Introduzione di Matteo Vitiello
Trovo davvero patetica la visione della vita di alcune persone. Patetica è dir poco, perché le conseguenze di questa inettitudine al vivere tranquilli e sereni ha conseguenze mortali sulla vita di altre persone, innocenti ed indifese, tristemente coinvolte nella violenza che nasce da paranoie e fanatismi altrui.
Se apro un giornale, accendo la tv o navigo in rete, c’è sempre una notizia che parla di guerre o “tensioni” (mi piace come alcuni giornalisti usano questa parola per smorzare la crudeltà degli scontri e delle guerre) in Medio Oriente.
Da quando sono nato, non c’è stato un giorno in cui non abbia sentito parlare di guerre in Medio Oriente.
Brevemente, una prima riflessione. Questa gente è incapace di svegliarsi la mattina, fare colazione e andare a fare una passaggiata al parco,
incontrarsi con amici, chiacchierare, prendere qualcosa da bere o da mangiare? Oppure, se le cose vanno male, cercare di darsi da fare e costruire qualcosa, fare qualcosa, condividere ansie e preoccupazioni per FARE qualcosa di costruttivo con gli altri? O sono solo capaci di fare guerre in nome del dogmatismo religioso ed uccidersi l’uno con l’altro?
Penso che non siano capaci di vivere tranquilli, sono limitati a vedere la vita in bianco e nero: o sei con Allah o sei un peccatore. O sei di questa etnia o ti ammazzo. E così via. Tutta la loro vita pare annacquata in una fanghiglia religiosa, secondo la quale si sentono divinamente prescelti ed i loro fini giustificano i mezzi. Così si prendono decisioni in Medio Oriente, incapaci di vivere senza guerra e violenza.
Ora una seconda riflessione. L’altra grande notizia che vende giornali e genera traffico nella web è l’America, i gloriosi Stati Uniti d’America, con il loro presidente che ci dice: “non vi preoccupate, noi difendiamo il mondo dai terroristi”.
Gli Stati Uniti pensano di essere la panacea d’ogni male, coloro che salvano il mondo dalle guerre sante islamiche. Chi dice che gli USA sono il bene, i protettori?
Il bene ed il male convivono dentro le persone. A seconda della coscienza, della saggezza e delle relazioni sociali tra queste persone, ne scaturiscono azioni violente e guerre od amore, cooperazione e pace.
Fino ad oggi l’America ha dimostrato di essere la regina dell’ipocrisia ed il Medio Oriente il re del fanatismo religioso. Entrambi hanno optato per l’odio reciproco e la violenza.
L’incapacità dell’essere umano di guardare oltre al proprio naso, l’incapacità di riconoscersi per quello che è, l’incapacità di scendere dal piedistallo delle proprie convinzioni, tipo “io sono il bene e porto la pace nel mondo” o “io sono il prescelto, io ho ragione, voi siete peccatori e dovete morire”, hanno reso il mondo la polveriera attuale.
A me, entrambe le fazioni, fanno pena, perché nessuno è stato ancora capace di dare il buon esempio all’altro. Anzi, continuano a fomentare l’odio nei propri figli.
Qualche giorno fa ho ricevuto una proposta di pubblicazione da parte di Lorenzo Piersantelli, storico e blogger, redattore dell’articolo che segue, interessante e ben documentato. Ve ne consiglio la lettura.
M.V.
Lo “Stato Islamico”: jihadismo o creazione occidentale?
