Nel 2014 al primo turno il Centro-sinistra raccolto attorno al PD ufficiale non arriva al 40%. E' vero, è nato il M5S, che al primo turno prende il 16,4%, ma la carne non l'ha presa a sinistra, l'ha presa nel centro-destra, che in 5 anni è defunto. I berlusconiani in cinque anni passano dal 28,3% al 7,3%. Sono le loro spoglie che alimentano il M5S, che vince al ballottaggio con i voti dei pentastellati, ai quali si aggiungono non tanto (o non solo) i voti dell'ormai liquefatto PdL/FI, quanto quelli dei fascisti, e di tanta sinistra: quella che non si è innamorata del renzismo.
A Livorno è successo esattamente ciò che le persone di sinistra avevano affermato di voler fare, persino nel nostro sondaggino, che pure aveva superato le 2600 risposte: piuttosto che votare per un PD a guida renzina, una larga fetta di elettori si è spostata verso partiti più a sinistra, verso l'astensione, verso i grillini. Perchè sono grillo/fascisti nel profondo dell'anima? No. Perchè sono resistenti. Perchè come me sono disposti a sopportare un paio d'anno di grillismo (tanto i grilli hanno una inarrestabile propensione al suicidio), piuttosto che vedersi infliggere un altro ventennio di Renzi che è peggio di Berlusconi, e di veline-ministre che di politica capiscono ancora meno - per quanto possa sembrare impossibile - di Brambilla Autoreggenti. Fra le autoreggenti della Brambilla e il "tacco 15 leopardato" della Boschi, sinceramente non saprei cosa scegliere.
Il "Caso Livorno" ha fatto più rumore dei casi delle altre città dove il PD ufficiale ha perso elettori a fiumi solo perchè Livorno è - come Bologna - una città simbolo. Qualcuno ricorda ancora il leader dei macellai bolognersi Guazzaloca? Quanto è durato? Qualcuno a Bologna lo rimpiange ancora? Lo rivoterebbe?
Livorno ha deciso di non voler morire democristiana. Livorno è la città dove "tutto è cominciato", ed è la città del "Vernacoliere". Mai avrebbe potuto accettare una DC di destra camuffata da partito di sinistra.
Ora a Renzi non resta che prendere atto del fatto che, al di la dei leccaculi PD che in Parlamento sono saltati flaianamente "in soccorso del vincitore" (le elezioni potrebbero non tardare, e molti ci tengono a non perdere i trenta milioni di lire al mese più fringe-benefits), il partito è fatto anche da semplici elettori, che non aspirano a prebende di alcun genere, ma semplicemente non vogliono morire democristiani, e non vogliono vent'anni di renzismo dopo aver avuto vent'anni di fascio-berlusconismo. Renzi ne prenda atto, e se ne faccia una ragione. Gli italiani (non tutti) hanno incassato la mancetta. Alcuni saranno grati a Renzi finchè ci sarà la mancetta, non erosa da nuove creatività fiscali; altri della mancetta se ne sbattono i coglioni, la incassano, e un pochino se ne vergognano, pensando a quelle famiglie (1.130.000), dove non c'è alcun reddito al quale aggiungere la mancetta.
Caro Fonzie, dov'è la sorpresa nell'aver perso Livorno, una città abituata a fare a botte con quelli che considerano "i fascisti della Folgore"?
Resta da capire se la cura sia peggiore del male. Io personalmente ho tentato di contribuire alla sconfitta di questa DC guidata da Renzi. Io credo che se le Livorno, anzichè essere state solo Livorno, Potenza, Modena, Pavia, Ascoli, Vercelli, Foligno, Perugia, Spoleto, Terni, Padova (città in cui il PD/DC è franato perdendo da un quarto alla metà degli elettori), fossero state marea, oggi potremmo celebrare la fine del renzismo "in fasce", e "in fascio". Invece dobbiamo sopportare Fonzie che spiega a reti unificate che "abbiamo vinto", e lo spiega mettendo insieme i dati di Livorno e di Castel Volturno (dove il PD renziano è cresciuto del 421%); di Perugia e di Giussano; di Modena e di Chiari; di Pavia e di Mariano Comense; di Perugia e di Seriate. Per piacere...
