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Lo stato dei territori. Meno spazio, meno numeri = Democrazia Partecipativa

Creato il 22 agosto 2015 da Paologiardina

Lo stato dei territori.  Meno spazio, meno numeri = Democrazia PartecipativaCosì come l'"Odissea" segue all' "Iliade" , e i due poemi, per avere l'esatta visone dell'insieme, vanno letti con questa cronologia, allo stesso modo occorre leggere la storia, solo questa può aiutarci a capire quello che siamo.

Lo stato dei territori.  Meno spazio, meno numeri = Democrazia Partecipativa
Nel 1957, il Professor Giovanni Sartori, dapprima politologo, poi politico, con la lucidità che gli era propria, da politologo, sintetizza il tema in questo modo: "l'esperienza storica ha prodotto e collaudato due tipi di democrazia: la democrazia diretta, e quella indiretta. La prima è un esercizio in proprio e in questo senso diretto del potere, laddove la seconda è un sistema di controllo e di limitazione del potere... gli stati democratici moderni sono tutti di tipo rappresentativi e che la democrazia come partecipazione diretta è possibile in certe condizioni e non in altre; e correlativamente che la democrazia rappresentativa è l'unica possibile in quelle condizioni nelle quali la partecipazione diretta è impossibile. Non ci può essere partecipazione a distanza, tra assenti. La formula della partecipazione risulta perciò inutilizzabile quando entrano in gioco vasti territori e nazioni..."

Lo stato dei territori.  Meno spazio, meno numeri = Democrazia Partecipativa
In sostanza occorre rifarci a quel termine fortemente abusato, "Federalismo", con il quale si intende uno stato gestito dai territori. Un termine che oggi, nella percezione comune ha assunto una connotazione negativa, per il tentativo mal riuscito di una parte politica, che con l'applicazione di questo strumento ha cercato di dimostrare una superiorità di una zona geografica dell'Italia, rispetto ad un altra. Ma, se inteso nel suo significato "principale" rimane l'unica soluzione possibile in tema di organizzazione dello Stato.

La politica dei territori è l'unica via d'uscita, che può consentire una crescita prima culturale e poi economica delle comunità. L'attuazione si rende improbabile per un motivo semplicissimo: coloro che gestiscono il potere a Roma o a Palermo, non vogliono cedere nulla, neppure con le parole rispetto a questo tema. Di più, il personale politico delle comunità tende all'accentramento, sia nella gestione delle città, ma soprattutto per l'innata tendenza a diventare politici di primo livello.

La battaglia per conquistare questa autonomia non è semplice, anzi appare impossibile, tuttavia essendo l'unica via d'uscita, una via di fuga, si impone come un obbligo ottenerla, pertanto non ci resta che muoverci in questa direzione.

E' venuto il tempo in cui, cittadini e politici, insieme, si rendano conto che l'attuazione di una vera politica dei territori, con una democrazia partecipativa, è improrogabile.

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Scritto e pubblicato nel Giugno 2013


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