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Lo Stato come holding

Creato il 01 ottobre 2012 da Arancia_rossa

Il Sud resta la cenerentola del discordo pubblico in Italia, ormai è abolito come problema; la conferenza per il Mezzogiorno indetta dal Partito democratico a Lamezia Terme (CZ) è un “fuoco morto” che il segretario Bersani alimenta per scaldare la base in vista delle primarie. Il meridionalismo del leader democratico, che preferisce il Sud ad una foto con Clinton, introduce il vero tema: il Paese non ha fatto ancora la pace con l’ottica federalista. Bersani fa autocritica per la riforma del titolo V, licenziata sbrigativamente dal centrosinistra nel 2001, mentre il Laziogate scoperchia la caldara della corruzione politica al livello delle regioni, la cui autonomia si è tradotta in un’indecorosa abbuffata di pubblici danari. Altro che federalismo. Ci mancavano i conti da Pasqualino al Colosseo. Già i criteri di convergenza dei bilanci statali nell’Unione Europea compromettono la manovrabilità delle finanze regionali, frenano il processo di devoluzione quando non lo invertono. Niente dovrà interferire con i piani di emissione dei debiti sovrani per i prossimi vent’anni, specie gli enti sub-statali la cui contabilità si consolida con quella degli stati nazionali all’insegna del rigore. La sanità, che incide per i due terzi sui bilanci delle regioni, deve essere organizzata in maniera conforme al Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria con esiti imprevedibili. Una gabbia elettrificata rinchiude i cosiddetti “governatori”, una dinamica politico-economica sfavorevole ristabilisce la gerarchia istituzionale che s’intendeva superata con la legge costituzionale 3/2001: lo Stato come holding, le regioni sue controllate.



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