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Lo Stato viene espulso dall’economia, la legalità è un peso, ma anche la democrazia è un lusso. L’Usb contro il massacro della spending review: “Rilanciamo il conflitto nel pubblico impiego”. 24mila esuberi in arrivo

Creato il 05 agosto 2012 da Cremonademocratica @paolozignani

L’Anci ha presentato una sua soluzione: sforare il patto di stabilità. E’ un sistema che non funziona, non produce sviluppo economico né occupazione, alla fine è arrivata anche Federalberghi a dirci che le vacanze, una volta fenomeno di massa, sono diventate un lusso. In più, col prezzo dei carburanti alle stelle, arrivano nuove stangate, la spending review. Non si riesce nemmeno a tenere aperti i tribunali: due per provincia sono troppi! Si fanno troppi processi per questioni di poco conto, è vero, dovrebbero lavorare di più con adeguato organico i giudici di pace, ma uno Stato che non garantisce neanche la Giustizia che Stato è? E gli esempi purtroppo potrebbero essere altri. Assistiamo a una democrazia fascista – come definirla? autoritaria? Usare belle parole? – nella quale il dissenso è criminalizzato e un giorno sue tre Monti rimprovera chi discute per motivi validi (non mi riferisco al chiacchiericcio politico) perché danneggia lo spread.

Sembra uno scherzo che i sindacati programmino forse uno sciopero tra un mese e poi lascino fare, quando i capitali ci sono, i soldi ci sono, ma intoccabili. Lo Stato è stato espulso dall’economia e l’Usb non dovrebbe rilanciare il conflitto, cioè il diritto di dire no? Di battersi? Ecco il comunicato dell’Usb, chiaro, semplice. Senza istituzioni pubbliche efficienti e in grado di dare servizi, i privati potranno sbizzarrirsi: l’esempio della Brebemi e di Cappella Cantone va ricordato, eppure è solo il più vicino, ed è uno dei tanti in Lombardia.

IL DOTTOR STRANAMORE E I SUOI QUATTRO ASSISTENTI

USB RILANCIA IL CONFLITTO NEL PUBBLICO IMPIEGO

L’incontro di questi giorni fra il ministro Patroni Griffi e le organizzazioni sindacali del pubblico impiego non ha aggiunto molto a quanto già sappiamo: con la spending review si è aperta una stagione di tagli permanenti e progressivi alla Pubblica Amministrazione, con l’obiettivo di ridurre drasticamente e definitivamente la presenza dello Stato e il suo ruolo di erogatore di servizi pubblici. Tale obiettivo è stato enunciato dallo stesso Ministro che ha ribadito la necessità di cominciare a tagliare partendo dal costo del lavoro.

La delegazione di parte pubblica si è presentata ancora una volta decimata per l’assenza dei rappresentanti degli organi territoriali dello Stato – Regioni, Province e Comuni – colpiti dal taglio di 19 miliardi di euro in tre anni e perciò in aperto dissenso con il governo. È ancora più chiaro, dopo l’incontro di ieri, che il maggior costo della spending review sarà pagato dagli enti territoriali, come ha spiegato lo stesso ministro, e si tradurrà nella perdita di servizi per i cittadini e nell’aumento certo delle tasse locali, mentre per i lavoratori delle amministrazioni territoriali si aprirà la strada alla mobilità forzata e al licenziamento. Stessa sorte potrà toccare alle lavoratrici e ai lavoratori delle amministrazioni centrali (Ministeri, Enti pubblici non economici, Agenzie fiscali), che stanno sperimentando sulla loro pelle gli effetti di riorganizzazioni, chiusure selvagge di uffici, accorpamenti di amministrazioni e dovranno abituarsi a una condizione di permanente insicurezza.

Non è per caso che il ministro non abbia voluto fornire le cifre degli esuberi sia per le amministrazioni centrali sia per gli enti territoriali, lasciando per ora parlare la relazione tecnica sulla spending review nella quale si prevedono al momento 24.000 esuberi. Si cerca di ritardare l’ufficializzazione dei numeri per evitare l’acuirsi del conflitto sociale, facendo da sponda a Cgil-Cisl-Uil-Ugl che faticano a gestire il crescente malcontento dei lavoratori pubblici fuori dei palazzi istituzionali. La pubblica amministrazione, dunque, continua ad essere terreno privilegiato di razzia per i governi di ogni colore, compreso quelli cosiddetti “tecnici”, nel disperato tentativo di ripianare un debito pubblico che la speculazione finanziaria continua ad alimentare. Siamo alla vigilia di una nuova stagione di dismissioni del patrimonio pubblico che impoverirà ulteriormente le riserve dello Stato. Ai 19 miliardi di tagli per gli enti locali si sommano già gli oltre 5 miliardi per le amministrazioni centrali e i 7 miliardi in meno per la sanità pubblica, alla quale si impone anche un taglio di almeno il 50% dei posti letto. La spending review diventa uno strumento permanente di riduzione di retribuzioni, diritti, servizi.

Davanti alla gravità di questa situazione, la Cisl prende ancora tempo in attesa di conoscere l’entità degli esuberi, mentre Cgil e Uil annunciano il loro sciopero di fine settembre per reclamare l’applicazione del protocollo sul pubblico impiego del 3 maggio, che ha aperto la stagione della spending review e reso possibile una severa applicazione di criteri selettivi per l’erogazione del salario accessorio in questa dura stagione di blocco di contratti e retribuzioni. Il dottor Stranamore (il ministro Patroni Griffi) tenta di rassicurare i suoi quattro assistenti (Cgil-Cisl-Uil-Ugl) sull’intenzione del governo di aprire un “esame congiunto” di quello che appare sempre di più come il cadavere della pubblica amministrazione. E questo, alla fine, è sufficiente per i sindacati complici, alla disperata ricerca del mantenimento di un ruolo, seppur secondario e insignificante.

In questo scenario USB prosegue la sua mobilitazione, che anche martedì mattina ha visto in piazza la numerosa e rumorosa presenza di lavoratrici e lavoratori pubblici che hanno fatto sentire la loro voce fin dentro le stanze del “palazzo”. USB proporrà a settembre un percorso di conflitto e mobilitazione che sarà chiaro nei contenuti e negli obiettivi, senza fraintendimenti o ipocrisie: no agli esuberi, alla mobilità, ai licenziamenti, alle chiusure selvagge degli uffici e agli accorpamenti frettolosi delle amministrazioni in nome di risparmi costruiti sulla pelle di lavoratori e cittadini.

Licenziamo il governo Monti. Mandiamo a casa chi lo sostiene!

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