Non propriamente romance, ma una storia di donne, di un'autrice italiana,che potrebbe portare molte di noi ad immedesimarsi in situazioni, caratteri, sentimenti e travagli del cuore. Un nuovo romanzo di IRENE PECIKAR disponibile da settembre in tutte le librerie e bookstores online ( ed. R.E.I., pagg.160, € 9,90).
Un romanzo dedicato
all’amicizia al femminile e all’amore che
va contro le regole comuni.
Quattro giovani donne. Quattro
storie d’amore e di vita fuori dagli schemi tradizionali. La nascita
di una profonda amicizia che legherà i loro destini, intrecciando le
loro vite.Amori, segreti e tradimenti
e la capacità di rimettersi in gioco in una spirale di passione.La vita insegna a non fermarsi
all’apparenza. E tu sai andare oltre?
«Con un
accattivante modo di raccontare gli spaccati privati di personaggi mai
banali, Irene Pecikar ci introduce in un corollario femminile capace
di catturare subito l'attenzione». Mariangela
Camocardi – scrittrice«Un romanzo
delicato ma, al tempo stesso, incisivo».
Samanta Catastini
– scrittrice
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COME INIZIA IL ROMANZO...
1Rabat, 23 settembre 1975
«Ora le nostre famiglie sono unite, il patto è sancito. Nabil e Meriam sono promessi».
«Onoreremo il patto che unisce le nostre famiglie».
Trieste, 30 maggio 1993
Non mi sarei mai aspettata dai miei genitori tanta diffidenza. In fin dei conti io e Nabil ci frequentavamo già da un anno.
«Perché vi preoccupate, lo conoscete bene anche voi, no?».
«Leyla, nemmeno tu puoi affermare di sapere molto su di lui».
«Oh, allora voi che vi siete sposati dopo soli due mesi di fidanzamento? Vi conoscevate bene voi? Eppure, se non sbaglio, siete sposati da quasi trent’anni!». Ero furiosa.
«Non capisco perché non aspettare dopo la laurea», intervenne mio padre.
«Stiamo cercando di fare qualche progetto per il nostro futuro e il fatto che Nabil non sia cittadino italiano non aiuta».
Nel giro di sei mesi ci saremmo entrambi laureati. Che differenza poteva fare una manciata di mesi? Mi sembrava che si fossero intestarditi. Il fatto di essere figlia unica, concepita quando nemmeno immaginavano di poter sperare di diventare
genitori, mi penalizzava sempre un po’. Erano iperprotettivi,soffocanti e morbosamente attaccati a me.
Eppure avrei dovuto essere padrona della mia vita, no?
«Sono contenta che Nabil non sia presente, perché mi avreste fatto fare una pessima figura! E io che pensavo di darvi una bella notizia». Sbattendo la porta uscii di casa.
Ero nervosa anche per il fatto che avevo voluto approfittare dell’assenza del mio ragazzo per indorare la pillola ai miei genitori e non ci ero riuscita, inoltre sapevo che Nabil sarebbe ritornato a giorni e temevo per eventuali delusioni.
La nostra storia non era delle più semplici…
Io e Nabil avevamo stretto un patto: lui aveva accettato di vivere in Italia, io di convertirmi all’Islam. Ma questo ai miei genitori avevo omesso di dirlo: immaginavo quale sarebbe statalo loro scandalizzata reazione.
Il primo incontro con l’uomo che sarebbe diventato mio marito fu molto casuale: ci conoscemmo nel bar della facoltà di Ingegneria.
Lui era prossimo alla laurea in Ingegneria Civile. Io adoravo il caffè di quel locale e, a dire la verità, adoravo ancora di piùil barista: moro, carnagione scura, occhi magnetici, fisico scolpito. Come rimanere indifferenti?
Mi recavo due volte alla settimana in quel bar, il martedì e il venerdì. Silvia un mercoledì mi chiese di lasciare gli appunti,che aveva dimenticato a casa mia, al barista; lei sarebbe passata a prenderli al volo tra una lezione e l’altra. Ero in
ritardo, ma come non fare una cortesia a un’amica e vedereWalter una volta in più?
Scesi i gradini ed entrai distrattamente nella porta girevoledel bar, urtando con il piede contro la gomma bagnata: in unsecondo tutti gli appunti di Silvia mi precedettero all’entrata del locale.
Arrossii: mi sentivo davvero in difficoltà. Ero in ritardo perla lezione, perché non frequentavo quella facoltà. Il bar erapieno di studenti, ma solo uno di loro mi sorrise aiutandomi araccogliere tutto.