[di Lorenzo Piersantelli]
“Il terrorismo è la nuova forma della guerra, è il modo di fare la guerra degli ultimi sessant’anni: contro le popolazioni, prima ancora che tra eserciti o combattenti. La guerra che si può fare con migliaia di tonnellate di bombe o con l’embargo, con lo strangolamento economico o con i kamikaze sugli aerei o sugli autobus. La guerra che genera guerra, un terrorismo contro l’altro, tanto a pagare saranno poi civili inermi” (Gino Strada)
Leggi, teorie e definizioni che rappresentano riferimenti normativi internazionali: riferimenti universali o manovrati a proprio piacimento, o meglio a seconda
30 Aprile 2014: il Dipartimento di Stato statunitense pubblica il suo rapporto annuale sulle organizzazioni terroristiche attive in tutto il mondo, relazionando ciò che è accaduto nel 2013. Ciò che emerge da questo rapporto è la solita conferma, o per essere più precisi, consapevolezza: i governi a stelle e strisce che si sono succeduti non hanno perso la loro letale abitudine, ovvero definire terroristi solo coloro che non appoggiano il loro piano di controllo assolutistico del mondo, che rappresenta un tentativo di imperialismo coloniale del Terzo millennio.
Un’analisi molto accurata su questa prassi rigorosamente made in USA arriva da Thierry Meyssan, studioso ed analista di politica internazionale nella stampa araba, latino-americana e russa e fondatore del portale “Rete Voltaire”, nonché autore del saggio “Il Pentagate. Altri documenti sull’11 Settembre”.
In suo interessante articolo datato 5 Maggio 2014, dal titolo “Il terrorismo visto da Washington” , Meyssan elenca tutte le contraddizioni e le volontarie omissioni del Dipartimento di Stato USA in materia di terrorismo internazionale, come ad esempio la teoria secondo cui “la Siria è il centro mondiale del terrorismo, ma nessun siriano ne è stato vittima nel corso dell’anno. Perciò, la Siria non è toccata dal terrorismo, ne è al contrario il principale e più vecchio sostegno nel mondo”.
Tratto dall’articolo di T. Meyssan [articolo completo: http://www.voltairenet.org/article183631.html]:
Per le Nazioni Unite, il terrorismo è, secondo la definizione del ricercatore olandese Alex P. Schmid: ‘un metodo d’azione violenta ripetuta volto
a ispirare l’ansia, usato da attori individuali, in gruppo o su base statale, (semi-) clandestini, per ragioni idiosincratiche, criminali o politiche, per cui – a differenza dell’assassinio – gli obiettivi diretti della violenza non sono i principali obiettivi. Le vittime umane immediate della violenza sono generalmente scelte a caso (bersagli d’occasione) o selettivamente (obiettivi rappresentativi o simbolici) presso una popolazione obiettivo, e servono come generatori di messaggi. I processi di comunicazione basati sulla violenza o la minaccia tra le (organizzazioni) terroriste, le vittime (potenziali), e gli obiettivi principali sono utilizzati per manipolare l’obiettivo (pubblico) principale, rendendolo bersaglio del terrore, un obiettivo di richieste, o un oggetto mirato di attenzione, a seconda che l’intimidazione, la coercizione, o la propaganda sia il primo obiettivo’. Ma dal 2004 l’ordinamento statunitense definisce il terrorismo come ‘atti premeditati di violenza politica contro dei non-combattenti da parte di gruppi subnazionali o agenti clandestini’.
Questa definizione punta a condannare come criminali gli atti di resistenza al colonialismo o all’imperialismo e a cancellare i crimini commessi dallo stato coloniale di Israele e dagli stati imperialisti occidentali, in primis gli Stati Uniti stessi. La definizione assimila la Resistenza al terrorismo. Prima della Seconda Guerra Mondiale, il termine ‘resistenza’ designava le forze reazionarie che si opponevano al Progresso. Ma dopo la Guerra mondiale, si riferisce a ‘qualsiasi movimento che si oppone all’occupazione di un paese da parte di forze straniere’ in riferimento alla Resistenza francese contro i collaborazionisti dei nazisti e i funzionari civili o militari del Reich.
Agosto 2014: il mondo assiste passivamente alle più cruente torture da parte dei jihadisti sunniti che compongono il Califfato dello Stato Islamico e che hanno occupato alcune aree nel nord dell’Iraq e della Siria. Vittime di queste atroci torture e di queste uccisioni sarebbero le minoranze di cristiani e di yazidi e curdi.
