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Lo spread, la crisi finanziaria e il debito pubblico, l’Italia ce la farà?

Da Mrinvest

Lo spread, la crisi finanziaria e il debito pubblico, l’Italia ce la farà?La parola che circola in modo ossessionante tutti i giorni e tutte le ore in questo periodo è “spread”. E’ una parola che sta preoccupando e quasi terrorizzando gli italiani. Perchè?
“Spread” significa, nel nostro caso, “ampiezza” o “differenza”: è il differenziale tra il tasso dei titoli di Stato tedeschi (bund) e quello dei nostri Btp decennali. E’ praticamente un parametro, un termometro. Più è alto lo spread, più i tassi dei titoli di Stato italiani si innalzano, rendendo così più oneroso il costo che l’Italia deve sopportare per remunerare il suo enorme debito pubblico. Significa, in poche parole, che lo Stato italiano deve pagare alti interessi a chi investe in Bot, Btp, Cct e Ctz.
Di sicuro per i risparmiatori è una buona opportunità per impiegare il denaro a condizioni vantaggiose, ma nello stesso tempo diventa un problema, perchè lo Stato deve in qualche modo trovare le risorse necessarie per coprire il notevole esborso degli interessi sul suo debito.

Il tutto si ripercuote sul costo del denaro per le famiglie, che dovranno affrontare dei sacrifici per pagare più tasse o pù interessi per ricorrere ai finanziamenti, e per le imprese che perdono competitività a causa anche dell’aumento conseguenziale dei tassi bancari.
Altro fattore negativo è la crisi di fiducia nei confronti dell’Italia da parte

degli investitori esteri per paura che il nostro Paese non possa onorare i suoi impegni. Insomma, l’enorme debito pubblico cresciuto nei decenni e che ha raggiunto livelli insopportabili, costa sempre di più agli italiani.

Dunque, per superare la crisi finanziaria, l’Italia ha come primo impegno quello di recuperare un nuovo clima di fiducia, soprattutto internazionale, adottando misure rigorose per limitare la spesa pubblica e per ridurre il debito. Ce la farà?
L’Italia deve farcela, anche perchè, per esempio, negli ultimi venti anni ha superato crisi economiche e di fiducia addirittura più gravi dell’attuale. Infatti, se prendiamo come indicatore lo spread, notiamo che il livello raggiunto nel 2011 non è il più alto: tra il 1992 ed il 1993 e nel 1995 lo spread aveva superato la soglia del 6% (o 600 punti base), sfiorando persino il 7%. In quegli anni c’era la lira, che fu svalutata nel 1993, senza contare la forte inflazione. Dalla seconda metà degli anni Novanta e con l’avvento dell’Euro, lo spread è progressivamente diminuito per scendere sotto l’1% (cento punti base) nel 1997 e per rimanere in modo stabile, per oltre dieci anni, su quei livelli.
Poi, dal 2008, con la crisi internazionale dei mutui subprime e con il fallimento della Lehman Brothers, lo spread è risalito e nel 2010 ha raggiunto il 2% (duecento punti). Dall’estate scorsa sappiamo tutti come è andata a finire: nelle ultime settimane ha raggiunto anche i 600 punti, e oggi viaggiamo intorno ai 500 punti, con una volatilità incredibile.
Insomma, la differenza con le crisi del passato è che oggi non dobbiamo fare i conti con le perdite di valore della lira e con le fiammate inflazionistiche. L’Italia ce l’ha sempre fatta e riteniamo che ce la farà anche nel contesto attuale.

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