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Lo sguardo dell’altro

Da Paultemplar

Lo sguardo dell’altro

Lo sguardo dell’altro

“Era più di un anno che non ti prendevo in mano, caro diario; era stato il mio analista a chiedermi di confidarmi con te….”
Begonia (Begona con la cedilla in spagnolo) annota su un diario le sue esperienze, affidando alla carta e poi ad un traduttore che proietta anche imagini su una parete quello che è il suo pensiero interiore.
In effetti come la stessa donna annota, essa non ha alcuna voglia di conoscersi, come suggerito dall’analista quanto di farsi conoscere.
Begonia vorrebbe vivere libera da condizionamenti seguendo l’istinto, vivendo quindi una vita viscerale e senza limiti.
Ma come racconta, la testa le impedisce di attuare tutto ciò che sente:  “vorrei essere una vacca, piuttosto che una donna”, dice in un impeto di ribellione verso le convenzioni, verso i tabù e l’educazione che ne mortificano la libertà e le riducono fortemente il raggio d’azione.

Lo sguardo dell’altro

Lo sguardo dell’altroLaura Morante

Apprendiamo tutto ciò nei primi minuti del film, che anticipano in qualche modo le azioni della donna, giustificandone i successivi comportamenti.
Nella vita di Begonia sfilano così uomini disparati e apparentemente poco interessati al suo io, quello che l’analista le consiglia di cercare con insistenza; la donna percorre così quasi in maniera incorporea una strada fatta di incontri casuali, come quello con Elio che da vero lupo solitario la immerge in atmosfere torbide e malsane, portandola in giro per accoppiamenti sessuali che in qualche modo appagano la donna fisicamente ma che le lasciano comunque un vuoto incolmabile a livello affettivo.
Una galleria di volti anonimi, di persone vuote che sembrano simulacri di esseri umani agitati da istinti bassi e abietti; come Ignazio, pittore di strani ritratti a sfondo psicanalitico che la coinvolge in pose al limite dello scabroso, come l’ex compagno di studi Santiago, che la coinvolge in festini hard.

Lo sguardo dell’altro

E poi Daniel, un giovane ben diverso dagli uomini che frequenta, un pò poeta e un pò idealista, che la corteggia sfoggiando sentimenti veri e autentici e che alla fine riesce a convincerla a compiere un passo che Begonia non vorrebbe fare ovvero sposarsi.
Begonia è incerta, titubante: lei è una ribelle per certi versi.
E’ la donna che durante il pranzo con la sua famiglia , mentre sua madre esalta il ruolo del marito appena scomparso dipingendolo come un uomo dalla sana moralità fedele e dedito alla famiglia, contesta tutto ricordando che suo padre è morto tra le braccia dell’amante durante un amplesso.
Può una donna così cambiare radicalmente la sua vita, violentare i propri principi e trasformarsi in una moglie, vivere quindi una realtà “normale”?

Begonia ci prova, ma prima del matrimonio viene stuprata e durante l’atto resta incinta.
Sposa lo stesso il buon Daniel, ma inspiegabilmente torna dai suoi stupratori, sconvolgendo Daniel che la abbandona.
Begonia resta sola così con sua figlia: è una donna di nuovo libera, ma fino a che punto?
Lo sguardo dell’altro, film diretto da Vicente Aranda nel 1996 è un film ambiguo.
Forse più inconsistente che ambiguo.
Non è una differenza da poco.

Perchè Aranda mostra un ritratto di donna in chiaroscuro in cui prevale nettamente la parte oscura, una donna che in nome di una libertà confusa sceglie di riscattarsi dai dubbi esistenziali, dalle angosce quotidiane, dal famoso “chi sono, da dove vengo, dove vado” infilandosi nei letti di chiunque, in una schizofrenica quanto inconcludente ricerca che la porterà alla fine ad essere sola come in partenza, anzi, più sola.
Perchè quella figlia che lei culla sul finale del film è l’unica nota positiva che ha ricavato fino a quel punto.
Ma è figlia di uno stupro, che lei ha subìto e sùbito dopo rivendicato quasi fosse un’esperienza positiva, e che invece l’ha privata dell’unico uomo che avrebbe potuto frenare quel suo inconscio essere autodistruttiva.
Il maggior limite del film sta proprio in questa contraddizione.

Begonia è un essere incomprensibile, schizofrenico, agitato da mari tempestosi senza che venga spiegato il perchè di queste sue pulsioni.
E’ anticonformista, è vero, ma è anche borghese e convenzionale.
Il suo tentativo di liberarsi, di esprimere se stessa non attraverso un diario che in realtà dovrebbe avere lo scopo di aiutarla a conoscersi, ma attraverso esperienze estreme, in cui la donna appare vittima e carnefice in un ruolo però non subìto ma cercato, finisce per perdersi dietro un’inestricabile sequela di avventure sessuali che non possono in alcun modo aiutare a crescere.

