E’ una delle grandi questioni che giustifica – o meglio: che si ritiene possa giustificare – un intenso fiorire di pubblicazioni per bambini sul tema, molte delle quali, purtroppo, affrontano l’argomento didascalicamente, ponendosi l’obiettivo di insegnare ai piccoli a non essere gelosi del fratellino o della sorellina appena arrivati.
Ma i bambini non vanno addestrati, devono giungere autonomamente, con il supporto e la guida emotiva degli adulti di riferimento, alle proprie soluzioni, nel rispetto dei differenti momenti di crescita.
Ai nostri figli non possiamo risparmiare le difficoltà. Possiamo invece aiutarli a superarle, in primo luogo mostrando loro che riconosciamo, accettiamo e comprendiamo anche i sentimenti negativi, che siamo in grado di empatizzare con essi, che non abbiamo paura di vedere, e soprattutto sentire, le problematiche dal loro punti di vista.
I libri – che pur non sono medicine – possono aiutare in questo: a far sentire i bambini riconosciuti, a far sì che avvertano un occhiolino che si strizza nella direzione dei loro sentimenti, magari con il sorriso, senza il giudizio e, soprattutto, ponendoli sempre come artefici delle proprie conquiste, senza che, seppure tra le pagine, spunti l’adulto col ditino alzato a mostrare la giusta via.
Gli autori dell’albo “Lo scambio”, recentemente pubblicato da Terre di mezzo, affrontano la delicata questione dei sentimenti di una primogenita nei confronti del nuovo arrivato in famiglia, in maniera molto spassosa e dall’ottica dell’infanzia. Entrambi australiani, la prima, Jan Ormerod, è purtroppo scomparsa dopo essere stata una delle principali autrici e illustratrici per l’infanzia del suo paese, mentre il secondo, Andrew Joyner, è un fumettista da qualche anno dedito anche all’illustrazione per ragazzi.
Pur non conoscendo – ammetto – altre opere dei due autori, noto subito come nell’albo convergano la dimestichezza con i bambini di una figura presumibilmente abituata da tempo ad avere a che fare con il loro universo e l’impronta di un disegnatore che proviene dal mondo del fumetto, con il quale le tavole del libro si imparentano parecchio.
Le immagini, infatti, sono molto vivaci, animate. Ci troviamo in una città di animali antropomorfi che rassomiglia in tutto e per tutto – strade, case, negozi, arredi urbani, segnaletica – alle nostre metropoli.
Gli abitanti, pur appartenendo alle varie razze, più o meno domestiche, camminano su due zampe, vestono abiti moderni, guidano auto, moto e bus, utilizzano tutti i comuni utensili e le loro abitazioni ed esercizi commerciali sono arredati come i nostri ed offrono i medesimi servizi e le stesse comodità.
Il pensiero va subito alla Topolinia (o Paperopoli) di Walt Disney e ai suoi personaggi molto più vicini agli uomini che alle bestiole, così come agli universi di Richard Scarry, affollati di oggetti da nominare, ambienti, mestieri, mezzi di trasporto e tutto ciò che compone la realtà, solo che, anziché essere popolata da persone, lo è da animali bipedi e ben abbigliati.
Carolina è una giovanissima coccodrillina decisa e peperina, lo si comprende dal piglio che subito manifesta nell’affermare il suo punto di vista e le sue emozioni.
La mamma, un’elegante signora coccodrillo, alta e snella, va in brodo di giuggiole per il figlio piccolo e non ci pensa due volte a manifestare l’entusiasmo e la sua tenerezza per lui anche di fronte alla bimba maggiore.
Nell’arco della giornata, infatti, lo elogia più volte per quanto è grazioso – begli occhi gialli, squame verde brillante, artigli affilati – per l’appetito con cui mangia, per la sua dolcezza. Carolina fa da contrappunto piccato ad ogni affermazione materna: il fratellino puzza, sbava, non è divertente ed è perfino ingombrante.
