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Lo spazio a scuola: il contributo dell'esperienza Montessori

Da Simonetta Frongia
Intervista alla docente Laura Marchioni Comel di Laura Marchioni Comel   Qual è il significato del concetto montessoriano di “ambiente preparato”, riferito al contesto educativo della scuola media e degli adolescenti? Nell’approccio educativo montessoriano il concetto di ambiente preparato è fondante e significa un ambiente educativo liberante (non libertario) e costruttivo: liberante in quanto privo di ostacoli o pressioni, fondato sulla libera scelta individuale all’interno di una serie limitata di opzioni, e al tempo stesso costruttivo, perché indirizza verso uno scopo esterno definito gli impulsi e le energie interiori del bambino o dell’adolescente, rispondendo così al loro bisogno interiore di ordine. E’ importante sottolineare che, per la Montessori, l’ordine è essenziale per la costruzione di un senso interno, il quale non è dato dalla distinzione tra le cose, ma dalla distinzione dei rapporti tra le cose. Si tratta insomma di un ambiente preparato in cui ogni cosa trova il proprio posto nel rapporto con le altre e, sviluppando la capacità di distinguere i rapporti tra le cose, mira ad ottenere una mente flessibile e ordinatrice.
E’ quindi un contesto educativo la cui organizzazione spaziale, prima ancora delle modalità operative della didattica montessoriana, è la concretizzazione del “pensiero generalista” o “olistico”, che permette la formazione di quel potente motore cognitivo ormai necessario all’individuo del terzo millennio, un individuo che vive in una realtà globalmente interconnessa ed interdipendente, caratterizzata da molteplici e concomitanti mutazioni, da continue e veloci trasformazioni.
Inoltre, nella visione montessoriana, se nelle fasi evolutive precedenti la scuola è un ambiente preparato per riprodurre artificialmente la vita, per l’adolescenza è la vita stessa ad essere l’ambiente preparato in cui il giovane deve fare il suo ingresso. Quindi la scuola deve essere un luogo, integrato al suo interno e connesso in modo interdipendente con l’esterno (comunità, territorio, mondo), in cui l’adolescente compie sistematicamente delle esperienze di vita significative che gli permettano di acquisire in contemporanea competenze fisiche, intellettive, emotive e qualità morali: in breve, uno sviluppo armonico della persona e della sua personalità.
La finalità di questo luogo non è solo l’istruzione ma l’esplorazione di sé e del mondo per capire quale deve essere il proprio posto nel mondo. Quindi questo luogo deve essere un ambiente educativo preparato con grande cura affinché possa aiutare l’adolescente a costruirsi una sorta di navigatore interno, che gli consenta di seguire la sua rotta, senza perdersi nelle varie situazioni della vita.   Quale lezione può venire dalle scuole Montessori per realizzare scuole secondarie più vivibili? Non parlerei di lezione ma di dimostrazione. Le scuole secondarie Montessori dimostrano nei fatti che quando l’approccio educativo parte dalla considerazione della realtà fisica, psichica, intellettiva dei ragazzi, cioè dalle peculiarità della fase evolutiva adolescenziale, e quindi dai “bisogni interiori” dei ragazzi del nostro tempo, si ottiene innanzitutto un clima amichevole nel rapporto docente-discente, improntato al reciproco rispetto, ed una diminuzione drastica dell’aggressività distruttiva o autodistruttiva, nonché dell’ansia e dell’insicurezza dei ragazzi.
In secondo luogo dimostrano che, quando l’ambiente educativo consente il movimento finalizzato all’esecuzione di un’attività o di un lavoro vero, si ottiene un aumento della motivazione ad apprendere e della qualità di quanto si apprende, un aumento virtuoso della curiosità e dell’intraprendenza e si rafforza l’autostima.
In terzo luogo dimostrano che, basandosi sull’iniziativa individuale e sulla responsabilità individuale, si ottengono risultati come l’indipendenza, l’autodisciplina e il comportamento sociale responsabile. Tutto questo consente di ottenere anche migliori risultati scolastici, come dimostrato dalle valutazioni che ogni anno si conseguono nelle graduatorie nazionali e come dimostrato dalle ricerche scientifiche sull’apprendimento condotte nell’ambito della psicologia dello sviluppo (vedi A. Stoll Lillard, Montessori: The Science behind the Genius, Oxford University Press, 2005 e Evaluating Montessori Education, in Science, 29 September 2006), che confermano la validità dei principi su cui si basa l’approccio montessoriano.