E sulla base anche di un progressivo e sistematico indebolimento di Iraq e Siria, il gruppo jihadista “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante”, più noto come ISIL, continua ad estendere il suo dominio sotto la guida del leader Abu Bakr al Baghdadi: il gruppo vanta sostegni finanziari ed armamenti di gran lunga superiori ad al-Qaeda e prosegue il suo accaparrarsi consensi col ricorso alla violenza estrema ed al predicare il principio della “purezza islamica sunnita”. E la sottrazione armata ai due Stati delle province ricche di giacimenti petrolifere assicurerebbe alle milizie fondamentaliste un costante flusso di denaro.
Dal 9 Giugno 2014, le milizie guidate da Abu Kabr hanno occupato città importanti come Mosul, capitale settentrionale dell’Iraq che sorge sulle sponde del Tigri, e gran parte di quelle aree sunnite irachene. Anche l’area occidentale della Siria è stata annessa al comando dell’ISIL, proprio in piena “continuità territoriale col suo feudo iracheno”.
Un’interminabile sequenza di esecuzioni sommarie di chiunque si trovi sul cammino di questa milizia jihadista sunnita; e il sospetto sempre più prossimo a diventare realtà di una regia occidentale che porta ad insediarsi in un’area ritenuta fondamentale dal punto di vista di una politica energetica internazionale: ovvero la presenza dei pozzi di petrolio più prolifici al mondo.
A confermare questa tesi, ci sono anche degli studi condotti da F. William Engdahl, noto giornalista d’inchiesta ed analista politologo in ambito internazionale.
Il primo aspetto a conferma di questa tesi fa capo alle testimonianze raccolte da alcuni giornalisti iracheni, che riferiscono come i miliziani dell’ISIL abbiano invaso la strategica regione di Mosul, città del nord iracheno vicina al confine con la Siria, senza incontrare nessuna resistenza. Inoltre, molti abitanti della città di Tikrit riferiscono di numerosi soldati iracheni che avrebbero ceduto armamenti ed uniformi ricevute dal governo statunitense alle milizie jihadiste.
Ad architettare e permettere la perfetta messa in atto delle conquiste territoriali da parte dell’ISIL sarebbe, sempre secondo William Engdahl, il Generale Ibrahim Al Douri, ex comandante della fazione politica Baath e successore designato di Saddam Hussein, ufficialmente noto come pericoloso terrorista tra i più ricercati dal governo e dall’intelligence statunitensi, ma che vanta amicizie molto influenti ed altolocate negli USA.
C’è poi l’aspetto finanziario dell’ISIL: è documentato che gran parte dei sussidi finanziari che la milizia percepisce provengono da tre Stati storicamente alleati con gli States: Kuwait, Qatar ed Arabia Saudita, da cui provengono i maggiori azionisti di corporations a stelle e strisce. Basti pensare che solo i sauditi detengono più dell’otto per cento, in azioni e quote societarie, dell’economia USA. E non va dimenticato che da pochi anni il capo dell’intelligence saudita è il Principe Bandar Bin Sultan, ex ambasciatore saudita negli USA e molto legato alla famiglia Bush, a Dick Cheney, a Donald Rumsfeld e a molti alti funzionari della CIA.
Un funzionario del governo giordano interpellato da Engdahl, coperto da anonimato ma ritenuto da più organi di stampa indipendenti piuttosto autorevole, afferma che già nel 2012 uomini dell’ISIL sarebbero stati addestrati dalla CIA, insieme a uomini dell’intelligence turca e giordana e ai ribelli siriani contro il regime di Assad, in un campo segreto a Safawi, nell’area desertica situata a nord della Giordania; e, particolare ancora più inquietante, i finanziamenti a beneficio di questa base segreta proverrebbero proprio dall’Arabia Saudita e dal Qatar.
