Magazine Cinema
Il cinema di Antonio Pietrangeli è rigoroso, implacabile. Non lascia scampo. Si ride, a denti stretti, e, nei suoi momenti migliori, per chi scrive "Adua e le compagne", "Io La Conoscevo Bene" e "La Visita", dietro il sorriso rassicurante, si nasconde un pozzo nero, nerissimo. Così come Alberto Sordi dietro la figura di playboy smargiasso e cazzaro, nasconde un'anima vigliacca e insicura che ben si adatta al parterre di personaggi italici facenti parte della galleria di ritratti sordiana.
Nessuno spreco di pellicola da queste parti. Non un movimento di macchina, un espressione, una battuta in più rispetto all'economia del narrato. Pietrangeli punta la cinepresa sul Dott./Rag. Paolo Albiero fin dall'incipit e non lo molla per tutto quanto il metraggio, lasciando che i personaggi/satelliti secondari gravitino attorno al protagonista principale, indefesso scapolo che per egoismo e paura di ritrovarsi solo, decide improvvisamente di "mettere la testa a partito" e trovarsi moglie.
Uno sguardo impietoso, quello di Pietrangeli. Dall'ostentata arroganza e sicurezza dei primi minuti di girato, si procede a smantellare minuziosamente la corazza del Sordi/personaggio, fino a svuotarlo completamente di ogni fascino e carisma, per lasciare posto ad un individuo patetico, financo spaventato dal parterre femminile che lo circonda. Quasi una costruzione episodica, la sceneggiatura di Sandro Continenza, Ruggero Maccari, Ettore Scola e Pietrangeli stesso, che procede per accumulo di siparietti dedicati alle avventure amorose del nostro, alla ricerca dell'anima gemella, non per intima convinzione ma sembra quasi per noia e malcelato male di vivere; magnifica tutta la sequenza del corteggiamento ai danni della stiratrice Anna (la bella Pina Bottin, già avvistata ne "Il Seduttore" [1954] di Franco Rossi) fanciulla ingenua ed estroversa (immortale il commento di un giovane passante quando la vede avvolta in un abitino non proprio sobrio "Ahò, che è 'na poltrona?") che Sordi/Albiero farà finta di non conoscere quando la stessa, importunata da alcuni ragazzi a bordo del bus, lo chiamerà a gran voce in cerca di aiuto. Il Buon ragioniere, da par suo, non potrà fare altro che ignorarla e scappare dal mezzo, scena che riassume perfettamente il tono e gli intenti del duo Sordi/Pietrangeli, con cinepresa fissata sull'autobus in partenza che si allontana lasciando il protagonista solo sul marciapiede.
Grande Sordi. Non c'è nemmeno il bisogno di dirlo. Con quella faccia poteva fare qualsiasi cosa.
Diceva, il Sommo, a Giancarlo Governi:
"All'inizio non avevo neppure la faccia da comico. Si può dire che la faccia da comico mi sia venuta dopo, perchè il pubblico, divertendosi con i miei film, ha finito per considerarla comica".
"Ricordo che quando presentammo il copione del film "Il Marito", il produttore Rizzoli ci sottopose, (Rodolfo) Sonego e me, all'umiliazione di una pubblica lettura davanti ad un gruppo di suoi amici incompetenti che dovevano giudicare la comicità della nostra proposta. Risero soltanto all'inizio, quando lessi il titolo, il resto della lettura continuò in un silenzio glaciale e imbarazzante. Rizzoli, comunque, nonostante il parere negativo dei suoi amici, il film lo fece lo stesso perchè sapeva che io avevo sempre successo e i miei film incassavano sempre moltissimo."
E ancora sui suoi esordi ("Scipione L'Africano" di Carmine Gallone):
"Ci radunavano alle quattro del mattino a Piazza Tuscolo. Alle cinque i camion ci portavano fuori Roma, nei prati dove avevano costruito gli accampamenti dove si giravano le scene di massa. A mezzogiorno ci davano uno sfilatino con la mortadella e alla sera alle nove ci congedavano. Quelli che avevano ancora un pò di forze potevano trattenersi per il turno di notte e prendere doppia paga (venti lire anzichè dieci) perchè la lavorazione avveniva a ciclo continuo, ventiquatt'ore su ventiquattro. Dieci lire erano una misera paga, ma a quell'epoca risolvevano il programma di una giornata di un ragazzo".