Resta da annotare il fatto che alcuni "politologi della mutua" si sono meravigliati scoprendo che le perdite maggiori il PD le ha avute nelle "regioni rosse". Ma va??? Mi sarei meravigliato del contrario. Il Veneto Bianco resta dove è sempre stato. Finita la DC propriamente detta ha votato per Berlusconi, e ora vota per Renzi. La Livorno Rossa ha salutato l'arrivo del democristiano Renzi alla maniera del Vernacoliere: con una possente, oscena, fetida, indimenticabile scorreggia: consegnando la città a Grillo e ai fascisti.
In calce, l'analisi di Emiliano Liuzzi, sul "Fatto".
Tafanus.
Livorno si sveglia grillina. Grazie, Renzi
Ballottaggio amministrative 2014, perché Livorno non poteva morire democristiana
Accidenti se Livorno fu comunista, prima del 1921 e dopo la guerra. Forse la più rossa delle città italiane e non è un paradosso che oggi abbia vinto il partito dei Cinque Stelle. E guai a confondere Livorno con Bologna: Bologna è stata per tanti anni l’intreccio di più poteri, la Chiesa, la Massoneria e il Partito, appunto. A Livorno no, ha contato solo il Partito. E hanno contato le genti di Livorno, il sottoproletariato che andava dall’orafo e si faceva fare la catena con la falce e martello. Fatti così. Gente di mare e di forti passioni. Come le libecciate d’inverno.
Nessun obiettivo di spiegare cosa è successo, ma due episodi sì, vanno raccontati. Era il 1960. Nella Livorno comunista, c’erano due fronti contrapposti: quello di una parte dei cittadini esasperati e quello della Folgore che nel nome e nell’insegna, nella baldanza militaresca, evocava un potere antipopolare, ma soprattutto fascista. La caserma della Folgore spezza a metà la città, ma ha sempre vissuto una vita propria recintata dal filo spinato.
Una banale scazzottata per questione di donne fra alcuni parà e un gruppo di ragazzotti degenerò in una battaglia per la leggerezza degli ufficiali che mandarono in libera uscita la truppa. Raccontava Aldo Santini, grande inviato dell’Europeo: “Quando vedemmo avanzare sull’Aurelia un reparto perfettamente inquadrato, con gli scarponi da lancio, intuimmo come sarebbe finita. Male. Non avevamo i telefonini per mettere in guardia la polizia. D’altronde, il questore era già in campana. Il reparto marciò compatto fino in piazza Grande, accolto da fischi e sfottò. Qui, a un ordine, i parà si slacciarono i cinturoni e si aprirono a macchia di leopardo scatenandosi in un’azione di commando. Vetrine infrante, filobus danneggiati, persone travolte. La reazione popolare non si fece attendere. Dalla loro sede sciamarono i portuali che lavoravano ancora a forza di braccia e parevano armadi a quattro ante. Quando i parà giunsero in piazza Cavallotti, dalle finestre presero a piovere conche, vasi di terracotta, bottiglie, pentoloni pieni d’acqua. Fu una battaglia”.
A Roma temettero una sommossa, una rivolta della città contro l’ordine costituito. Finì con una pace firmata in Comune. Da allora i parà portano il basco amaranto, colore della città. Ma continuano a ignorarsi coi livornesi.
L’episodio la dice lunga su cosa sia Livorno. Capace di metabolizzare l’insofferenza e poi esploderla in rabbia, anche fisica. Città generosa, fino all’estremo. Siamo nel 1976, e racconto un altro episodio. Tutti i giornalisti del Telegrafo e i tipografi ricevono dalla sera alla mattina una lettera di licenziamento. Attilio Monti, il petroliere nero o “Cavalier artiglio”, come lo chiamavano, chiuse il giornale. Aveva già la Nazione e il Telegrafo era d’impaccio ai suoi piani. Così lo chiuse. I giornalisti la mattina stessa si costituirono in cooperativa, ma poteva non bastare. Fu il sindaco comunista a requisire, con un atto storico, il giornale. Lo requisì. E fu una rivoluzione. Il Telegrafo che fino al giorno prima vendeva 30.000 copie passò alle 60.000. E accadde perché i livornesi si schierarono a difesa del loro giornale. I portuali, prima di montare di notte, passavano dalla tipografia a prendere le copie che avrebbero venduto sulle banchine.
Violenta, generosa. E comunista. Cosa è rimasto di allora? Quasi tutto. Sono i partiti e i sindaci che sono cambiati attorno alla città. Ma Livorno è la stessa. Un messaggio l’ha lanciato e chiaro: non stiamo con Renzi. Siamo nati comunisti e non moriremo democristiani.
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