Non è la prima volta che in campi americani segreti di addestramento in Giordania, come questo di Safawi, ed in altri Paesi vicini, migliaia di combattenti di matrice jihadista “sarebbero stati edotti dagli istruttori statunitensi alle tecniche di guerriglia, sabotaggio e terrorismo”. Sembra esserci anche questa ragione alla base dello scarso contrasto, almeno finora, degli USA all’intensificarsi dei gravi sviluppo della questione irachena.
Inoltre, in un suo recente articolo, il reporter iracheno Sabah Zanganeh avvalora questa tesi scrivendo: “L’Isil non avrebbe avuto certo la possibilità di conquistare Mosul, facendo conto solo sulle sue forze. Ciò che è accaduto, piuttosto, appare come il risultato della collaborazione tra le intelligence di alcuni Paesi della regione con gruppi estremisti del governo iracheno”.
29 Giugno 2014: lo “Stato islamico dell’Iraq e del Levante”, o ISIL, gruppo sunnita-jihadista nato sulla base di un progressivo e sistematico indebolimento di Iraq e Siria e guidato da Abu Bakr al Baghdadi annuncia la nascita di un califfato islamico dal nord della Siria alla provincia irachena di Diyala. Il califfo nominato di questo nuovo “stato” è proprio Abu Bakr al-Baghdadi, dopo un’interminabile sequenza di esecuzioni sommarie di chiunque si trovi
Dietro questo nuovo califfato di fondamentalisti, annunciato con proclami che risuonano come vere e proprie minacce alla sicurezza internazionale ci sono forti dubbi: sia sul pericolo o meno rappresentato da questa cellula nata dalla scissione da al-Qaeda, sia sulle dietrologie di questo evento. A tal proposito, più fonti ed analisti internazionali autorevoli hanno ipotizzato tutto ciò come un progetto ben organizzato coordinato dagli USA e dalla NATO.
Personalmente ritengo che qualsiasi teoria fondata sulla base di un riscontro documentale, come questa, vada analizzata e valutata con la massima obiettività, soprattutto se supportata da documenti declassificati dei governi coinvolti.
Un’analisi molto accurata è stata condotta dal Prof. Michel Chossudovsky, docente emerito di Economia presso l’Università di Ottawa, analista internazionale ed autore di “The Globalization of Poverty and The New World Order” (2003), bestseller internazionale tradotto in pià di dieci lingue, di “War on Terrorism” (2005), nonché fondatore e direttore del “Centro di ricerca sulla globalizzazione”.
In un suo articolo datato 5 Luglio 2014 ed intitolato “Lo Stato Islamico, il ‘Progetto Califfato’ e la ‘guerra Mondiale contro il terrorismo’ ” (tradotto in italiano al link http://www.ossin.org/iraq/lo-stato-islamico-il-progetto-califfato-e-la-guerra-mondiale-contro-il-terrorismo.html), il Professor Chossudovsky riporta una serie di documenti che dimostrerebbero come tutto ciò sia un progetto già ideato nel 2004 dal National Intelligence Council, o NIC, del governo USA:
La leggenda di Al Qaeda e la minaccia di un ‘Nemico Esterno’ viene alimentata da molti media e dalla propaganda governativa. Nell’era post-11 settembre 2001, la minaccia terrorista di Al Qaeda costituisce la pietra angolare della dottrina militare USA/NATO. Essa giustifica – sotto copertura di azioni umanitarie – le ‘operazioni antiterroriste’ in tutto il mondo. Conosciute e documentate, talune entità affiliate a Al Qaeda sono state strumentalizzate da USA/NATO in molti conflitti quali “elementi attivi della intelligence”, fin dagli epici momenti del conflitto tra l’Afghanistan e l’Unione Sovietica. In Siria i ribelli di al Nusra e di ISIS sono le truppe dell’alleanza militare occidentale, che a sua volta supervisiona e controlla il reclutamento e l’addestramento di forze paramilitari.
