[Via: il Fatto Quotidiano - Foto: The Guardian]
In occasione della giornata mondiale dell'alimentazione e in adesione al Blog Action Day 2011 [dedicato proprio al tema dell'alimentazione], pubblico un estratto dall'interessante articolo di Gian Luca Mazzella (Il Fatto Quotidiano), dedicato al cruciale problema dello spreco di cibo.
(…) la FAO ha reso disponibile uno studio sulle perdite e sullo spreco di cibo, commissionato all’Istituto svedese per il cibo e la biotecnologia (SIK). È stimato che circa 1/3 del cibo prodotto per consumo umano sia sprecato dai rivenditori e compratori, o vada perduto lungo i processi produttivi: circa 1,3 miliardi di tonnellate. 670 milioni di tonnellate nei paesi industrializzati, soprattutto per spreco dei rivenditori e consumatori. 630 milioni di tonnellate nei paesi in via di sviluppo, soprattutto per perdite dopo il raccolto e nella lavorazione. Comparando gli sprechi: annualmente i consumatori dei paesi ricchi sprecano quasi la stessa quantità di cibo dell’intera produzione alimentare netta dell’Africa sub-sahariana.
Frutta e verdura, radici e tuberi sono gli alimenti che vengono sprecati maggiormente. La produzione alimentare totale pro capite è circa di 900 kg all’anno nei paesi ricchi e 460 kg all’anno nei paesi più poveri. In Europa e in Nord America lo spreco pro capite da parte del consumatore è calcolato intorno ai 95-115 kg all’anno, mentre in Africa sub-sahariana e nel sudest asiatico ammonta a soli 6-11 kg l’anno.
Quanto alle perdite, il rapporto osserva che esse divengono perdite di reddito per i piccoli contadini. Quindi prezzi più alti per i consumatori poveri. “La riduzione delle perdite potrebbe dunque avere un effetto immediato e significativo sulle loro condizioni di vita e sulla sicurezza alimentare dei paesi più poveri”. In Italia, la Coldiretti stima che annualmente si spreca cibo per circa 37 miliardi di euro, sufficienti a nutrire 44 milioni di persone. Circa il 3% del Prodotto interno lordo finirebbe nella spazzatura. Il Rapporto Fao esamina alcune delle cause, e propone cambiamenti quale “vendere i prodotti della terra direttamente senza dover conformarsi alle norme qualitative dei supermercati… tramite negozi e mercati gestiti dai produttori.” Cambiamenti anche dell’atteggiamento di chi compra: “I consumatori dei paesi ricchi sono in genere incoraggiati a comprare più cibo di quello di cui hanno in realtà bisogno. Ne è un esempio il classico compra tre e paghi due proposto in molte promozioni, come pure le porzioni eccessive dei pasti pronti prodotti dall’industria alimentare. Ci sono poi i buffet a prezzo fisso offerti da molti ristoranti che spingono il consumatore a riempire il proprio piatto oltre misura”…. [...Leggi tutto su Il Fatto Quotidiano]