Guy Debord
Bunga-Bunga: l’incubo condizionato di un paese sessuofobicoIl concetto di spettacolo unifica e spiega una grande varieta’ di fenomeni evidenti. Le loro differenze e i loro contrasti sono le apparenze dell’apparenza organizzata socialmente, che deve essere essa stessa riconosciuta nella sua verità generale. Considerato secondo i termini suoi propri, lo spettacolo è l’affermazione dell’apparenza, e l’affermazione di ogni vita umana, cioè sociale, come pura apparenza. Guy Debord (La società dello spettacolo)
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Michel Focault
Una nuova tecnologia, piuttosto la messa a punto, tra il Sedicesimo e il Diciannovesimo secolo, di tutto un insieme di procedure per incasellare, controllare, misurare, addestrare gli individui, per renderli docili e utili nello stesso tempo. Sorveglianza, esercizio, manovre, annotazioni, file e posti, classificazioni, esami, registrazioni. Tutto un sistema per assoggettare i corpi, per dominare le molteplicità umane e manipolare le loro forze, si era sviluppato nel corso dei secoli classici negli ospedali, nell’esercito, nelle scuole, nei collegi, nelle fabbriche: la disciplina. Michel Foucault (Sorvegliare e Punire)Se Foucault rilevava che il Potere, dall’Illuminismo (e dalle sue applicazioni in campo politico) in poi, aveva sottratto alla modalità spettacolare la sanzione degli individui che contravvenivano alle regole sociali commettendo delitti, Debord diceva parallelamente che la categoria “spettacolarità” si è allargata all’intera società contemporanea, che ha fatto proprie le modalità di intendere il mondo della filosofia moderna e ha impugnato ed esagerato la rappresentazione spacciandola come l’unica realtà che esista per ciascuno di noi. Una mistificazione che facilita il conformismo delle masse di individui e permette un controllo capillare su abitudini e comportamenti, facilitando la manovra capitalistica di trasformarci tutti in consumatori, reificatori di noi stessi. Sotto questo giogo, ciascuno di noi muore come individuo, diventando “una serie combinata” di convinzioni imposte e lasciando sempre meno spazio a cio’ che noi siamo nella nostra reale individualità.
Foucault, nell’opera citata, nota che pur essendo stato il XVIII secolo quello in cui s’è affermato il “valore” della libertà ed in cui c’è stata gente come Cesare Beccaria che ha divulgato un pensiero civile ed è stato ascoltato da numerosi sovrani anche nostalgici dell’assolutismo, il Potere si è rafforzato, in realtà. Perchè ha sostituito la spettacolarizzazione della repressione abbondantemente attuata in quella che egli denomina “età classica” (XIV-XVII sec.) in un sistema piu’ complesso: il controllo del tempo individuale, la regolamentazione delle attività, della comunicazione interpersonale, del ritmo sonno-veglia. Il Potere ha scelto di tener sì nascosti, da un certo momento in poi i detenuti, ma di attuare su di loro il controllo corporale-vitale della loro temporalità. Ne ha fatto dei corpi reclusi e disciplinati che in teoria si “rieducano” alle regole sociali, ma che in pratica hanno fatto da cavie di schemi antropologici ben precisi che, collaudati, han potuto essere applicati all’intera società capitalistica.
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Oggi nelle prigioni stanno sperimentando sulle cavie spesso suicide (perchè è un dato di fatto che l’intento ”rieducativo” proposto da Beccaria è fallito miseramente nella realtà) la capacità di resistenza umana al sovraffollamento estremo in condizioni di alimentazione scarsa e di pessima qualità. Stanno testando sui detenuti la “misura” umana dell’istinto di sopravvivenza.
A noi hanno già applicato “dispositivi disciplinari” (belli come le immagini patinate della pubblicità sullo schermo LCD) che regolamentano i nostri corpi (belli, magri, giovanili, attivi sessualmente, sorridenti, consumatori di “cibi di moda”) e il nostro stile di vita (la moda, la tecnologia, il “fitness”, la chirurgia estetica, le “ferie esotiche”). Controllano il nostro tempo: tornelli per timbrare il cartellino, orari, scadenze quotidiane di ogni tipo, feste comandate comuni, riti collettivi determinati dallo sport, dal dopolavoro al bar. Controllano persino il nostro ritmo notte-giorno con il calendario che ben due volte l’anno ci costringe a tirare avanti e indietro l’orologio (personalmente, sconvolgendomi per settimane).