Mentre il Dipartimento di Stato USA accusa diversi paesi di ospitare i terroristi, gli Stati Uniti sono, al livello mondiale, lo “Stato Sponsor del terrorismo” numero 1: Lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS, Islamic State of Iraq and al-Sham) – che imperversa sia in Iraq che in Siria – viene segretamente sostenuto e finanziato dagli USA e dai loro alleati, tra cui la Turchia, l’Arabia saudita e il Qatar. Inoltre il progetto di califfato sunnita dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante coincide con un vecchio progetto USA diretto a spezzettare l’Iraq e la Siria in territori distinti: un califfato islamico Sunnita, una Repubblica Araba Sciita, una Repubblica del Kurdistan, tra gli altri.
La Guerra Mondiale contro il terrorismo guidata dagli USA costituisce la pietra angolare della dottrina militare statunitense. “Dare la caccia ai terroristi” è un elemento centrale della guerra non convenzionale. L’obiettivo sottostante è quello di giustificare operazioni antiterroriste in tutto il mondo, che consentano agli USA e si loro alleati di ingerirsi negli affari interni delle nazioni sovrane.
Molti autori progressisti e i media alternativi, tutti attenti a seguire gli sviluppi recenti in Iraq, non ne comprendono la logica tutta interna alla ‘Guerra Mondiale contro il terrorismo’. L’ISIS viene spesso considerato come una “entità indipendente” piuttosto che uno strumento dell’alleanza militare occidentale. Peraltro molti attivisti pacifisti impegnati – che si oppongono all’agenda militare della NATO – approvano però il programma antiterrorista di Washington contro Al Qaeda. La minaccia terrorista mondiale viene considerata come ‘reale’. ‘Noi siamo contro la guerra, ma appoggiamo la Guerra Mondiale contro il terrorismo’”.
Il progetto Califfato e il Rapporto del Consiglio Nazionale di Informazione USA
Un nuovo flusso di propaganda è stato messo in movimento. Il capo dell’ormai defunto Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS), Abu Bakr al-Baghdadi, ha annunciato il 29 giugno 2014 la creazione di uno Stato islamico.
I combattenti fedeli al ‘Califfo Ibrahim ibn Awwad’, ovvero Abu Bakr al Baghdadi come era conosciuto fino all’annuncio di domenica 1 luglio, si ispirano al Califfato Rachidun (Il Califfato “ben guidato” retto dai primi quattro successori di Maometto, ndt), succeduto al Profeta Maometto nel 7° secolo, e viene venerato dalla maggior parte dei Mussulmani (Daily Telegraph, 30 giugno 2014)
È di una ironia crudele il fatto che il progetto di Califfato, come strumento di propaganda, giaccia nei cassetti dei Servizi USA da più di dieci anni. Nel dicembre 2004, ancora sotto l’amministrazione Bush, il Consiglio Nazionale di Informazione (NIC, National Intelligence Council) aveva previsto che, entro l’anno 2020, si sarebbe costituito un nuovo Califfato, tra il Mediterraneo Occidentale e l’Asia Centrale e l’Asia del Sud-Est, minacciando la democrazia e i valori occidentali. Le ‘scoperte’ del NIC sono state pubblicate in un rapporto di 123 pagine accessibile al pubblico, intitolato ‘Tracciare il futuro mondiale’ (‘Mapping the Global Future’) .
‘Un Nuovo Califfato ci dà un esempio di come un movimento mondiale alimentato da politici radicali di identità religiosa potrebbe rappresentare una sfida alle norme e ai valori occidentali, quali fondamento di un sistema mondiale’.
Il rapporto del NIC del 2004 rasenta il ridicolo, del tutto privo come è di elementi di informazione e di analisi storica e geopolitica. La sua narrazione inventata sul Califfato, però, rassomiglia in modo impressionante all’annuncio, rilanciato in tutto il net, della creazione del Califfato da parte del capo dell’ISIS, Abu Bakr al-Baghdadi.
Il rapporto del NIC presenta un sedicente ‘scenario fantastico scritto da un immaginario nipote di Ben Laden a un membro della famiglia nel 2020′. È su questa base che si avventura in previsioni per l’anno 2020. Basandosi sulla lettera di un nipote inventato di Ben Laden, piuttosto che su elementi informativi ed una analisi empirica, la comunità USA di intelligence ne ricava che il Califfato rappresenta un pericolo reale per il mondo e la civiltà occidentale.
