Mi è sempre piaciuto pensare alla Rivoluzione Internet paragonandola al tempo delle Radio Libere degli anni '70. Molti sono i punti in comune. Tutti (o quasi), avevano la possibilità di esprimere le proprie idee con un bacino d'utenza che, se anche limitato a circa 20 Km, per l'epoca era una vera e propria rivoluzione potendo raggiungere centinaia di persone contemporaneamente a costi irrisori; i detentori dei diritti d'autore erano piuttosto incazzati (pensando che la diffusione via etere della musica avrebbe di fatto contratto il mercato musicale come oggi con il file sharing); nell'intorno delle Radio si creavano approfondimenti/discussioni sulle tematiche più disparate che potremmo paragonare agli odierni forum di discussione/blog; telefonare alla Radio in diretta affinché potessero ascoltarti anche gli amici e gli amici degli amici potremmo paragonarla ad una sorta di facebook primordiale o ad un Web 2.0 analogico data dalla comunicazione bidirezionale.
La voglia di sovvertire le regole del gioco della comunicazione via etere, imposte dalla monopolista TV di Stato, e la voglia di una informazione non più controllata dai Governi era talmente forte che nel giro di poco tempo nacquero centinaia di Radio Libere in tutta Italia.
La voglia di non essere più solo soggetti passivi nell'apprendimento/diffusione della Conoscenza e la voglia di una informazione più libera dal Sistema, ha fatto si che la Rete esplodesse in pochissimo tempo rispetto anche alle più rosee previsioni.
Un pò di storia sulle Radio Libere; "Fino alla sentenza 202/1976 della Corte Costituzionale (28 luglio 1976) le radio trasmettevano utilizzando una interpretazione estensiva della legge allora vigente (la 103/1975) e quindi erano esposte a denunce e sequestri. Nonostante ciò molte radio trasmettevano con regolarità, e a Roma a fine 1975 erano già presenti almeno 11 radio.
Nel 1976 aprire una radio in Italia era una operazione al limite della legalità, anche se, come si vede nel seguito, assai frequente e destinata ad espandersi ulteriormente. Infatti l'anno prima una legge dello Stato, la n. 103 del 14/4/1975 (i curiosi possono trovare il testo integrale via Google su vari siti digitando "legge 103/1975" ) aveva ribadito il regime di monopolio statale per le trasmissioni radiotelevisive, in concessione alla RAI, riconfermando e aggiornando quindi la precedente normativa risalente al 21/2/1938 (Legge 24/1938).
Ma per le radio private la novità legislativa interessante era legata alla parola magica "circolarità" riportata nell'art.1, primo comma, della legge, un servizio pertanto riservato allo Stato. "Diffusione circolare" poteva significare letteralmente una copertura a 360°, oppure una diffusione di tipo nazionale, a copertura totale. Appellandosi a questa interpretazione le radio libere, che ovviamente non potevano, neanche volendo, diffondere su questa scala, si opponevano in sede legale alle frequenti operazioni di sequestro delle attrezzature, su denuncia della RAI o della Polizia Postale, uscendone regolarmente vincitrici.
Nel 1976 la Corte Costituzionale tornò sull'argomento per rispondere a numerose eccezioni di incostituzionalità o richieste di parere di pretori di tutta Italia e dichiarò inammissibili, con la storica sentenza 202/1976 del 28 luglio 1976, le parti delle leggi in vigore che vietavano le trasmissioni in ambito locale, confermando la interpretazione estensiva della legge 103/1975 e dando il via definitivo alla radiofonia privata in Italia.
Era questo il cosiddetto "Far-West dell'etere", tollerato dai governi degli anni '80, con vantaggio finale di un solo gruppo industriale privato, che è emerso come vincitore unico da 14 anni di regolamentazione carente, e con il successivo consolidamento della situazione oligopolistica di fatto (esattamente quella che si proponeva di evitare la legge 103) con la legge 223 del 6 agosto 1990, la famosissima legge Mammì.
A più di 30 anni di distanza, nessuno pensa più alle radio come Radio Libere, ma solo come radio commerciali. E purtroppo proprio le esigenze commerciali hanno livellato lo standard verso i gusti musicali più comuni, e hanno allontanato ogni velleità di sperimentazione". (*)
"E purtroppo proprio le esigenze commerciali hanno livellato lo standard verso i gusti musicali più comuni, e hanno allontanato ogni velleità di sperimentazione"
"E purtroppo proprio le esigenze commerciali hanno livellato lo standard verso i gusti musicali più comuni, e hanno allontanato ogni velleità di sperimentazione"
"E purtroppo proprio le esigenze commerciali hanno livellato lo standard verso i gusti musicali più comuni, e hanno allontanato ogni velleità di sperimentazione"
Ecco, quest'ultimo periodo l'ho volutamente ripetuto. E' quello che sta accadendo alla Rete senza che ce ne accorgiamo e, le "esigenze commerciali", come è ovvio che sia, dipendono da ciò che noi scegliamo di fare col Web.
