Che la televisione, come era definibile solo 15 anni fa, sia diventata un modello di intrattenimento in crisi è ormai un fatto consolidato.
Lo dimostra la disaffezione, nei paesi occidentali, crescente e costante verso il mezzo e la relativa crescita di utilizzo di strumenti via internet e mobile.
Un calo che colpisce anche la vendita di apparecchi televisivi negli USA, ma in particolare il cambio delle abitudini di coloro che saranno i fruitori futuri del mezzo, gli adolescenti di oggi.
In verità è la velocità con cui si impongono i social media che crea la crisi di utilizzo dei media tradizionali. Era successo con la carta stampata sta succedendo con la tv.
You Tube è la piattaforma che sta generando forme assolutamente nuove di produzioni indipendenti e fuori format mentre twitter viene utilizzata sempre più spesso per dare un valore aggiunto a programmi televisivi che per loro natura non possono e non saranno mai interattivi.
In questo senso la televisione sta sponsorizzando un mezzo che è il suo diretto concorrente e lo fa perchè non può farne a meno, la vera innovazione non è l’alta definizione, l’esperienza emozionale tecnologica, ma l’interazione e la creazione di relazioni emozionali, molto più appiccicose e coinvolgenti di qualsiasi tecnicismo futurista.
Il mezzo televisivo è freddo, troppo freddo e si sta ibernando sempre di più.
Tutto questo porterà al color bianco lo scontro di mercato e le rendite di posizione acquisite dall’industria del broadcast, soprattutto politiche, si ripercuoteranno su uno dei valori naturali del web, la sua indipendenza.
Leggo la nuova delibera di Agcom , che prevederebbe la chiusura censoria di risorse on line, proprio in questa ottica e non tanto come un pretesto per mettere a tacere posizioni politiche e sociali scomode.
La specificità di mercato della rete, la sua differenza dalla televisione, dalla carta stampata e dalla radio, è proprio il fatto che la sua tecnologia permette di avere uno spettacolo in continua evoluzione, un intrattenimento basato sull’immediatezza della conoscenza, della citazione, dell’opinione differente, che mette in circolo l’adrenalina di chi partecipa e lo coinvolge.
La censura, sotto il cappello del diritto d’autore, invece, riporta tutto al pre-magma, al mezzo freddo, alla conservazione museale del sapere, insomma al mercato della cultura, conoscenza, informazione e intrattenimento in mano solo a chi ha i mezzi economici sufficienti a svilupparlo.
Invece lo spettacolo deve continuare anche se muore la televisione.