Da un punto di vista propagandistico, l’obiettivo perseguito dal ‘progetto Califfato’ – così come descritto dal NIC – è di demonizzare i Mussulmani in vista di giustificare una crociata militare:
‘Lo scenario immaginario descritto costituisce un esempio di come un movimento mondiale alimentato da un comunitarismo religioso radicale potrebbe emergere’. Secondo questo scenario, viene proclamato un nuovo Califfato e contribuisce a fare avanzare una potente contro-ideologia che si combina con estesi interessi. Viene messo in scena nella forma di una ipotetica lettera di un nipote imaginario di Ben Laden a un membro della famiglia nel 2020. Racconta le lotte del Califfo per tentare di strappare l’egemonia ai regimi tradizionali, nonché i conflitti e la confusione che si creano conseguentemente nel mondo mussulmano e all’esterno, tra i Mussulmani e gli Stati Uniti, l’Europa, la Russia e la Cina. Mentre la capacità del Califfo di mobilitare sostegni varia, alcune zone lontane dal centro mussulmano del Medio Oriente – in Africa e in Asia – entrano in convulsione a causa dei suoi appelli. Lo scenario termina prima che il Califfo riesca a consolidare sia l’autorità spirituale che quella temporale sul suo territorio – come è stato storicamente per i Califfati precedenti. Alla fine, si traggono alcune lezioni’. (Mapping the Global Future, p.83)
La pagina 90 del rapporto “Mapping the Global Future”
Questo rapporto ‘imposto’ del NIC, ‘Mapping the Global Future’ non è stato solo presentato alla Casa Bianca, al Congresso e al Pentagono, è stato anche trasmesso agli alleati degli USA. La ‘minaccia proveniente dal mondo mussulmano’, cui fa riferimento il rapporto del NIC (compresa la sezione sul progetto di Califfato) dimora fermamente nella dottrina militare di USA/NATO.
L’intenzione era che il documento del NIC fosse letto da dirigenti di alto livello. Insomma faceva parte della campagna di propaganda ‘TOPOFF’ (‘Top Official’, responsabili di alto rango) che ha per destinatari gli alti funzionari che assumono le decisioni di politica estera e militare, senza dimenticare gli intellettuali, i ricercatori e gli attivisti di ONG. L’obiettivo è di fare in modo che i ‘responsabili di alto rango’ continuino a credere che i terroristi islamisti minacciano la sicurezza del mondo occidentale.
Il fondamento teorico dello scenario del Califfato è lo ‘scontro di civiltà’, che giustifica, agli occhi dell’opinione pubblica, gli interventi degli USA nel mondo nel quadro di un’agenda mondiale anti terrorista.
Da un punto di vista geopolitico e geografico, il Califfato si estende su una vasta regione sulla quale gli Stati Uniti tentano di accrescere la loro influenza economica e strategica. Come ha detto Dick Cheney, a proposito del rapporto del NIC del 2004:‘Dicono di volere ricostruire qualcosa che potreste chiamare il Califfato del 7° secolo. E’ il mondo come era organizzato 1200 o 1300 anni fa, quando l’Islam o genti mussulmane controllavano tutto, dal Portogallo e la Spagna a Ovest, attraverso il Mediterraneo verso l’Africa del Nord, tutta l’Africa del Nord, il Medio oriente, risalendo nei Balcani, le Repubbliche dell’Asia Centrale, l’estremo sud della Russia, buona parte dell’India, fino a quella che oggi è l’Indonesia. In una parola, da Bali e Giacarta da un lato, fino a Madrid dall’altro’ (Dick Cheney).
