Magazine Cinema
La trama (con parole mie): Bilbo Baggins, nel giorno della celebrazione del suo centoundicesimo compleanno, data che segnerà la sua partenza dalla Contea e il distacco dal nipote Frodo, ricorda le imprese che lo portarono, sessant'anni prima, a mettere le mani sull'anello che segnerà le sorti del mondo.Una compagnia di nani guidata dal principe decaduto Thorin - erede al trono di Erebor, perduto regno distrutto dalla furia del feroce drago Smaug - sotto la guida di Gandalf il grigio giunge proprio a casa Baggins, saccheggiandone la dispensa e progettando un viaggio che pare tutto tranne che sicuro: seguendo i segnali mandati dalla Natura, infatti, gli abitanti del Paese perduto pensano sia giunto il momento di tornare per trovare la strada che conduce ad un ingresso segreto alla loro antica capitale e vendicarsi della bestia che segnò la fine della pace.
La chiave del successo del loro apparentemente folle piano pare essere proprio il timoroso hobbit, che una volta partito accanto ai suoi improvvisati compagni si troverà a doversi confrontare con troll, orchi, goblin, vita e morte, il feroce Azog ed una creatura che risponde al nome di Gollum.
"Saruman crede che soltanto un grande potere è in grado di tenere a bada l'oscurità. Io invece ho fiducia nelle piccole cose, nei gesti che rendono importante il quotidiano."Questo, più o meno, afferma Gandalf nel corso del suo confronto con Galadriel - uno dei raccordi con la trilogia de Il signore degli anelli inserito da Peter Jackson in modo da garantirsi in parte il minutaggio necessario a confezionare un secondo terzetto di film, in parte l'affetto del pubblico cinematografico a digiuno dell'opera letteraria di Tolkien -, un passaggio fondamentale per la riuscita di questo Lo hobbit - Un viaggio inaspettato.Perchè se è pur vero che la realizzazione tecnica risulta pazzesca, gli effetti prodigiosi, l'idea di presentare un Cinema che è quanto di più simile a quello della Meraviglia degli esordi della settima arte e degli anni ottanta dominati dallo Spielberg migliore, la forza dell'ultima fatica di Peter Jackson è proprio nelle piccole cose in grado di offuscare, in qualche modo, l'impatto dell'epica di grande respiro e dei paesaggi mozzafiato.Dal malinconico, quasi struggente incipit che vede il ritorno nella Contea con tanto di apparizione speciale del Bilbo invecchiato e di Frodo nel momento appena precedente all'incontro con Gandalf al principio de La compagnia dell'anello alla divertentissima e riuscita sequenza dell'arrivo dei nani con tanto di cena travolgente ed invasione della dimora del disorientato hobbit fino alle perle di saggezza di Gandalf e alla scelta di Bilbo stesso di avere il coraggio di risparmiare una vita, "maggiore di quello necessario a toglierla", questo film pare distrarre lo spettatore con sequenze che sono puro godimento degli occhi - lo scontro tra i giganti di pietra, gli scorci mozzafiato made in New Zealand, il regno di Erebor ed il sopraggiungere di Smaug, un vero e proprio pezzo di bravura dietro la macchina da presa - prima di colpirlo con sequenze apparentemente fuori dal grande coro dei mezzi tecnici come la stupefacente tenzone a suon di indovinelli tra Bilbo e Gollum, di gran lunga il passaggio migliore della pellicola, graziato da un personaggio indimenticabile - sempre Gollum - e da un Andy Serkis in forma che pare addirittura superiore a quella che lo vide sfiorare l'Academy Award con la passata trilogia - un Serkis, tra l'altro, anche responsabile della seconda unità di regia -.Ad impreziosire il tutto, inoltre, richiami perfetti alla precedente saga - che mi hanno fatto tornare alla mente le emozioni provate a ritrovare i protagonisti dei primi tre film di Star Wars nella seconda, pur se meno incisiva, tornata di visioni -, un nemico realizzato e portato in scena alla grande - il terrificante Azog, spietato orco albino interpretato dal Manu Bennett di Spartacus, che sono felicissimo di ritrovare, pur se quasi irriconoscibile, in una produzione di grande respiro internazionale - ed un ritmo che incalza tanto da non fare quasi percepire il "viaggio" di tre ore sfiorate: certo, i detrattori potranno accusare Peter Jackson di aver creato, di fatto, una sorta di omaggio in versione deja-vù de La compagnia dell'anello, nonchè un film che si ha la netta percezione sia stato diluito nella sostanza in modo da raggiungere lo scopo di portare a casa una doppietta simile a quella di Lucas con la sua creatura più famosa - di nuovo Star Wars, se non si fosse inteso -, eppure il godimento provato dal sottoscritto nell'assaporare la sensazione d'autunno - o da fine delle vacanze - impressa dal regista a questa sua serie di pellicole è lo stesso del bambino che, ormai più di vent'anni fa, cercava in Willow o La storia infinita quello che avrebbe potuto trovare qui, e che ora che è cresciuto e quasi padre invidia la generazione attuale che potrà costruire tutti i suoi sogni infantili su uno spettacolo come questo.Perchè se, come spesso tendo a ripetere, il Cinema "è il mezzo del futuro" - per dirla come Scorsese -, è assolutamente vero che alla sua base troviamo la storia - e l'elogio - delle piccole cose, degli hobbit che, usciti dalle loro case accoglienti e calde, sfoderano uno spirito battagliero e passionale degno dei più grandi tra i condottieri, e a dispetto della loro statura o dimensione, finiscono per divenire l'ago della bilancia nelle sorti della Terra di mezzo.Un pò come uno sguardo, un boccone particolarmente buono, un brindisi, la sensazione che tutto possa passare dalle meraviglie invisibili del quotidiano.Gandalf non sbaglia, così come il vecchio stregone di Grosso guaio a Chinatown."E' proprio così che tutto comincia: dal molto piccolo".Furbo, abile, geniale Jackson ad averlo intuito.
MrFord
"Cause we've always known that we belong
and we're better together
if we got our backs against the wall
somehow we survive through it all
knowing I'll be there if you should fall
oh, we're better together, all right, yeah yeah."Journey - "Better together" -
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