Caro direttore,
leggo della mostra "4 Ways" di recente apertura a Palazzo Te e desideravo sottoporLe alcune riflessioni. Premetto di aver sempre ritenuto le collaborazioni pubblico-privato una via felice nella promozione culturale e nella vivificazione/valorizzazione di spazi espositivi pubblici altrimenti inutilizzati, ancor più in un momento economicamente difficile come quello che stiamo vivendo. Ciò, però, dovrebbe avvenire almeno senza gravare di un centesimo sul bilancio dell'ente, soprattutto se economicamente dissestato come il Centro, e non, come nel caso di questa mostra, addirittura rappresentando un costo. La mia esperienza in merito m'insegna che qualunque realtà privata è interessata ad organizzare eventi pubblici anche solo in cambio della sola disponibilità degli spazi, soprattutto se prestigiosi come quelli in oggetto, accollandosi OGNI costo. Lo scorso anno, ad esempio immediato e ravvicinato, la grande mostra del pittore Massimo Giannoni presso il Palazzo della Ragione, in occasione del Festival Letteratura, è stata organizzata e pagata interamente da una galleria privata di Roma, non gravando in alcun modo sul bilancio comunale. Quello che sta avvenendo a Palazzo Te, oltretutto in favore di una galleria privata (Italian Factory e la sua controllata First Gallery di Roma) con la quale il presidente ha intrattenuto ed evidentemente intrattiene rapporti di lavoro personali, delinea un inaccettabile e arrogante conflitto d'interessi che non può e non deve lasciare indifferenti. Lasciando un attimo in disparte i rapporti economici del presidente (che sarà stato ovviamente remunerato da suddetta galleria per le proprie passate prestazioni di "curatore"), come si può accettare che un ente pubblico, pagato con denari pubblici ed oltretutto gravato di un poco invidiabile passivo di bilancio, si accolli ulteriori spese "a fondo perduto" per la realizzazione di una mostra a beneficio suprattutto della galleria privata che gestisce il mercato degli artisti coinvolti? E guarda caso questa "beneficenza" è indirizzata proprio a favore dell'unica galleria privata italiana che ha permesso in passato al presidente di fregiarsi di un improvviso quanto improvvisato titolo di "curatore": il sospetto di un do ut des, come vede, appare tutt'altro che infondato. Io credo che sarebbe stato meglio e decisamente più consono utilizzare i propri eventuali contatti e le proprie conoscenze per convogliare su Palazzo Te realtà private in grado di fornire progetti realmente a costo zero, se non portatori di fondi per il Centro, ad esempio affittando gli spazi a prezzi competitivi, così come avviene altrove. Continuo a non vedere nel comportamento e nelle scelte del presidente Crespi alcuna azione atta al bene ed agli interessi del Centro Internazionale di Palazzo Te. Viceversa continuo ad osservare azioni in continuità con un ben noto e triste passato, vedasi l'esempio del MaGa di Gallarate, lasciato da Crespi con una voragine di disavanzo dopo poco più di due anni di "gestione", caratterizzato da scelte arbitrarie ed arroganti sempre in odore di personalismi oggi fuori tempo massimo.Il presidente, poi e manifestando una coda di paglia difficilmente eludibile, ha messo le mani avanti dichiarando che qualche "critico" avrebbe definito questa mostra una "marchetta": excusatio non petita, accusatio manifesta?