Aveva uno sguardo misterioso, era moro con i capelli fino alle spalle, scuri occhi penetranti e un fare galante che mi colpì subito.
«Ciao, sono Nabil» mi disse porgendomi la mano.
«Ciao» lo salutai, stringendogliela con timidezza.
«Silvia?», mi chiese leggendo l’intestazione degli appunti.
«No, no, sono Leyla» risposi imbarazzata.
«Leyla, come la principessa?».
«No, Leyla come l’eroina di un romanzo rosa…».
Lui fece uno sguardo smarrito.
«Mia madre stava leggendo un romanzo d’amore quando si accorse di essere incinta, così…».
«Ti ha chiamata Leyla come la protagonista di quel libro»concluse lui.
«Sì, infatti».
Quel pomeriggio non andai a lezione, ma feci una lunga passeggiata romantica con Nabil, qualsiasi cosa e ovunque, in sua compagnia, sarebbe stato romantico. Arrivammo a piedi fino a Piazza Unità e mangiammo un trancio di pizza al taglio,
camminando al chiarore dei lampioni del Molo Audace.
Ci raccontammo un sacco di cose. Il suo modo di corteggiare era palese, tuttavia molto diverso rispetto quello dei miei coetanei e connazionali. Mi aveva ammaliata con i racconti sul suo Paese e la sua famiglia. Era evidente quanto ne avesse
nostalgia. Gli mancavano anche i caldi colori del Marocco e i suoi profumi speziati. Mi raccontò che la sua famiglia era musulmana, ma non erano integralisti. Suo padre negli anni si era ammorbidito: le sue sorelle minori non avrebbero dovuto
contrarre matrimoni combinati e non avevano subìto alcuna mutilazione, del resto ormai poco comune nel loro Paese. Ma io, che ignoravo le regole di quella cultura, non lo immaginavo.
Quella sera, quando rientrai, mia madre guardandomi si accorse che in me qualcosa era cambiato.
Quello fu il primo pomeriggio di tanti trascorsi insieme.
Mohamed e Silvia alle volte ci accompagnavano nei nostri incontri al cinema o in pizzeria.
Un sabato sera Mohamed invitò Silvia, Nabil e me nell’appartamento che divideva con due amici. Loro erano tornati a casa, in Marocco, per festeggiare il matrimonio di un amico comune.
Fu quella sera che scoprii che tanto tempo prima Nabil era stato promesso a Meriam, o forse era stato il contrario.
«Tu sei già fidanzato da tanto tempo, Nabil» gli rammentò Mohamed un po’ alticcio. Essendo musulmano non avrebbe dovuto bere alcolici, ma lui riteneva che trasgredire una volta ogni tanto non sarebbe stato un problema.
«Io invece sono libero, capito Silvia?».
«Come no, Mohamed, ma non sono interessata, grazie».
«Povera Leyla, non ti sarai innamorata di un ragazzo im-
pegnato?».
«È evidente che l’alcol ti fa proprio male, amico», lo riprese Nabil aggiungendo poi qualcosa, che sembrò un’imprecazione, in arabo.
Quella notte avevo previsto di far tardi, così sarei andata a dormire da Silvia, i suoi genitori erano fuori per il weekend e spesso mi fermavo da lei. Ma Silvia decise di andare via presto e Nabil mi chiese se volessi passare la notte con lui. Io
non sapevo cosa rispondere. Era fidanzato. Mi sarei cacciata in un guaio? Mi avrebbe rispettata, o mi avrebbe usata e se ne sarebbe tornato al suo Paese per dedicare la vita alla sua futura moglie? Era un rischio che volevo correre, però, così accettai.
SEGRETI di Irene Pecikar, edizioni R.E.I, settembre 2011,pp.160, € 9,90
L'AUTRICE
Irene Pecikar è nata a Trieste nel 1972. Vive con i tre figli, il marito e
i loro piccoli amici: due gatti ex trovatelli, un'esuberante beagle e
una coniglietta.Attualmente
si occupa di editing e correzione bozze. Inoltre collabora con siti
e riviste letterarie curando recensioni e interviste, scrive racconti
d'amore per riviste femminili. E cura il blog “Tuttosuilibri”.Il suo esordio
letterario risale ad aprile 2010 con il romanzo giallo-rosa “L’antico
profumo di gelsomino”.
Per approfondire
la conoscenza dell’autrice:www.irenepecikar.comIrene Pecikar
è presente su Facebook e Twitter.
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