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Personalmente non mi sembra la cosa piu’ grave e penso che le prostitute che gli si sono offerte non siano poi così diverse da chi vende il proprio tempo nel call center o in fabbrica. Non condivido l’esaltazione del sacrificio di chi lavora in fabbrica e lo contrappone alla ricerca di soldi facili di queste meteorine. Il termine “dignità“, se non gli si dà un significato cristiano, a pensarci bene non ha molto senso, perchè in un’ottica laica non so se sia davvero buona cosa logorare il proprio tempo e la propria salute andando tutti i giorni in un posto di lavoro fetente, dove si viene sfruttati e amareggiati, si muore prima e finche’ si vive si guadagnano 1000 euri al mese. Non so alla fine se un pompino a un vecchio bauscia che paga 7000 euri a prestazione sia per davvero “meno dignitoso” del primo caso. Non è la ricerca della felicità lo scopo della vita? Che felicità c’è ad attraversare una vita di stenti e di attese di realizzazione, senza prospettive ne’ niente? Fanno ridere il pollame quelli che scrivono in modo retorico “il futuro è in mano agli adolescenti”.
Obietterete che bisogna accontentarsi dei piccoli momenti: il week end coi bambini, la gita in bicicletta le prime giornate di primavera, un piatto di buon cibo o una scopata gratificante. Ed in effetti se penso agli italiani poveracci degli anni ‘60 e ‘70 ricordo che essi hanno vissuto così, con queste “certezze” che però oggi con la precarietà, l’inquinamento di acqua e cibi, la compressione dei salari, si son rese quasi chimere. Resta la “scopata gratificante” ed infatti le strade sono molto piu’ piene di giovani coppie con bambini di quando ero piu’ giovane io: il risultato di tutto però è un futuro pieno di pensieri e di menate: una vita che si riduce ad una lotta tribale di famiglie che cercano di passare le une avanti alle altre per avere la loro ribalta nella “società dello spettacolo” che poi è diventata una auto-spettacolarizzazione di se stessi reificati e dei propri movimenti per autoconservarsi in una vana speranza di “accrescersi”. Ma la speranza, come diceva Monicelli, è una truffa inventata dai padroni.
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Comunque sembra incredibile come ovunque non si parli di altro, come tutti vivano l’ansia di veder cadere Berlusconi proprio per questa storia. Senza neppure renderci conto che ben altra sarebbe dovuta essere l’indignazione pensando alle collusioni con la mafia di questo personaggio, al fatto che ci sono sospetti che egli sia il mandante degli omicidi di Falcone e Borsellino. E ancora e’ ridicolo indignarsi per il bunga bunga e non perchè partecipiamo ad una guerra in cui vengono uccisi migliaia di innocenti e dalla quale vengono ogni giorno a casa italiani nei sacchi di plastica.
Con gli italiani che si bevono come acqua fresca la denominazione della guerra d’invasione afghana “missione di pace”, mi fa cagare che sia il pisello di Berlusconi a muovere la valanga di indignazione che s’è scatenata in questi giorni. I poliziotti sono indignati. Anche i pidiellini sono indignati e chiedono le dimissioni della ruffiana Minetti. Le donne sono indignate. Questa signora per esempio si sente indignata dal bunga bunga perchè “si sfregia la dignità femminile” e dice che “non ci meritiamo” una simile offesa .
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Come donna prenderei posizioni estreme, di femminismo radicale. Il femminismo è l’unica possibilità di lotta che potrebbe vincere questo sistema disciplinare, perchè ne contesta la matrice patriarcale che è arcaica e che il potere non ha ancora mutato. Ma per vincere a mio avviso, dovrebbe essere strutturato come una società “segreta”: con riti di iniziazione, saluti particolari, parole convenzionali, segni, atti, discorsi e prassi che distinguano e rafforzino ogni dibattito e ogni linea politica che si abbraccia.
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Barbara Albertoni
Come essere umano sono raggelata dalla passività e dall’insipienza dei miei connazionali, pronti a giustificare Marchionne “perchè l’Italia ha bisogno di quei dieci miliardi” come dice Bersani, senza che però mai si pongano il problema degli investimenti bellici che si continuano a decidere e a fare coi soldi nostri, di tutti noi. Siamo noi i finanziatori di quell’impresa che ogni tot manda a casa ragazzi nei sacchi di plastica. Siamo responsabili di questo: è assurdo che se ne parli per due giorni e poi basta, mentre dei festini di Arcore s’ è fatta una questione di Stato, mettendoci dentro la generale dignità femminile e quella nazionale. Forse il sistema disciplinare che ha lavorato molto sul carattere sessuofobico - supremo controllo dei corpi - importato dal cattolicesimo ci condiziona a tal punto da non riuscire piu’ a prendere le giuste misure tra la troppo spettacolare dimensione del “bunga bunga” e i veri orrori, tra cui spicca quello piu’ spaventoso: la guerra, che ci tengono celato persino nel nome.Barbara Albertoni - Agora’ di Cloro