Magazine Diario personale

Lo strano caso di me sveglia nel cuore della notte.

Creato il 01 luglio 2014 da Denise D'Angelilli @dueditanelcuore

Ve l’ho detto che se non avete un blog ma avete qualcosa da dire io vi ospito volentieri. Inauguro quindi oggi la rubrica “#comparsate”. Questo regalo me lo ha mandato Cristina Martinelli, anche conosciuta come @Blateratrice_ su twitter. Perfettamente in tema con #ilpostromantico, perfettamente in tema con quello che leggete di solito su questo blog. Enjoy.

” Non sono mai stata una che fa le ore piccole.

Mi piace dormire.

Ma da un po’ di tempo ormai non dormo bene. Passo molto tempo sveglia, a pensare. Proprio come nei film, in quelle scene in cui il protagonista è ad un bivio della sua vita, e sta seduto sul letto senza fare nulla, con una musica d’atmosfera in sottofondo.

Nel mio caso, la musica di sottofondo è di Ice Cube.

Today was a good day”, dice lui.

Non mi trovo per nulla d’accordo. Mi permetto di dissentire, signor Cube.

Oggi non è stato un giorno buono. Non ce ne sono da molto tempo, ormai.

Parliamoci chiaro: la mia vita va alla grande, se la confronto con quella di molte altre persone. Finora ho avuto la fortuna sfacciata di non dover affrontare (facendo tutti gli scongiuri del caso) quelle che sono le vere tragedie della vita.

Eppure si sa, quando si parla d’amore tutto il mondo diventa paese.

La verità è che ultimamente succede che i miei pensieri si stacchino dal corpo, che continua a funzionare col pilota automatico, a fare le cose che devo fare, che gli altri si aspettano che io faccia.

La verità è che non sono lì, io non seguo il mio corpo.

Penso alla luce morbida del sole contro la sabbia, all’attesa che mi faceva formicolare lo stomaco e seccare la gola, alle strade che mi scorrevano tra gli occhi mentre arrivavo da te, seduta su un treno.

Su quel treno che aspettavo di vedere, sentire, annusare per tutto l’anno.

Che cosa strana, i rapporti umani.

Un giorno stai bighellonando tranquillamente nell’universo, e il giorno dopo ti ritrovi ad essere partecipe della vita di qualcun altro.

Un giorno schiacci un tasto presa dalla noia, e poi ti ritrovi a ripensarci su ben 4 anni dopo. Chissà cosa pensavo, esattamente, in quel momento. È interessante pensare a come fossi ignara di quanto quella leggera pressione del mio dito indice avrebbe poi cambiato la mia vita.

Diamo sempre poca importanza a gesti come questo, siamo ignari del loro potenziale. Aristotele ci andrebbe a nozze, con una cosa del genere.

Gira tutto intorno al concetto di potenza e atto.

Quando qualcosa cambia, diceva lui, non passa solo da uno stato di privazione ad uno di acquisizione, ma subisce anche un altro processo: all’inizio era potenzialmente quello che poi è effettivamente diventato.

Ogni nostro gesto, quindi, è potenzialmente la nascita di qualcosa. Una sorta di bomba ad orologeria pronta ad esplodere da un momento all’altro.

Basta una pressione leggerissima.

Anche quella di un dito.

E quel pomeriggio, complice la noia, il destino o chi per esso, quella bomba è decisamente esplosa. Ha mandato in pezzi tutte le mie certezze e tutti i fantasmi che mi portavo dietro, facendo un gran casino nella mia vita.

Sono sempre stata quel genere di persona che ha sempre un buon consiglio per tutti.

Non che questo sia un pregio di particolare rilievo. Non ci vuole un gran talento per sedersi ai bordi della vita altrui e dare direttive, come fanno gli anziani che guardano gli scavi, con le mani incrociate dietro alla schiena.

Pensano di sapere sempre cosa è meglio, cosa andrebbe fatto e in che modo.

Ma quando si parla della propria, di vita, allora le cose cambiano decisamente. Ognuno ha un modo diverso di reagire agli stimoli, al dolore come all’amore.

Io non sono una da mezze misure, non lo sono mai stata.

Non sono il tipo di persona che fa le ore piccole.

Non sono il tipo di persona che fa cose avventate.

Non sono il tipo di persona che prende un treno per saltare verso l’ignoto.

Mi è sempre piaciuta l’idea di avere tutto sotto controllo, di sapere esattamente cosa sarebbe successo e quando. È confortante.

Eppure eccomi qui, 4 anni dopo. Mi guardo da fuori, mi vedo incredula per le tue piccole e inaspettate dimostrazioni d’affetto, mi sorprendo a sorridere pensandoti, mi guardo fare cose che non ho mai fatto prima.

E sì, mi guardo anche arrabbiarmi, urlare la mia frustrazione ad un muro e tirare pugni agli armadi. E piangere. Non me ne vergogno.

Non mi imbarazza pensare che probabilmente tu non l’hai mai fatto, per me. È nella natura delle relazioni umane, quella di essere squilibrate.

In tutti i sensi.

Credo che non esista al mondo qualcuno che ci ami allo stesso modo in cui amiamo noi. Ognuno ama come può.

E io amo in maniera intensa.

Esagerata, diresti tu.

E sia, chissene frega. In fondo mi piace, l’idea di essere esagerata. Mi da l’idea di qualcosa che è visibile anche da lontano, un colore fluo, qualcosa di forte.

Anche se io forte proprio non lo sono, e lo sappiamo entrambi.

Mi ritrovo sempre a tornare da te, senza nessuna pretesa di sembrare forte come non sono, o spavalda, o disinteressata. Torno da te così come sono: senza speranza, senza sale.

E chissà perché, poi. Non sei mai stato granché un gentleman.

Niente gesti d’amore eclatanti, niente dichiarazioni sconvolgibudella. Niente fiori. Niente canzoni. Nessuna di quelle cose da film che mi piacciono tanto.

Ma mi ricordo che eri capace di sorridere, mentre mi baciavi, mi ricordo che mi cercavi per raccontarmi le tue piccole gioie e le tue vittorie di ogni giorno, e quella era anche la mia grande vittoria.
Quello che mi è sempre piaciuto, di te, è che nonostante tutti gli schiaffi, le umiliazioni, gli abbandoni, mi facevi venire voglia di essere una persona migliore.

Mi facevi venire voglia di crescere, di essere più coraggiosa, di prendere in mano la mia vita e darle la direzione che volevo davvero. Di informarmi sul mondo, di lavorare, di uscire, di riempire il mio tempo. Ma volevo che ci fossi tu, in tutti questi cambiamenti.

Volevo che ci fossi tu, a riempire il mio tempo.
E non prendiamoci in giro, lo voglio ancora.

Adesso sono qui, sospesa in questo tempo nebuloso e informe, ad aspettare. Passo lo sguardo sulle persone intorno e non vedo nessuno. Scivolo via.

Aspetto.

In un momento della mia vita in cui niente è come vorrei, in cui mi sento persa, io aspetto.

Aspetto che mi vieni a prendere. “

Cristina Martinelli



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :