dettagli del loro piano.

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