Ma si comprende appieno – anche perché il testo non ne fa nascondimento chiamando le emozioni con il loro nome, e anche più volte – che dietro la sua avversione altro non c’è che un prepotente desiderio di essere lei – anche lei – coccolata dalla mamma, sulle sue ginocchia a ricevere baci affettuosi.
Mi sono domandata, durante la lettura, se non ci fosse, da parte dell’autrice, un critica nei confronti della totale apertura e dell’evidente entusiasmo con cui mamma coccodrillo tesse le lodi del piccolino davanti alla primogenita. Molti genitori credono infatti che si debba far nascondimento dell’affettuosità nei confronti del figlio minore nei primi anni di vita, quando è presente il più grande, per non fomentare la gelosia.
La mia risposta è stata negativa, in accordo con la mia convinzione pedagogica che non si debba celare il sentimento amoroso per il secondogenito, quanto invece si debba essere capaci di non dimenticare i bisogni emotivi del primogenito. I bambini non provano infatti invidia, non temono che l’altro sia più bello e buono di loro in senso assoluto ma soltanto qualora questo confronto – immaginato o percepito – li faccia sentire in competizione per l’amore genitoriale.
E’ la paura di non essere più meritevoli di amore che li destabilizza, è necessario quindi che siano rassicurati in primo luogo su questo piano, come vedremo accadrà alla fine della storia.
La ghiotta occasione per uscire da una situazione frustrante arriva, per Carolina, il giorno in cui la mamma le chiede di badare per qualche minuto al fratellino di fronte al negozio di cappelli nel quale deve entrare per un cambio.
E’ proprio l’idea dello scambio – un cappello che non va per un altro che calzi a pennello – a suggerire alla piccola che, così come si possono trovare abiti e accessori più giusti nel caso il primo tentavo d’acquisto sia stato sbagliato, allo stesso modo può accadere con i fratelli.
Perché quindi non entrare nel vicino locale che porta l’insegna “Il paradiso dei piccoli” e chiedere una sostituzione?
Qui forse alcuni genitori lettori inorridirebbero. Ma la trovata è invece esattamente centrata nella precisa ottica dell’infanzia, calzante emotivamente e psicologicamente, oltre ad essere divertentissima.
Un bambino, soprattutto se piccolo, non ha sviluppato ancora una solida sovrastruttura in grado di contenere appieno l’istintività. Questa manda una spinta emotiva forte che vorrebbe di fatto sbarazzarsi dell’intruso.
Il bambino vive ancora queste due parti, quella completamente esposta all’istinto e quella che comincia a volerlo moderare con mediazioni affettive e razionali, come fortemente in contrasto, in lotta violenta. Allo stesso tempo però il bimbo non vuole sentirsi “cattivo” perché essere cattivo può significare non essere meritevole di amore genitoriale.
Mio figlio, il secondo, verbalizzava molto efficacemente: “Ho paura che un bambino cattivo si impossessa di me e fa del male al fratellino”(il terzo) per esprimere questa dura battaglia interiore spostandola su un’entità altra che portasse tutta la negatività lasciando a lui soltanto la parte buona, amabile ed accettabile.
Ma di fatto tutti i secondogeniti vorrebbero, con una parte di sé, scambiare il fratellino o la sorellina, o meglio riportarli al mittente. Questo ovviamente non significa che lo faranno, ma semplicemente che noi genitori abbiamo il compito di accettare, contenere e moderare affettivamente questa duplicità, che per i piccoli è dolorosa e fonte di paure e fantasmi.
Il proprietario del negozio non fa una piega di fronte alla richiesta di Carolina – tra l’altro le etichette che fin dalla prima pagina penzolano dalle zampette di alcuni cuccioli ci fanno immaginare che questi arrivino nelle famiglie anche per vie commerciali – e propone alla coccodrillina alcune sostituzioni.