Non vedo più tanta sperimentazione nella Rete, la blogosfera è sostanzialmente ferma quanto ad espansione, e molti sono i blog che stanno "morendo", i commenti ai post dei blog sono sempre meno, trovare nuovi contenuti degni di nota è ormai raro. La Rete è invasa dai cinguettii e (ri)cinguettii, dai "mi piace" e da contenuti che vengono riproposti semplicemente con dei "copia & incolla", nonché da pericolosissime "catene" alle quali si aderisce senza che se ne verifichino le fonti.
La verifica delle fonti non è importante solo per scoprire se un contenuto sia veritiero o meno, ma soprattutto per non dar adito, a chi dovesse averne un tornaconto un giorno, di screditare la Rete.La non verifica delle fonti ha già compromesso la credibilità della Rete in diversi casi.
Lo Smartphone è uno strumento utile, non indispensabile, come (con le dovute ed ovvie differenze), è il Telecomando, il quale, pur nella sua semplicità, è stato scettro del potere all'interno del nucleo familiare ed ha bruciato generazioni di neuroni.
Lo Smartphone ed il Telecomando hanno un denominatore comune: Impigriscono la mente. Lo Smartphone è il nuovo dispositivo per rincoglionire le nuove generazioni ormai "lontane" dal Telecomando. L'uso sconsiderato dello Smartphone, tanto quanto fece (e fa ancora oggi), il Telecomando ci fa diventare cerebrolesi.
Il Web si è sviluppato grazie al fatto che gli utenti hanno immesso
in Rete terabyte e terabyte di contenuti, senza nuovi contenuti la Rete muore o peggio diventa un'altra cosa. Cosa? Uno strumento di Controllo & Rincoglionimento per il Popolo Sovrano più potente della Televisione.E' molto diverso, secondo me, invece, accedere alla Rete attraverso un PC anziché con un dispositivo mobile. Prima di tutto immettere contenuti è più agevole grazie all'hardware dedicato (mouse, tastiera, scanner, ecc.), non esiste (ancora), il concetto di accedere alle applicazioni, ma soprattutto, con il PC, si accede alla Rete per dedicargli del tempo e non per riempire i momenti "morti" della giornata (alla fermata del tram,
fila in posta, in treno ecc.).Pare che nella società contemporanea i momenti "morti" siano banditi ed invece sono gli unici momenti in cui potremmo stare con noi stessi senza pensare.
Dopo il tanto chiacchierato Web 2.0 dove, rispetto al precedente, vi è una marcata partecipazione dell'utente nella Rete, vedo nel prossimo futuro il Web 0.0, un Web cioè dove per pigrizia non parteciperemo più all'evoluzione della Rete bensì ne saremo soltanto dei fruitori.
Stiamo diventando fruitori di contenuti preconfezionati; f
ruitori di contenuti che non incentivano la divulgazione del sapere; fruitori di contenuti che non creano nuova conoscenza; fruitori del nulla.Stiamo diventando solo fruitori di contenuti commercialmente validi.
Quando ci renderemo conto di cosa potenzialmente avevamo per le mani sarà troppo tardi e potremo prendercela soltanto con le nostre scelte, perché oggi non sono poche le persone che mi dicono: "Ho lo smartphone, cosa me ne faccio di un PC a casa? Con questo faccio tutto!" e perché oggi CityVille, Ruzzle e tanti altri giochini ottimizzati per i dispositivi mobili imperversano nella Rete bruciando neuroni a più non posso.
A suo tempo l'etere era controllato dai Governi, oggi la Rete è controllata da un sempre più ristretto gruppo di potenti aziende multinazionali. Quale la differenza?
Non era questa la mia idea di Rete quando nel "lontano" 1998 iniziai a navigare.
Il Popolo è Sovrano non perché di tanto in tanto gli permettono di andare alle urne, il Popolo è Sovrano perché le scelte che fa tutti i giorni (anche con un semplice click o un non click), influenzano la società in cui vive. Il Popolo è il timoniere della società odierna, decide la rotta di oggi per la destinazione della società di domani. Peccato che, troppo spesso, non se ne renda conto.
(*) www.broadcastitalia.it - Storia delle radio