Un Sordi giovane, in questo ambito, già perfettamente padrone della scena che alterna tipici suoi vezzi attoriali ("E basta, rigazzino cò 'sta scopetta", durante la scena dal barbiere) a momenti in cui sono i mezzi toni a dare l'impronta più convincente e memorabile al personaggio, vedi il lungo prefinale con l'amica Carla (Madeleine Fischer, attrice di origini svizzere, che mi pare prese parte ad un oscuro oggetto come "La Morte viene dallo spazio", 1958 di Paolo Heusch, il regista di "Lycantrophus" [1961]) in lacrime perchè offesa dal comportamento irrispettoso tenuto da Albiero nei suoi confronti. Il ragioniere, sempre e comunque solo, più che innamorato, timoroso di restare al palo, costretto a vivere come un vecchio in una pensioncina, concupito pure dalla non più giovane proprietaria, non può fare altro che scegliere il male minore e convolare a nozze con la bella Carla, sua cliente, tanto per non farsi mancare niente, nell'epilogo che suona tutto tranne come inno al romanticume e alla felicità matrimoniale.
Ottimo film, godibile a tutt'oggi, lontano dalle caricature grottesche e surreali del Sordi più famoso e apprezzato, che la cura nella messa in scena di Pietrangeli (qui al suo terzo film contando pure l'episodio "Girandola" nell'antologico "Amori di Mezzo Secolo", 1953 Pietro Germi, Glauco Pellegrini, Mario Chiari, Roberto Rossellini), trasforma in una commedia profondamente malinconica nonostante il ritratto brillante di scapolo italiano avanti sui tempi dipinto all'inizio. Al solito, contorno di nomi e nomini cari agli amanti della commedia italica di "alto lignaggio", Andrea Scotti, Rossana Podestà, Sandra Milo, nel ruolo della hostess "sedotta e abbandonata" da Sordi, un giovane Nino Manfredi nel ruolo del futuro cognato di Paolo, che corromperà pur di convincerlo a sposare la sorella. Elvira Tonelli interpreta la mamma di Sordi, mentre si segnala un cameo non accreditato di Virna Lisi. Fotografia di Gianni di Venanzio, montaggio di Eraldo Da Roma, musiche del Maestro Angelo Francesco Lavagnino.
Impossibile non citare la presenza di Abbe Lane, magnifica cantante/attrice molto attiva in Italia in quel particolare periodo storico. Bando alla ciance, ecco la pagina Wiki dedicata alla splendida Abbe:
Abbe Lane (nome d'arte di Abigail Francine Lassman; New York, 14 dicembre 1932) è una cantante e attrice che è stata in auge soprattutto negli anni cinquanta e sessanta.
Come personaggio della televisione le è stata dedicata una stella dell'Hollywood Walk of Fame al 6381 di Hollywood Boulevard.
Nata nel quartiere di Brooklyn in una famiglia di religione ebraica, mosse ancora bambina i primi passi nel mondo dello spettacolo come attrice di radio, riuscendo poi ad imporsi come cantante e ballerina a Broadway.
Giovanissima (aveva solo diciannove anni), si sposò nel 1952 con il musicista e direttore d'orchestra spagnolo, cubano d'adozione, Xavier Cugat (che compare nel film), la cui influenza è stata evidente nella produzione musicale dell'attrice-cantante, costituita prevalentemente da ritmi latino-americani come il mambo, il cha cha cha e la rumba. I due si separarono nel 1964. Nel 1965 si risposò con l'Avvocato Perry Left.
Carriera di attrice negli Stati Uniti
Negli Stati Uniti ha partecipato a numerosi spettacoli televisivi fra cui Toast of the Town, recitando anche in ruoli secondari per serie tv qualiThe Flying Nun, The Brady Bunch o Hart to Hart and Vegas.
Carriera di attrice in Italia
Affermatasi come femme fatale, ebbe grande popolarità in Italia, dove partecipò, fin dal 1955, generalmente in coppia con suo marito, ad alcuni show televisivi di successo (Casa Cugat, Giocondo ecc.) e recitò in diversi film, come Totò, Vittorio e la Dottoressa (1957), con Totò e Vittorio De Sica, e come Totò, Eva e il pennello proibito (1959). In quegli anni raccolse, accanto ai consensi del pubblico maschile, anche qualche critica per la sensualità prorompente che esprimeva, considerata eccessiva per i costumi dell'epoca. Sempre in Italia, insieme a Xavier Cugat, Abbe Lane fu nel 1960 partner di Corrado nel programma televisivo Controcanale, scritto da Guglielmo Zucconi per la regia di Vito Molinari; fu, anche, interprete di I Love New York, brano composto da Victor Bach, sigla di chiusura del programma televisivo Te la do io l'america condotto nella primavera 1981 da Beppe Grillo, Abbe Lane ha fatto la sua rentrée alla televisione italiana nell'ottobre 2008, partecipando come ospite d'onore alla quinta puntata della trasmissione di Rai 1 Tutti pazzi per la tele, condotta da Antonella Clerici e Carlo Pistarino (e va bè).
Ah, buona visione. Che ve lo dico a fare.Belushi
Robydick:
non bellissimi per qualità i frame, mi spiace, ma come ricordo sono sufficienti
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