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Lo spazio fisico del colloquio educativo

Creato il 11 ottobre 2013 da Girolamo Monaco


La organizzazione dell’ambiente ove si realizza il
colloquio educativo si rivela fondamentale per creare quel clima
relazionale, altrimenti fortemente compromesso dal contesto chiuso
del carcere.
Il colloquio (luogo privilegiato del lavoro
dell’educare) va infatti “difeso” dagli aspetti più rigidi e
stereotipati del carcere. La stanza dell’educatore deve garantire
la riservatezza, la tranquillità, la distanza dai “rumori” e
dalle interferenze della Istituzione Tortale.
Nello spazio fisico della stanza dell’educatore si
apre la possibilità di uno spazio relazionale e psicologico in grado
di garantire al colloquio individuale (oltre gli aspetti formali e
codificati) la sua trasformazione in uno strumento di lavoro dalle
diverse potenzialità evolutive.
All’interno di tale “autonomia fisica” il
colloquio educativo gioca la sua concreta possibilità di
rappresentare il “non luogo” ove alla persona, in qualche modo, è
dato di sentirsi fuori dal carcere.
La stanza dell’educatore, durante il colloquio,
cioè, può diventare il “contesto particolare”, la “porta
psicologica” attraverso la quale uscire dal sistema delle relazioni
e delle logiche che la persona tiene dentro il carcere (i rapporti
con gli operatori della struttura, i rapporti con gli altri detenuti)
e manifestare potenzialità uniche relative alla propria realtà
personale (sentimenti, aspirazioni, desideri, dolori) e
all’orientamento progettuale con il quale interpretare ed
indirizzare i diversi percorsi esistenziali.



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