Lo straordinario abbaglio del dottor Jekyll e del signor Hyde – parte seconda

Creato il 23 ottobre 2011 da Einzige
qui la parte prima
eravamo rimasti chiedendoci se il presupposto concettuale sul quale è stata fondata l’intera civiltà occidentale- l’homo homini lupus, la volontà di sopraffazione e violenza dell’essere umano sull’altro, per reprimere la quale ci siamo dotati di istituzioni e governi- non sia, in realtà, il frutto di un grosso, madornale, imperdonabile sbaglio. ovvero: è possibile che la valutazione sostanzialmente negativa delle predisposizioni umane sia, appunto, un abbaglio colossale?stando alle ricerche etnografiche e biologiche, a quanto pare, sì.
I.il canto della caverna
ciò che gli studiosi riportano è sconcertante, (e ancor più lo è- secondo me- l’averlo ignorato fino a tempi recenti). l’occidente appare essere il campione della contrapposizione teorica tra physis e nomos e, manco a dirlo, è nettamente schierata a favore del secondo termine. ed è imbarazzante considerare quanto, sotto questo punto di vista, sia isolata a livello globale. ricerche su territori un tempo non-europeizzati come le Americhe, il Sud-Est asiatico, l’Australasia e l’Africa sembrano stridere come unghie sulla lavagna: siamo i soli che ritengono l’essere umano in sé stesso una fucina di depravazione, cupidigia e ambizione. siamo i soli che ritengono di dover essere civilizzati (e, per esteso, di dover civilizzare gli altri, i cosiddetti selvaggi). viviamo e siamo educati col dogma che gli “istinti vadano domati”, che la propensione primaria dell’infante è l’aggressività e che, prima della creazione delle istituzioni, gli uomini si facessero quotidianamente la guerra fra di loro. ma non è così.
II. [continua]   
cercando di indagare scientificamente la nostra mente (ovvero, oggettivandola come fosse qualcosa d’estraneo a noi), la psicoanalisi (leggi: Freud) ci ha detto che il bambino ha primitivi istinti anti-sociali che vengono poi domati (repressi) dal super-io, che rappresenta il padre, le gerarchie, le istituzioni, le maglie della società. sarà un caso se soltanto presso la nostra cultura, si ha una tale visione? onestamente penso di no. i più disparati popoli del pianeta (melanesiani, indonesiani, siberiani, sudamericani) considerano la mente acerba del bambino non come un animaletto da addomesticare- da civilizzare\educare- bensì come una mente che matura solo nel progressivo arricchimento delle relazioni inter-umane. il bambino (che abbiamo preso come esempio della mente primigenia, libera dai condizionamenti e dalle repressioni della civiltà) ha delle inclinazioni (negative e positive, per quanto possa valere come distinzione) che impara a sviluppare, apprezzare e gestire; diventa, ora, perfettamente logico e comprensibile pensare che, se sottoposto a stimoli esterni negativi, come la repressione, l’imposizione o la punizione, il bambino potrebbe reagire aggressivamente.
III.la cultura (occidentale) è antagonista
il fatto è che noi viviamo physis e nomos come uno scontro. physis vs. nomos. invece di pensarla come una comunione- come, alla fine, risulta essere (visti gli ultimi sviluppi)- la pensiamo, e la concretizziamo, come una guerra. e non si tratta di una rievocazione del mito del ‘buon selvaggio’ rousseauviano, ché- se lo si consoce bene- si capirà che ha poco a che fare con quanto finora scritto. sembrerà una banalità ma la lontananza dalla terra, dalla natura propriamente detta (non i parchi, le riserve e quant’altro) e dalle altre specie viventi ci ha condannato all’isolamento, all’alienazione, al morbo della gerarchia e delle istituzioni, alla violenza, alla sopraffazione. liberarsi della mania oggettivante, materialistica, reificante e soverchiante sarebbe un buon modo per riscoprire la nostra umanità. perché il nostro status reale è quella “natura umana” che per secoli (millenni?) abbiamo cercato di ingabbiare, quella “natura umana” che abbiamo tacciato di brutalità, avidità e malignità, ma che è invece capace di molto altro. il disagio della civiltà occidentale (parafrasando un titolo di Freud) esiste perché noi combattiamo la nostra stessa natura.  
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il Leviatanolo studio di Sahlins
l'ispirazione per questa riflessione viene dalla lettura di "Un grosso sbaglio" di Marshall Sahlins, edito da elèuthera 

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