E’ interessante notare come nell’esaminare alcuni possibili candidati allo scambio, la piccola si preoccupi sempre di verificare se le caratteristiche di questi siano più o meno conformi alle preferenze materne.
Questo conforta la mia prima intuizione: non sono le qualità del fratellino ad impensierire Carolina quanto la sottrazione dell’amore materno. E’ importante quindi che l’eventuale sostituto, in primo luogo, piaccia alla mamma, perché è della sua approvazione che la piccola ha bisogno. Il suo gesto non è né di vendetta né di rivalsa, semplicemente teso ad accontentare, se possibile, tutti.
Ma nessuno dei cuccioli offerti dal volenteroso signor capra soddisfa le esigenze di Carolina. Anzi, ognuno di loro, alla prova dei fatti, si rivela un disastro e, col suo comportamento, invece di “calzare a pennello” alla sorella, pare dar valore ad una delle caratteristiche che erano state rifiutate nel legittimo fratellino.
Alla fine, stremata, la piccola non potrà che accettare con gioia l’ultima offerta del paziente gestore: un tenero coccodrillo di seconda mano ma ancora in ottime condizioni, che ostenta un adorabile musetto sorridente, squame verde e occhi gialli e, per giunta, ha appena messo il suo primo dentino.
Carolina e fratellino, come se nulla fosse accaduto, si troveranno, diligenti e puntuali, davanti al negozio di cappelli al momento dell’uscita della mamma, la quale, ritrovandoli entrambi compiti e sereni, finalmente loderà a gran voce la figlioletta, ponendola al primo posto nella manifestazione del suo apprezzamento e della sua affettuosità. Colmando quindi il legittimo bisogno della bambina.
A mio parere si traviserebbe l’albo qualora si asserisse che esso voglia insegnare ai bambini qualcosa come la riconoscenza per ciò che hanno, o la giusta valutazione delle virtù dei propri fratelli.
L’avventura dello scambio è una creazione narrativa divertente per far sentire i bambini accettati e visti nei lori istinti e bisogni, per farli ridere in maniera liberatoria, per suscitare, anche grazie alla sorridente tenerezza ispirata dalle immagini, emozioni affettivamente coinvolgenti e rassicuranti.
D’altra parte, se escludiamo il signor capra, il quale appare però un comprimario molto discreto e accomodante (un perfetto commesso!), non ci sono adulti che intervengono attivamente ad indicare soluzioni alla protagonista. E’ ella stessa a sperimentare le soluzioni che immagina.
E insieme a lei sono i piccoli lettori che prima si riconosceranno nell’angoscia e nella frustrazione di non essere “visti” dalla mamma, poi proveranno il piacere di attribuire ad altri, ad un personaggio dei libri, il gesto desiderato di scambiare il fratello, poi ancora si divertiranno con i buffi fallimenti dello scambio, che stemperano la paura, che sotto sotto proveranno, di perdere davvero il fratellino.
Il sollievo del ricongiungimento finale sarà pieno, perché sancirà la vittoria della “parte buona”, quella che non vuole fare male al secondogenito ma che, per risaltare ed essere scelta, ha bisogno che anche l’altra parte sia compresa e riconosciuta.
Ma il processo è tutto nella mente e nel cuore dell’infanzia e il ruolo dell’adulto è solo quello finale, di dare amore e gratificazione, inconsapevole e incurante del dramma che nel frattempo si è consumato e risolto.
Un albo dal contenuto tutt’altro che leggero ma particolarmente efficace grazie alla veste scanzonata, alla trama spassosa e alla gustosità delle animate illustrazioni, le quali mutano dal fumetto, oltre che la briosità e il movimento, anche l’espressività dei volti e delle posture dei personaggi (su alcune immagini verrebbe proprio da disegnare un baloon).
Deliziosi i tanti particolari delle scene, da osservare e ri-osservare, per cogliere o immaginare un gran numero di narrazioni parallele.
(età consigliata: dai 4 anni)
Se il libro ti piace, puoi comprarlo qui: Lo scambio