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Ironia a parte, io ho una naturale e generica allergia per i villaggi turistici. In fondo poco mi importa che adottino il modello "ricchi e famosi" che piace tanto all'attuale numero uno del Club, Henri Giscard d'Estaing (no, non è un caso singolare di omonimia: è proprio il figlio dell'ex presidente dell'Eliseo, Valéry), o quello all inclusive per famiglie o quello delle tariffe diversificate a seconda del livello dei servizi. Detto questo, la vicenda della proprietà di Club Med, fino a ieri destinata a finire nel portafoglio della Global Resorts dell'imprenditore Andrea Bonomi e invece ora probabile preda della cordata cinese Fosun, mi interessa perché racconta molto anche del turismo in Sicilia.
Non ho mai fatto una vacanza in un Club Med, però so benissimo che a pochi chilometri da casa mia c'è il villaggio di Kamarina, che nonostante il nome si trova nel territorio di Ragusa e non del comune di Santa Croce Camerina. Vicino a dove c'era un'importante cittadella greca, colonia di Siracusa, ora c'è un resort di 96 ettari. Si tratta di uno dei quattro villaggi Club Med attualmente esistenti in Italia (gli altri sono i montani Cervinia e Pragelato, e Napitia in Calabria). Dico attualmente perché la società del "tridente" non è solo di passaggio nel nostro Paese: altre due strutture sono infatti in fase di ristrutturazione, altri 11 villaggi sono stati invece dismessi o ceduti o abbandonati.
Uno dei due in ristrutturazione è quello, storico, di Cefalù. Storico perché nel 1957 fu aperto lì il primo villaggio italiano del gruppo. Ai transalpini piaceva tanto Cefalù: nel 1975 una band, tali Les Sans' Sa Nana, incise C'est un vrai paradis ce Cefalú (The Blue Sky of Cefalú). In uno dei principali poli turistici siciliani, si attende ancora la riapertura: la data prevista pare essere il luglio 2015. Un annetto circa per adeguare definitivamente la struttura e farla passare dai "3 tridenti" (servizi standard) a cinque (modello d'Estaing...).
Intanto Kamarina mantiene il suo livello, tre "forche" (non forchette), e si presenta così, guidata dal capo villaggio francese Rémy Gouzou-Larnaudie, sul sito del gruppo: «Benvenuti nel paese dell'Etna dove stradine scoscese e piazze fiorite si aprono sul Mediterraneo!» – ma solo nella stagione primavera-estate, poi nell'autunno-inverno diventa «la terra dell'Etna, dove ripide stradine e piazze fiorite si affacciano sul Mediterraneo». Non ci sono più le mezze stagioni.
Catania, giusto per la cronaca e la mia solita pignoleria geografica, dista circa 150 chilometri. Ma non è solo questo. L'ignoranza in questo settore è devastante, persino surreale e grottesca. Il turista, perlopiù straniero, atterra all'aeroporto di Catania, quindi ai piedi dell'Etna, viaggia per più di due ore e mezza e arriva in un villaggio dove l'Etna manco si vede da lontano (però c'è un ristorante che si chiama Vulcano, eh). E si sente proporre – previo supplemento, ça va sans dire – visite all'Etna (mì, che camurrìa), a Siracusa e ad Agrigento. Tutti siti Unesco, che bello. Però il sito di Club Med assegna solo a Siracusa questo privilegio, chissà perché. E dimentica, en passant, che da quelle parti siamo in pieno Val di Noto.
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