Magazine Cultura

Lo sciopero è roba da ricchi

Da Danielevecchiotti @danivecchiotti

Gentilissima Signora Susanna Camusso,

mi sarebbe piaciuto moltissimo, oggi, aderire allo sciopero generale che si promette di paralizzare una consistente fetta di Italia per portare alla luce il crescente malcontento dei cittadini di fronte all’immobilismo, all’inettitudine, e alla scelleratezza dei nostri governanti.
Da appassionato degli anni ’70 e dell’atmosfera culturale e politica che in quel seppur complessissimo periodo si respirava, sarei stato perfettamente a mio agio, nella folla di una manifestazione che cerca una nuova unità in nome della difesa dei diritti e della voglia di costruire tutti insieme un futuro migliore.
Avrei insomma voluto partecipare, fare qualcosa anche io, per provare a dare un po’ di ossigeno a questo nostro paese asmatico, agonizzante, appiattito nei suoi desideri più belli e nelle sue speranze.

Ma, purtroppo, per me e per una folta schiera di miei coetanei (senza parlare dei ragazzi più giovani di noi) lo sciopero è un lusso insostenibile. Scioperare significa – per quei quattro fortunati che hanno un lavoro a tempo indeterminato – vedersi detrarre un’intera giornata dalla già risicatissima busta paga. E per tutti gli altri, quarantenni con contratti di apprendistato e collaborazioni precarie, può voler dire non essere sicuri di trovare ancora una sedia dove sedersi recandosi al lavoro l’indomani.
Scendere in piazza ha insomma gli stessi effetti collaterali che su un reddito basso può avere quello di cedere al capriccio di una serata al ristorante o di un abito più costoso del previsto: regala un brivido di piacere, fa bene allo spirito e aiuta a sentirsi ancora affezionati a se stessi, ma spesso è un’attività fuori budget che solo chi ancora gode di certi privilegi può permettersi.

Non mi fraintenda la prego: ben vengano gli scioperi e le proteste sotto ogni forma. Ma mi sembra decisamente anacronistico pensare che siano ancora lo strumento che erano quarant’anni fa, e che da soli bastino a dare la sveglia a una classe politica certo non sensibile all’eventuale disservizio di treni o autobus.

In tempi di precariato globale e stipendi da fame, anche lo sciopero è diventato roba da ricchi. E, visto che difficilmente aderendo alla manifestazione si avrà accesso a condoni fiscali o rientri di capitali dall’estero, credo che si debbano rivedere i parametri fondamentali della protesta di popolo.


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Magazines