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Lo slancio dell’Azerbaijan verso l’Europa. E la ferita del Nagorno Karabakh. Intervista all’Ambasciatore Sadiqov

Creato il 22 gennaio 2014 da Giacomo Dolzani @giacomodolzani

vaqif_sadiqovdi Giacomo Dolzani, Enrico Oliari, Ehsan Soltani

Il suo nome, Azerbaijan, risuona lontano nello spazio e nel tempo. Tuttavia l’economia in crescita, le forniture energetiche, gli scambi commerciali e lo slancio culturale portano il paese caucasico vicino, vicinissimo all’Italia e all’Europa, fino a farne un ponte naturale nell’area, un terreno appetibile per chi crede nella ricetta del dinamismo e per chi è alla ricerca di nuove, immense, potenzialità.
Cresce, l’Azerbaijan di oggi, con i suoi 10 milioni di abitanti, le immense riserve petrolifere ed un indice Isu (Indice sviluppo umano) alto. E soffre, a distanza di vent’anni, la sottrazione forzosa del Nagorno Karabakh e delle sette province circostanti, i soprusi, la pulizia etnica ed il dramma dei profughi, una ferita aperta dovuta all’aggressione armena ma destinata, col tempo, ad essere richiusa.

Notizie Geopolitiche ne ha parlato con Vaqif Sadiqov, Ambasciatore di Baku in Italia, già viceministro degli Esteri ed Ambasciatore in Austria, il quale, in merito al recente viaggio del ministro Emma Bonino e del suo vice Marta Dassù, ha spiegato che “sono state stipulate importanti intese relative alla costruzione del gasdotto Tap, che porterà il gas azero in Italia”. “La stesura degli accordi di oggi – ha spiegato il diplomatico – sono il risultato di cinque anni di duro lavoro e rappresentano un vantaggio per l’Italia e per l’Europa intera. Nel 2019 il gas azero arriverà da Baku in Italia, con una capacità prevista di 10 miliardi di metri cubi, che arriveranno successivamente a 20-25”.

Sadiqov, che ha fatto anche notare gli importanti incontri avuti fra la delegazione italiana e le autorità dell’Azerbaijan in vista della presidenza di turno dell’Unione europea della seconda parte dell’anno in corso, ha giustamente sottolineato che il Paese caucasico “rappresenterà, vista la situazione di instabilità della Libia e dell’Arabia Saudita, una sorta di garanzia sull’approvvigionamento energetico e quindi verrà ad essere uno dei principali esportatori di gas nell’Unione europea stessa”.

Nel quadro sovra esposto, l’Ambasciatore ha osservato che “l’Armenia è stata tagliata fuori dal progetto: non si tratta solo di vedere negli armeni dei nemici o di essere in cattivi rapporti, bensì va tenuto presente che Erevan ha occupato con la forza il 20 per cento del territorio azero, ovvero 14mila kmq”.
Infatti a partire dal 1992, in seguito ad un sanguinoso conflitto ed a una serie di violenze sulla popolazione fino ad arrivare ad una vera e propria pulizia etnica, l’Armenia, approfittando della fase convulsa dovuta alla disgregazione dell’Unione sovietica ed alla conseguente nascita delle repubbliche indipendenti, ha occupato la regione (a maggioranza armena) del Nagorno Karabakh, come pure le sette regioni circostanti (a maggioranza azera), ovvero il Lachin, il Kelbajar, l’Aghdam, il Fuzuli, il Jebrayil, il Gubatly e lo Zangelan.

Storicamente – ha spiegato l’Ambasciatore – nel 19mo Secolo gli armeni, cristiani, sono stati portati in quell’area dai russi per creare una sorta di barriera culturale contro l’espansione della religione islamica. A questo scopo sono state sottratte porzioni di territorio alla Georgia e all’Azerbaijan, prassi continuata anche sotto il dominio sovietico fino alla separazione del Nakhchivan dal resto del Paese.
Dal momento che lo stato dell’Azerbaijan, a differenza di quello armeno, esisteva già, il governo azero e quello georgiano donarono rispettivamente 9000 e 4500 kmq di territorio agli armeni per dar vita ad uno Stato proprio”.“Tale verità dei fatti – ha continuato Sadiqov – è stata completamente stravolta nella versione armena, la quale ha presentato l’Armenia come un’entità preesistente, arrivando addirittura a negare l’esistenza in passato di uno Stato chiamato Azerbaijan. Questa convinzione è stata poi diffusa in modo capillare anche grazie alla cospicua presenza di comunità armene in Europa”.