Begonia usa il suo corpo come uno strumento, poi come uno specchietto per le allodole, ricavando sempre e solo un risultato, ovvero una solitudine infinita.
Allora che senso ha l’agitarsi e il dimenarsi nei letti, lo sperimentare il sesso estremo se fin dal primo incontro appare chiaro che lei dona un qualcosa che gli uomini accettanno volentieri ma che ricambiano in fin dei conti con una mancanza di rispetto assoluta per la sua persona, per il suo pensiero, per il suo essere?
Begonia è una donna intelligente ma appare come un essere uterino, guidato quindi solo da pulsioni sessuali che utilizza per sedurre, attrarre, senza però alla fine ricavarne nulla di tangibile.
Il grande equivoco e il grande limite del film in sostanza è questo.

I borghesi sono tali perchè non sono afflitti dai problemi della gente comune, impegnata nella sopravvivenza quotidiana e alle prese con problemi più tangibili e immediati.
I borghesi hanno il superfluo, quindi si crogiolano come lucertole al sole in dinamiche incomprensibili, i pistolotti mentali che alla fine irritano chi non condivide quei problemi, diciamolo pure, assurdi e inutili.
Begonia quindi diventa una donna insoddisfatta della propria condizione che si ribella alla stessa grazie ai privilegi di cui gode, il lavoro, la famiglia borghese, la libertà individuale.
Che non ha dovuto conquistare, ma che le appartiene in virtù del ceto sociale di appartenenza.
E’ la donna a cui la vita non ha negato nulla: difatti non cerca se stessa, come l’intellettuale disperato che non riesce a trovare il filo d’Arianna della logica dell’esistenza.

No, è soltanto una donna che gode delle proprie pulsioni, edonistica e ninfomane.
Un personaggio negativo in toto, che lo spettatore del film finisce per detestare man mano che la pellicola si contorce su se stessa, sfociando in momenti assolutamente da dimenticare, quali le risate durante il matrimonio o la resa visiva della sessualità della donna, che in fondo sembra essere davvero l’obiettivo di Aranda.
Ovvero, usando parole povere, una cartina di tornasole per giustificare il bel corpo nudo di Laura Morante esposto in tutti i modi.
Lei, Laura, da corpo ad un personaggio indimenticabile in senso negativo.
Antipatica, spocchiosa, finisce per caratterizzare tutte le lacune del personaggio amplificandole oltre modo e dando vita ad una interpetazione schizoide, che finisce per guastare ancor di più il poco di buono che si recepisce quà e là.
Peccato, perchè la Morante è non sola bella, ma anche decisamente al di sopra di quanto mostrato nel film.
Sconsiglio caldamente la visione di questo film che è opera masturbatoria sia a livello psicologico che visivo.

Un’operazione fintamente intellettuale che innervosisce proprio per la sua pretestuosità e per il messaggio falsamente libertario che vuole trasmettere.
Lo sguardo dell’altro, un film di Vicente Aranda. Con Laura Morante, Miguel Bosè, José Coronado Titolo originale La mirada del otro. Commedia, durata 104 min. – Spagna 1997.

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Laura Morante   …    Begonia
Blanca Apilánez   …    Isabel
Alicia Bogo   …    Clara
Miguel Bosé   …    Santiago
Alonso Caparrós   …    Luciano
Berta Casals   …    Ragazza
Miguel Cazorla   …    Ragazzo
José Coronado   …    Elio
Miguel Ángel García   …    Daniel
Paz Gómez
Sancho Gracia   …    Ignacio
Pedro Miguel Martínez   …    Luis
Ana Obregón   …    Marian
Juanjo Puigcorbé   …    Ramon
Tema Sandoval   …    Yuyi
Nuria Solé   …    Moglie di Luis
María Jesús Valdés   …    Madre

 

Lo sguardo dell’altro

Regista:Vicente Aranda
Sceneggiatori: Álvaro del Amo, Vicente Aranda
Prodotto da Andrés Vicente Gómez e Carmen Martínez
Musiche originali : José Nieto
Fotografia : Flavio Martínez Labiano
Montaggio :Teresa Font
Costumi :Alberto Luna

Le recensioni appartengono al sito www.davinotti.com

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Lo sguardo dell’altro

Avvincente film che lega un erotismo elegante ad una fantasia spolverata di fantascientifico. Splendida Laura Morante in ottima forma (in tutti i sensi). Devo dire di non aver mai amato il cinema spagnolo, ma in questa pellicola si viene piacevolmente sorpresi dalla scorrevolezza d’impianto che cancella la velata noia di una sceneggiatura un po’ sciocchina sul “doppio cosmico”; l’erotismo è calibrato, pensato alla francese, ma anche molto crudo ed esplicito. Tutto sommato un buon film.

Un film erotico d’autore caratterizzato da un’ottima regia e da ottime interpretazioni, tra le quali spicca quella di Laura Morante che con il suo lavoro ha dato vita ad una donna conturbante dall’animo peccaminoso: Begonia, scabrosa e desiderosa di uomini e ossessionata da questi. Crudo quanto basta per eccitarti.

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