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Con ogni probabilità, MacKenzie e McAvoy inorridirebbero al vedere questo film.
Anzi, sicuramente, visto come i media sono presentati ne Lo Sciacallo, come i telegiornali trasmessi sono decisamente all'opposto rispetto a quello che il duo nella serie The Newsroom si sono tanto prodigati dal realizzare.
E con ogni probabilità, pure il bel Jake Gyllenhaal inorridirebbe al vedersi così smunto e smagrito nei panni di Lou Bloom.
Anzi, forse neanche troppo viste le incredibili trasformazioni fisiche a cui Jake ci ha abituato e ci abituerà, e visto che più che a guardare il suo cambiamento, rimaniamo ipnotizzanti prima dagli occhi glaciali, subito dopo dalla sua prova di recitazione strepitosa.
Già, chi pensava che il suo astro con Prince of Persia fosse in discesa, ha potuto ricredersi grazie a una serie di film (Prisoners, l'ancora non distribuito Enemy) in cui l'attore ha dimostrato a tutti le sue doti.
E qui, lo fa in modo pazzesco.
Qui, ci affascina e ci seduce, con i fatti e con le parole, mostrandosi fin da subito spietato, capace di imparare alla svelta e fregare la gente per un orologio, per dei pezzi di rame o per una rete di protezione.
Ma questa è poca cosa per uno con il cervello di Lou.
C'è bisogno di altro per dargli soddisfazione, per far scattare la scintilla, lo si vede dal suo sguardo che contrattare con rivenditori e costruttori non è abbastanza.
E allora la fortuna gli viene incontro, il destino mette sulla sua strada un incidente, e una troupe freelance che si avventa come un avvoltoio, come uno sciacallo, sulla vittima e sui soccorritori, riprendendo il tutto, correndo poi subito via in modo da rivendere il filmato a un TG del mattino che con un servizio d'impatto contornato da sangue e violenza, ci marcerà un'intera giornata.
E' fatta.
Lou capisce come cambiare la sua vita, la scintilla scatta, il suo sguardo si fa assetato.
In poche notti impara i trucchi del mestiere, controlla traffico, trova un copilota e assistente da sfruttare, e soprattutto stringe un accordo (verbale ma lucroso) con Nina, che mette subito in chiaro quali sono i fatti che più interessano al suo notiziario: incidenti e rapine, possibilmente con sangue e violenza, a danni di bianchi, compiute da immigrati.
Questo si vende, questo fa notizia.
La scalata al successo di Lou è al limite del legale, anzi, il suo voyeurismo diventa ossessivo, la cura maniacale per i dettagli lo spinge ben oltre la morale e l'etica, portandolo infine, in prima persona, coinvolto.
Noi con lui finiamo in questo vortice in cui chiediamo di più, in cui ci esaltiamo per le folli corse nel traffico losangelino, in cui godiamo -come Nina- della sua scalata, lo odiamo, certo, ma lo invidiamo.
Lou ha fatto i soldi, li ha fatti ai danni di vittime inconsapevoli, di colleghi, pure, ma ce li ha, è riuscito a cambiare la sua vita in poche notti.
E quel suo sguardo folle ce lo ricorda costantemente, salvo poi essere oscurato da parole forbite, da discorsi logici che nulla hanno da invidiare a Jordan Belfort.
Lo Sciacallo funziona così come perfetto film di critica a una società sempre più alla ricerca di circenses e non di panem con cui sfamare laggente, ma anche come film thriller e di azione, dosando sapientemente l'ottima colonna sonora fracassona ai silenzi, facendo salire il pathos in un finale che tiene con il fiato sospeso.
Non poca cosa se dietro la macchina da presa c'è un esordiente, c'è quel Dan Gilroy che arriva dalle sceneggiature ma che riesce a far brillare un cast di poco noti e a rendere Los Angeles patinata e palpabile, con una sapiente fotografia dai colori saturi.
E anche se tutto a livello tecnico funziona, quello che davvero rende Lo Sciacallo un film da vedere, è Gyllenhaal, è il suo sguardo, il suo urlo, la sua bravura.
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