Osservando lo spazio della scuola secondaria quali sono a suo avviso i punti critici più pressanti ed evidenti? Spazio e didattica sono una diade: impossibile scindere i problemi dell’uno da quelli dell’altra e i problemi sono tutti riconducibili alla concezione cui si ispirano gli edifici scolastici nonché l’organizzazione dello spazio e della didattica. L’edificio standardizzato e le aule-uditorio, funzionali all’esigenza di istruzione di massa del secolo scorso, richiamano l’immagine della stasi e della divisione : passività del discente, ripetitività dei contesti e delle modalità di apprendimento, divisione del sapere in discipline settoriali, limiti imposti da ore di lezione che si alternano senza ordine o connessione di sorta, laboratori in cui si seziona ulteriormente qualche argomento senza connetterlo con gli altri, sperimentazioni estemporanee e limitate, per lo più scisse dalle aree didattiche, ecc.
Il mondo esterno alla scuola è invece caratterizzato dal movimento (in molti ambiti estremamente accelerato), dall’interconnessione e dall’interdipendenza: l’esatto contrario quindi della stasi e della divisione. Inoltre, il periodo sensitivo che caratterizza la fase evolutiva adolescenziale è connotato da una forte necessità di esplorazione, proprio perché l’adolescente sta nascendo come “essere sociale”.
In questa situazione è ovvio che spazio scolastico e didattica, tradizionalmente intesi, non siano più funzionali e registrino problemi di ogni sorta. Ma sono proprio questi problemi a dimostrare che il compito della scuola oggi è più vasto che nel recente passato: non solo è urgente passare dall’istruzione di massa all’istruzione di massa su misura, rispettando le caratteristiche e le potenzialità individuali dei singoli, ma la società richiede che si passi dalla istruzione all’educazione permanente, fornendo ai singoli lo strumento dell’auto-educazione. Per dirlo con la Montessori: il compito della scuola non è quello di istruire ma di “formare l’uomo”, l’uomo del terzo millennio, la cui “qualità essenziale deve essere l’adattabilità”. E per poter svolgere questo compito la scuola secondaria deve partire dai bisogni dell’adolescente di oggi, che vive nel mondo di oggi.
A quali bisogni deve rispondere lo spazio? I montessoriani che da vari decenni hanno sperimentato nel mondo i programmi per gli adolescenti hanno avuto la possibilità di stilare una lunga lista di questi bisogni, lista che peraltro corrisponde ai risultati delle ricerche condotte sull’argomento ( Carnegie Council on Adolescent Development e Center for Early Adolescence, Chapell Hill, NC ). La lista è lunga e viene continuamente aggiornata, ma per quanto riguarda lo spazio direi che occorre partire dal bisogno dell’adolescente di svolgere un lavoro o un’attività significativa, dal bisogno di disporre di un ambiente che gli consenta di svolgerlo, dal bisogno di costruire e di creare.
Lo spazio scolastico perciò deve proporsi non come una struttura statica e limitata ma come una struttura vivente, interconnessa al suo interno e con la realtà esterna (comunità, territorio, mondo). Uno spazio in cui si possa apprendere attraverso il fare, che consenta non il bighellonare ma il movimento operoso, in quanto movimento finalizzato ad uno scopo reale, ad una attività costruttiva, per svolgere la quale è necessario studiare, utilizzando tutto il sapere che le varie discipline sono in grado di offrire. Solo se così concepito lo spazio scolastico potrà rispondere agli altri bisogni dell’adolescente, bisogni come il progettare le attività, gestirle, fare errori, sviluppare una visione personale, ecc…
Sulla base dei bisogni, quali caratteristiche dovrebbero avere questi spazi? Gli spazi dovrebbero essere polifunzionali, nel senso di consentire lo studio e il lavoro individuale e di gruppo, la comunicazione interpersonale, il momento corale ma anche l’isolamento, la sperimentazione del nuovo e l’approfondimento specializzato del già acquisito. Dovrebbero essere inoltre ordinati, non solo in termini di comfort e gradevolezza, ma nel senso di sistemati ed organizzati per aree didattiche, in modo da far percepire le connessioni tra i singoli ambiti.
Così le discipline, tutte le discipline, diventano vive ed attive perché corrispondono ai vari “punti di vista” da cui analizzare l’argomento che si sta trattando e/o si deve studiare.
Esistono degli esempi significativi in tal senso in Italia? Purtroppo non in Italia e questo per una serie di motivi che sarebbe lungo elencare. Il cosiddetto “modello urbano” di scuola superiore Montessori si è ampiamente e significativamente diffuso in Olanda a partire dagli anni Trenta, [inserire foto con didascalia del “Montessori College Oost di Amsterdam”] mentre negli Stati Uniti e in Canada la sperimentazione risale agli anni Settanta e al “modello urbano” si è affiancato gradualmente il “modello rurale”, sfociato nella “Montessori Farm School di Huntsburg”. Grazie ai successi ottenuti ed alle continue richieste della società civile si è arrivati a costituire il Project-2012, che ha la funzione di coordinare tutte le varie forme di sperimentazione e di implementarle, fornendo anche orientamento per la formazione degli insegnanti, con corsi a carattere internazionale.