Quello che Cheney descrive nel contesto di oggi è una vasta regione che si estende dal Mediterraneo all’Asia Centrale e all’Asia del Sud-Est, nella quel gli USA e i loro alleati sono direttamente impegnati in diverse operazioni militari e di spionaggio. L’obiettivo confessato del rapporto del NIC era di ‘preparare la successiva amministrazione Bush alle sfide che l’attendevano, facendo delle proiezioni a partire dalle tendenze del momento, che potessero costituire una minaccia per gli interessi USA’.
Il documento del NIC partiva, non dimentichiamolo, dalla ‘ipotetica lettera di un immaginario nipote di Ben Laden ad una membro (immaginario) della famiglia nel 2020′. ‘Le lezioni da trarre’, cosi come vengono abbozzate nel documento‘imposto’ del NIC sono le seguenti:
- Il progetto di califfato ‘costituisce una seria sfida all’ordine internazionale’
- ‘La rivoluzione delle tecnologie dell’informazione riuscirà probabilmente ad ampliare lo scontro tra il mondo occidentale e il mondo mussulmano…’.
Il documento fa riferimento all’appello ai Mussulmani lanciato dal Califfo e conclude che: ‘La proclamazione del califfato non ridurrà i rischi di terrorismo e l’instaurarsi di nuovi conflitti’.
L’analisi del NIC suggerisce che la proclamazione di un califfato provocherà una nuova ondata di terrorismo di matrice mussulmana, giustificando in tal modo una nuova escalation nella Guerra Mondiale contro il Terrorismo da parte degli USA:
‘La proclamazione del Califfato… potrà generare una nuova generazione di terroristi risoluti ad attaccare quelli che si oppongono al Califfato, che siano interni o esterni al mondo mussulmano’.
Quello che il rapporto omette di menzionare è che l’intelligence USA, in cooperazione con il MI-6 inglese e il Mossad israeliano, è segretamente impegnata nel sostegno sia ai terroristi che al progetto di califfato.
A loro volta, i media si sono impegnati in una nuova ondata di menzogne e di invenzioni, focalizzandosi su una nuova ‘minaccia terrorista’ proveniente non solo dal mondo mussulmano, ma dai ‘terroristi islamisti domestici’ in Europa e in America del Nord. [www.ossin.org]
Emerge dunque il tanto sospettato coinvolgimento di quei Paesi che si trovano impegnati nel vortice dei conflitti del Medioriente, area da sempre strategica dal punto di vista economico-militare.
7 Agosto 2014: Obama autorizza i bombardamento aerei in Iraq, con lo scopo di colpire gli obiettivi dell’ISIL e fermare il massacro di cristiani e di yazidi, ed il lancio tramite paracadute di aiuti umanitari ed esclude, momentaneamente, la missione militare via terra.
14 Agosto 2014: circa cento marines atterrano sul Monte Sinjar, nel Nord dell’Iraq, per sostenere la fuga di più di trentamila yazidi minacciati dai jihadisti dell’ISIL. Questi soldati americani sono chiamati a rafforzare un contingente ridotto di truppe speciali americane e britanniche, lo stesso contingente che dal 7 Agosto guida i raid aerei contro le artiglierie del Califfato guidato Abu Bakr al Baghdadi.
Ben Rhodes, consigliere della Casa Bianca sulle questioni strategiche, dichiara espressamente: “Nei prossimi giorni il presidente Barack Obama riceverà delle raccomandazioni su come salvare i civili assediati nel Nord Iraq e includeranno l’invio di truppe di terra”.
Anche la Francia comunica che inizierà ad armare i yazidi perseguitati dall’Isil, che intanto avanza, conquistando sempre più aree e città di primaria importanza.