Tradendo una comprensibile commozione, l’Ambasciatore Sadiqov ha raccontato dei terribili giorni del 1992, quando le truppe armene si riversarono nei territori dell’Azerbaijan per occupare, con l’appoggio dei miliziani locali, la regione del Nagorno Karabakh: “furono momenti terribili. In una sola notte, il 25 febbraio, i militari d’Armenia (appoggiati da un reparto motorizzato di fucilieri della Comunità degli Stati Indipendenti “CSI”, ndr.) penetrarono nel villaggio di Khojaly, compiendo una strage. I morti furono 613 civili, tra cui 106 donne e 83 bambini, ma la Croce Rossa ha parlato anche di 4500 dispersi”.
La guerra è poi proseguita con le sue atrocità: in Armenia vivevano 250mila azeri, costretti a lasciare le loro case o ad essere uccisi, 50mila furono cacciati dal Nagorno Karabakh ed altri 700mila dalle sette province circostanti, per un totale di un milione di azeri costretti a rifugiarsi nei campi profughi… io mi chiedo: tutti parlano dello sterminio e delle violenze perpetrate contro gli armeni… tutti sono pronti ad attaccarci quando anche un solo giornalista scorretto viene arrestato, ma dov’era l’Unione europea, dov’erano le organizzazioni umanitarie quando era il nostro popolo a subire i soprusi? E pensare che il comandante degli armeni che fecero la strage di Khojaly era un certo Serž Sargsyan, oggi presidente dell’Armenia, il quale avrebbe poi negato l’accaduto”.

Nagorno-Karabakh-fuori
- Qual è la situazione attuale dei profughi?

All’inizio la situazione era molto difficile, alloggiavano in tende e in camper. Oggi la situazione è migliorata, in quanto il governo, grazie alla nostra crescita economica, ha costruito case per loro. Tuttavia la gente vorrebbe rientrare nella propria terra, ma l’Armenia presenta la questione del Karabakh come fosse un problema solo di Erevan, vorrebbe che gli azeri si dimenticassero delle loro origini territoriali. Purtroppo su questo argomento gira cattiva informazione, in quanto la comunicazione globalizzata non favorisce il toccare con mano le varie problematiche e sempre più spesso ci si affida ad internet e quindi a informazioni molte volte distorte”.

- Quale soluzione si prospetta per la questione del Nagorno Karabakh?

In quella regione sono state distrutte moschee, musei, scuole, biblioteche, edifici pubblici… si è fatto di tutto per cancellare la nostra storia e la nostra cultura. Sono stati persino cancellati monumenti a letterati, artisti ed intellettuali azeri nati e vissuti nel Nagorno Karabakh… il danno complessivo dell’aggressione perpetrata dalle forze dell’Armenia è stato stimato nella cifra di 60 miliardi di dollari statunitensi.
Ora se Lei mi chiede cosa si prospetti per il futuro, le rispondo che Baku è disposta a concedere un’ampia autonomia amministrativa e commerciale al Nagorno Karabakh e a fornire contributi economici per lo sviluppo della regione, oggi arretrata e povera di infrastrutture.
Io sarei felice di vedere i miei figli giocare con i bambini armeni, ma non voglio vedere i carri armati degli armeni nel mio giardino.
La condizione essenziale è quindi che l’Armenia ritiri il suo esercito dalla regione, e che i profughi azeri possano tornare nelle loro case.
E’ palese che è nostra intenzione riprendere il pieno controllo del territorio che ci appartiene: l’Azerbaijan si sta rafforzando, mentre l’Armenia è sempre più debole e dipendente in campo energetico e militare dai paesi stranieri. Loro se ne sono accorti, ed hanno paura… ed hanno ragione ad averne. Perché forse non domani, ma a breve ci riprenderemo quello che è nostro”.

- E’ vero, l’Armenia dipende dalla Russia per le forniture di armi e di uranio… non teme che un eventuale attacco all’Armenia comporti la reazione russa?

No, perché noi non stiamo attaccando nessuno, ci stiamo riprendendo solo ciò che ci appartiene. Va tenuta presente la legge internazionale. Qualsivoglia siano le ragioni degli armeni il fatto rimane questo: quando si parla di Nagorno Karabakh, occorre non dimenticare che ci sono le quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, n. 822, 853, 874 e 884 del 1993, che invocano il ritiro delle forze armate armene dai territori occupati, che sono state ripetutamente ignorate, così come altri documenti dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, del Consiglio d’Europa, dell’Unione Europea, etc. Ultima in ordine temporale la Risoluzione del Parlamento Europeo del 23 ottobre di quest’anno, in cui nel paragrafo 16 si dice che la risoluzione del conflitto del Nagorno-Karabakh dovrebbe essere conforme alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e ai principi fondamentali del Gruppo di Minsk dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) sanciti nella dichiarazione comune dell’Aquila del 10 luglio 2009.
Faccio notare che a Baku vivono 30mila armeni in stato di piena integrazione, ma non troverà mai una famiglia azera in Armenia.
L’Armenia è poi in cattivi rapporti con tutti gli stati confinanti, ad esclusione dell’Iran, del quale è comunque costretta a parlare male quando dialoga con gli Stati Uniti. Quindi, mi chiedo, sono tutti gli Stati dell’area a sbagliare oppure c’è qualcosa che non va nella politica dell’Armenia? Noi siamo disposti a ristabilire le relazioni con l’Armenia solo quando ai profughi azeri sarà consentito di rientrare nelle loro case”.