Sono sicura che anche in Italia ci siano tentativi di sperimentazioni in questo senso: occorre trovare il modo di superarne il carattere sporadico, estemporaneo e quindi dispersivo, di connetterle tra loro per farle crescere.
E' possibile a suo avviso migliorare lo spazio partendo dalla quotidianità ? Quali suggerimenti e spunti di riflessione potremmo dare agli insegnanti? Per quanto riguarda la prima domanda direi che si possa iniziare dal ri-pensare l’uso dello spazio della propria classe, organizzandolo nel modo indicato precedentemente, cioè in modo tale che gli arredi e gli strumenti, opportunamente ordinati e sistemati, richiamino un senso di ordine e di funzionalità e caratterizzino lo spazio-classe anche per favorire il senso di appartenenza dei ragazzi a questa piccola comunità. Per questo occorre responsabilizzare i ragazzi stessi nella gestione quotidiana della vita della classe, creando mansioni specifiche, per svolgere le quali ci si alterna, individualmente o in gruppo. Dalla gestione concreta nasce la percezione del controllo di uno spazio e dei suoi problemi, il che sollecita anche l’acquisizione dell’abilità a dare risposte (respons-abilità) e a prendere decisioni per miglioramenti da apportare. Lo stesso ovviamente si può estendere alla gestione degli spazi esterni alla classe, in cui le mansioni, e relative responsabilità, vanno alternate e/o condivise con le altre classi (es.: spazi condivisi interni ed esterni alla scuola, sito della scuola, radio della scuola, ecc.). Tutto questo dà visibilità ai ragazzi e li fa sentire utili alla vita della comunità scolastica.
Gli spunti di riflessione per gli insegnanti invece ci vengono dal purtroppo vasto e variegato panorama del cosiddetto “disagio adolescenziale”, in cui è sempre più drammaticamente alto il livello di “attenzione negativa” che caratterizza i comportamenti dei nostri ragazzi, dentro e fuori lo spazio scolastico. Questo indica che gli educatori continuano a trattare la questione adolescenziale in modo improprio ed inefficace, eludendo o mistificando i tratti caratteristici di questa fase evolutiva (la più critica, diceva la  Montessori) dell’essere umano.
Proprio partendo dall’analisi scientifica di questi tratti, suggerirei agli insegnanti di evitare di disperdere energie nella girandola di sperimentazioni e corsi che tentano di rincorrere i “desideri” più disparati del mondo adolescenziale: non producono risultati apprezzabili in termini di apprendimento e spesso generano ulteriore frustrazione negli insegnanti motivati e demotivazione nel continuare ad apprendere nei ragazzi.
Sarebbe utile invece iniziare ad ideare e a programmare con cura anche una sola attività (o lavoro) che abbia un fine concreto e riconosciuto dalla comunità (non solo classe e scuola, ma soprattutto territorio), in cui i ragazzi possano percepirsi come protagonisti sociali attivi e costruttivi. Inoltre questa attività (o lavoro) non deve essere inserita nella programmazione come attività a latere, ma essere costitutiva del programma stesso, deve cercare di coinvolgere il più gran numero di discipline e deve incidere nella valutazione all’interno delle stesse.
Strumenti utili da sfruttare a questo proposito sono sia l’autonomia degli istituti, che permette all’insegnante di disegnare il percorso didattico raccordandosi con l’esterno, sia le dotazioni tecnologiche, il cui uso, finalizzato al tipo di attività (o lavoro) che dicevamo, consente di superare i limiti imposti dallo spazio scolastico, offrendo al tempo stesso infinite opportunità.
Infatti l’odierna tecnologia consente una illimitata acquisizione di informazioni e conoscenze sul presente e sul passato, consente di progettare, organizzare ed attuare ricerche o lavori in connessione con altre realtà scolastiche (situate magari in un’altra parte del mondo), consente di veicolare ciò che i ragazzi sono riusciti a produrre (verso altre scuole, la cittadinanza, il territorio, le istituzioni interessate, ecc.). Inoltre, usando in questo modo le dotazioni tecnologiche a scuola,  i ragazzi possono auto-educarsi nel “dominare” in senso costruttivo e positivo l’odierna tecnologia e non risultarne dominati negativamente, come spesso purtroppo accade oggi.
http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1485 

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