Sembrerebbe una normale azione di tutela di minoranze etniche dalle barbarie dei jihadisti dell’ISIL, se non fosse che una dichiarazione di Edward Snowden, l’ex informatico al servizio dell’NSA, affermi ben altro, supportato da documenti declassificati dell’NSA: in un articolo firmato G.B. e pubblicato in data 9 Agosto 2014 da “Tribuno del Popolo” si legge una precisa sintesi di tutto ciò:
“
Al Baghdadi, il leader dell’Isis, ovvero il gruppo jihadista estremista che vuole formare un califfato tra Iraq e Siria, sarebbe al soldo degli Stati Uniti. Edward Snowden però ha reso pubblico un documento dell’Nsa che rivelerebbe come Al Baghadi sia in realtà stato formato dai servizi americani e israeliani proprio per dirigere l’Isis. Altro che guerra al terrore… Se volete capire bene come mai Edward Snowden rimarrà ancora a lungo a vivere in Russia vi basterà leggere attentamente quanto successo in merito all’Isis in Medio Oriente. Secondo un documento dell’Nsa reso pubblico proprio da Snowden sarebbe emerso che l’Isis sarebbe niente altro che una creatura dei servizi segreti occidentali, e anche anche il suo capo, il temibile Abu Bakr Al Baghdadi, altro non sarebbe che uomo al soldo dei servizi israeliani e americani, già detenuto proprio dagli Stati Uniti a Camp Bucca nel 2004. Secondo il documento di Snowden insomma, i servizi britannici, americani e israeliani sarebbero direttamente responsabili della creazione dello Stato Islamico d’Iraq e Siria (Isis), una organizzazione estremista e terroristica nata portando tutti i fanatici del mondo nello stesso posto, ovvero il nord della Siria strappato a Damasco mediante violenze inenarrabili. Secondo il “Gulf Daily News”, dietro alla figura di Al Baghdadi ci sarebbe il Mossad, che avrebbe addestrato in prima fila molti dei soldati dell’Isis. In sostanza Israele avrebbe appoggiato l’Isis per creare la percezione di una minaccia forte ai propri confini, anche se la notizia è stata smentita dal diario personale dell’ex primo ministro israeliano Moshe Sharett, il quale ha affermato che Tel Aviv non ha mai preso sul serio la minaccia musulmana alla propria sicurezza nazionale. Ma vere o false che siano le voci su Al Baghdadi abbiamo sufficienti elementi in mano per sostenere che se non altro fino a pochi mesi fa nessuno in Occidente prendeva sul serio l’Isis, al contrario, le cancellerie occidentali probabilmente leggevano con con soddisfazione di attacchi contro l’esercito siriano. Ora l’Isis ha attaccato l’Iraq, guardacaso altro paese allineato con Damasco e Teheran, guardacaso tutte guerre contro avversari storici di Stati Uniti e Israele.” [http://www.tribunodelpopolo.it/al-baghdadi-creatura-degli-usa-lo-sostiene-snowden/]
Se ciò fosse vero, sarebbe la conferma di quel “disegno” degli USA che risale al 2004: creare il Califfato ed addestrare i suoi appartenenti.
Una serie di analisi spaventosamente forti ma anche ampiamente documentate, che lasciano spazio ad un’amara considerazione: se tutto ciò fosse vero, ancora una volta i presupposti per parlare di un’accertata torbida e sanguinaria politica estera degli USA e di quei Paesi a loro “vicini” degli ultimi decenni ci sono, così come emergono sempre più le conseguenze nefaste di questo imperialismo lobbystico. Milioni di vittime tra inermi ed innocenti cittadini, migliaia di soldati morti ed una politica di garanzia e supervisione dell’Unione Europea totalmente inadeguata.
Un quadro internazionale che sembra davvero gettare le basi ad una nuova guerra in Iraq e ad una “nuova Guerra Fredda” ed interessi anche monetari e nel controllo delle risorse energetiche, che vede contrapposti ancora una volta l’asse USA-Regno Unito ed Israele alla Russia. Perché dunque parlare di guerra al terrorismo? E soprattutto, chi sono i terroristi? Fondamentalisti islamici o creazioni delle intelligence occidentali? Intanto, chissà come mai, quasi nessuno parla di quelle guerre che da anni tormentano la Repubblica Centrafricana ed il Sudan…
Lorenzo Piersantelli
[Tutte le fonti dell'articolo sono consultabili sul sito dell'autore, Lorenzo Piersantelli: http://lpiersantelli.wordpress.com/]
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