Che in questi giorni, tra l’Arena e quel programma mediaset in cui girano quei tali con occhiali ed abito scuro a caccia di improbabili “sgup”, lo sputtanapoli abbia dato il meglio di sè, è piuttosto chiaro.
Come se l’arrivo della primavera svegliasse irrisolti conflitti personali, laddove sole e mare sono soltanto una immagine pallida.
E’ triste, tuttavia, doverlo notare su quei quotidiani la cui linea editoriale vorrebbe ispirarsi al “politically correct” , al riformismo, ai più puri sentimenti di democrazia e libertà. Proprio come sul quotidiano La Repubblica.
Un articolo di Gianni Clerici, sulla chiusura degli internazionali di tennis, così esordisce: “Alla fine di una delle più deludenti partite che ricordi, tra le mille di Federer, sono andato a frugare nel cestino della carta straccia per tentare di ritrovarvi le mie note sulle finali del doppio e del singolare femminili. Sfortunatamente le avevano già buttate nell’immondizia che, come a Napoli, impedisce il riciclo. (…)”
Ancora una volta, come sempre, troviamo stucchevole e patetico, il voler continuare ad utilizzare Napoli (ed il Sud) come termini di paragone diminutivi e di minoranza, soprattutto in contesti per i quali il buon senso ed il rispetto, dovrebbero suggerire il silenzio.
A prescindere dalla veridicità o meno di quanto afferma (ricordiamo a Clerici che in molti quartieri di Napoli la raccolta differenziata viene effettuata ed anche con risultati egregi, ricordiamo altresì a Clerici che tra Napoli e Caserta i terreni sono saturi di rifiuti tossici provenienti proprio da quelle zone con le strade linde e pinte dove la raccolta differenziata supera il 100%), ci chiediamo se il giornalista in questione ci concede, da oggi in poi, di poterlo usare come riferimento delle nostre figure retoriche, così come ha fatto lui con Napoli.