- Si è autorizzati a ritenere che vi siano anche motivazioni di carattere strategico, come il controllo delle risorse idriche o la posizione dell’altopiano, alla base della volontà di riprendere il controllo del Nagorno Karabakh?

Non è una questione strategica: come dicevo, è una questione di diritto internazionale, oltre al fatto che la storia dell’Azerbaijan è legata a quella terra”.

- Pensa che le forniture di gas all’Europa possano favorire la posizione di Baku nella risoluzione della questione del Nagorno Karabakh?

Sì, aiuta. Oggi siamo più forti, perché noi sviluppiamo il nostro Paese sotto gli aspetti economici, culturali e non solo sotto quelli relativi agli armamenti. In valore assoluto la spesa militare dell’Azerbaijan è superiore a quella dell’Armenia, ma in termini di percentuali sul Pil, quella di Baku è del 3,5%, mentre quella dell’Armenia è del 7,8%”.

- Parliamo del vicino Iran, con il quale l’Azerbaijan ha un rapporto inedito: negli ultimi anni sono aumentate le tensioni ed anche di recente sono state arrestate spie da entrambe le parti. Spesso si è parlato di interferenze di Teheran… come vede le relazioni fra i due paesi, anche alla luce del nuovo corso politico rappresentato dal presidente Hassan Rohani?

L’Iran è un nostro grande amico, abbiamo diversi valori in comune, come quelli storici, legati alla religione e culturali; Teheran ha un ruolo di peso nel Medio Oriente ed i problemi che vi sono fra noi e loro sono piccoli, non causano importanti discordie. Abbiamo in essere progetti petroliferi e di gas comuni, come pure il proposito di collegare con una pipeline di 200 km l’Iran alla nostra rete e quindi l’Europa al Golfo. Per quanto riguarda il nuovo corso, sono convinto che le relazioni si svilupperanno, anche perché le visite ufficiali stanno avvenando con una certa regolarità. E’ vero, ci sono stati arresti, ma queste cose non cambiano la visione strategica”.

- Diversi media hanno più volte riportato informazioni secondo le quali l’Iran starebbe creando gruppi di estremisti in Azerbaijan, come è avvenuto in altre realtà, ad esempio per gli Hezbollah in Libano, magari appoggiati da una parte del mondo politico. Pensa che tali informazioni abbiano un fondo di verità?

L’estremismo abita ovunque e in ogni religione. Non abbiamo ragione di credere che vi siano cellule di estremisti appoggiate da parti della politica o del governo centrale, poi ognuno scrive quello che vuole. Di certo non si tratta di gruppi ufficiali. Ed i governi di entrambi i Paesi sono sufficientemente forti per tenere a bada eventuali realtà legate al radicalismo. Le relazioni sono forti e questo è un problema marginale”.

 Le regioni al di fuori della zona del Nagorno-Karabakh prima dell’occupazione

Regione

Occupato

Territorio (kmq)

Popolazione

Lachin 18.5.1992 1.835 64.900

Kelbajar 2.4.1993 3054 67.500

Aghdam 23.7.1993 1.154 160.000

Fuzuli 23.8.1993 1.386 142.000

Jebrayil 23.8.1993 1.050 62.000

Gubatly 31.8.1993 802 35.000

Zangelan 28.10.1993 707 38.000

Distruzioni causate dall’aggressione

dell’Armenia contro l’Azerbaijan

Insediamenti 890

Case 150.000

Edifici pubblici 7.000

Scuole 693

Asili 855

Strutture danitarie 695

Librerie 927

Templi 53

Palazzi storici 9

Monumenti storici e musei 464

Oggetti museali 40.000

Imprese industriali e agricole 6.000

Autostrade 800 km

Ponti 160

Acquedotti 2.300 km

Gasdotti 2.000 km

Linee di energia elettrica 15.000 km

Foreste 280.000 ha

Campi coltivabili 1.000.000 ha

Sistemi d’irrigazione 1.200 km

Danno complessivo stimato > 60 mld dlr

Rifugiati e migrati forzati nell’Azerbaijan

Rifugiati dall’Armenia 250.000

Migrati forzati dai territori occupati 760.000

Totale 1.010.000

Territori occupati  dell’Azerbaijan

Regione del Nagorno Karabakh prima dell’occupazione

Territorio 4.388 sq. Km

Popolazione 189.085

Armeni 145.450 (76,9%)

Azerbaigiani 40.688 (21,5%)

Altri 2.947 (1,6%)

Estensione dei confini 485 km

Vittime azerbaijane dell’aggressione armena

Uccisi 20.000

Disabili 50.000

da Notizie Geopolitiche



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