Scritto da GiocoMagazzino
Recensione a cura di Walter O'Dim
Rieccoci qui a parlare nuovamente di un film nostrano, non accadeva dal caso Suburra, un evento che avevo sì definito più unico che raro, ma anche come l'avatar della speranza per una rinascita del cinema italiano, ebbene " Lo Chiamavano Jeeg Robot" potrebbe esserne la conferma.
Il regista, tale Mainetti, non mi aveva acceso nessuna lampadina, non fosse che sul curriculum vantava uno dei corti più impattanti che abbia mai visto: Basette, un corto che è portatore della poetica del Mainetti, insomma, parliamo di un atto d'amore per la cultura degli anni '80, in cui vediamo un improbabile Lupin III e banda al completo romani, e che vanta l'interpretazione di Valerio Mastandrea con una faccia da schiaffi impareggiabile nel ruolo, non me ne vogliano i live action levantini.
Lo "Lo Chiamavano Jeeg Robot" ricalca in parte quelle tematiche, ma di questo parleremo meglio col Grande Arbitro attraverso le nostre analisi finali, per ora beccatevi la
Enzo Ceccotti ( Claudio Santamaria) è un disadattato e criminale da strapazzo che vive in un quartiere periferico di Roma, un ambiente tutt'altro che tranquillo; durante una fuga dalle forze dell'ordine questi è costretto ad immergersi nelle acque del Tevere, finendo direttamente a contatto con dei fusti di scorie radioattive occultati (del tutto superflui visto lo stato del Tevere, ma vabbè), dopo un iniziale malore Enzo scopre di aver acquisito capacità fuori dal comune: una forza incredibile, rigenerazione dei tessuti, ed una quasi invulnerabilità, poteri che userà inizialmente per scardinare un bancomat, diventando famoso una volta diventato virale il video.
Nel frattempo le sue vicende si intrecciano con quelle della banda dello Zingaro ( Luca Marinelli), un capo banda feroce quanto eccentrico e megalomane, che vuole compiere il passo decisivo che porterà fuori dal degrado lui e i suoi tirapiedi, invischiandosi però con la camorra.
Per coronare questa favola nera non poteva mancare una principessa: Alessia (Ilenia Pastorelli) è una ragazza problematica, i cui disturbi psichici sono da ricondurre ad una vita di abusi, sarà lei ad identificare Enzo con Hiroshi Shiba, l'eroe dell'anime di cui è ossessionata, l'unico in grado di salvare il mondo.
Queste sono i caratteri che andranno a comporre l'opera, mentre di sottofondo c'è una Roma flagellata da attacchi terroristici.
Parlavamo poc'anzi dei rimandi alla cultura pop anni '80, ma soprattutto del parallelismo con Basette, così come per un altro suo cortometraggio pluripremiato, Tiger Boy (entrambi su soggetto e sceneggiatura di Nicola Guaglianone, così come per "Lo Chiamavano Jeeg Robot"), ebbene in questi ritroviamo una favola che affonda però le radici in un terreno arido, un'ambientazione degradata in cui pare non esserci speranza di redenzione, questo rappresenta il personaggio di Enzo, che ha innalzato muri attorno a sè per proteggersi da una realtà dura, tutti temi molto cari ad altre opere del calibro di Evangelion, di cui giurerei di aver visto una citazione, ma il mio occhio potrebbe essere viziato in tal senso.
Non aspettatevi di trovare un film allegro o buonista, tutt'altro, aspettatevi un'atmosfera intrisa di malinconia, cattiveria, ed una goliardia tutta pulp che potrà farvi scappare una risata amara.
Mi rattrista non aver visto " Il Ragazzo Invisibile" di Salvatores per poter fare un confronto, d'altro canto è pur sempre lo stesso campo da gioco, tuttavia posso dire che nonostante il budget irrisorio e gli effetti speciali somministrati col contagocce (ma sempre ben realizzati e MAI pacchiani), LCJR si incentra maggiormente sui caratteri piuttosto che sulla spettacolarità dei cinecomics americani, che nella stragrande maggioranza dei casi mangia tutto il resto.
Per quanto riguarda le scelte registiche siamo di fronte ad una fotografia perennemente fredda, che si accende solo quando c'è in scena Alessia, mentre Enzo viene sempre inquadrato dal basso trasmettendoci un'aura di potenza mentre ci sovrasta, insomma, Mainetti ha dato prova di una certa abilità nel dirigere la macchina da presa, prova di una lunga gavetta dato che solo ha quarant'anni suonati è riuscito a mettere su quest'esordio cinematografico magistrale.
Ora però basta parlare del regista e soffermiamoci sui reali creatori di quest'opera: Nicola Guaglianone, che come già detto ha alle spalle un profondo sodalizio con Mainetti, e il fumettista Menotti; entrambi mi hanno personalmente regalato un villain come non ne vedevo da tempo, lo Zingaro è un po' Joker un po' Raffaella Carrà, un connubio tra psicosi violenta e Buona Domenica ( occhiolino occhiolino).
Venendo al dunque questo film non è privo di difetti, peccando infatti di qualche piccolo clichè, e affrontando il tema dei social network un po' superficialmente, cosa che invece è riuscita meglio nel caso di Kick-Ass, sì sì, lo so che è un raffronto azzardato ma passatemelo; in ogni caso sono sempre più convinto che questo sia uno degli esempi di rinascita per il nostro cinema, andate a vederlo non solo perchè è un'opera magistrale, ma perchè se questo otterrà il successo sperato, molti altri film di qualità lo seguiranno, e sinceramente non vorrei perdermeli.
"Lo Chiamavano Jeeg Robot": il Film che non sono mai riuscito a girare
commento a cura di Marco Grande Arbitro
Concludo questo post a quattro mani con un veloce pensiero personale. C'è stato un periodo della mia vita dove ho girato svariati cortometraggi. Non fraintendetemi, non ho studiato cinema: è stata una semplice passione amatoriale. Qualche corto lo potete trovare su Youtube, ma non sono niente di speciale.
Pian piano questa passione è andata a scemare. La motivazione? Ho perso l'ispirazione. Dopo l'ultimo cortometraggio del 2012, ho sentito un bisogno di evoluzione: ovvero di girare una storia più concreta... Ma la verità è stata una sola: non ho trovato più idee da raccontare. Idee originali intendo. Mi sarebbe piaciuto raccontare una storia di supereroi. Un qualcosa alla "" o alla "". Ma nulla: ho trovato solo il buio cosmico...
Poi vado al cinema e vedo " Lo Chiamavano Jeeg Robot". Esplodo di gioia! Non solo per aver visto un grandissimo film... Ma sopratutto perchè ha tutto quello che avrei voluto raccontare!
Il tema dei supereroi è un contorno a qualcosa di estremamente interessante. Ci sono protagonisti depressi e disfunzionali, c'è il cattivo più vero e carismatico mai creato, c'è una situazione ormai allo sfacelo... E' tutto così cupo e travolgente. Nel finale, c'è quello spiraglio di luce che fa sperare in un futuro migliore. Un futuro migliore che potrà riportare in alto anche il cinema italiano!
Questa è la storia che non sono mai riuscito a raccontare. Dentro di me si sta riaccendendo quell'ingranaggio arrugginito: chissà, magari tornerò a girare una nuova storia! Sono sicuro che questo film lascerà qualcosa anche a voi, magari vi farà scattare una scintilla interiore. Quindi mi raccomando: supportate " Lo Chiamavano Jeeg Robot" il più possibile, non perdete questa potente occasione!
Il post si conclude qui...
Walter O'Dim & Marco Grande Arbitro