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Lo stupro completo e la pena ridotta

Creato il 26 settembre 2014 da Barbaragiorgi @gattabarbara

giudice

Sembrerebbe uno scherzo, un orribile scherzo. Ma non lo è.  E l’orribile realtà che ci spadella la sentenza della Corte di Cassazione su un caso di stupro “completo” in famiglia: marito che violenta la moglie, più volte nel tempo, a Venezia.

http://corrieredelveneto.corriere.it/verona/notizie/cronaca/2014/25-settembre-2014/cassazione-stupro-completo-possibile-ottenere-pena-ridotta–230205249607.shtml

La sentenza della Corte di Appello di Venezia aveva confermato la sentenza del gip di Vicenza, accogliendo la tesi dei legali della donna: di fronte ad uno “stupro completo”  – non essendo un “fatto di minore gravità “ – non esistono attenuanti e quindi non c’è nessuno sconto di pena.

La sentenza della Corte di Cassazione rigetta ora la sentenza della Corte d’Appello, sostenendo che lo “stupro completo” ha diritto invece ad una pena ridotta.

Intanto mi viene da riflettere su quella definizione, quella di “STUPRO COMPLETO”. Ma che cavolo è lo “stupro completo”? Forse, c’è anche lo stupro a metà? Forse, c’è anche lo stupro incompleto? Se lo stupro è violenza sessuale, a me risulta che accada solo in un modo. Quello classico perpetuato dagli uomini da millenni. Poi ci sono pure varianti nelle loro fantasie malvagie, ma l’atto è quello, non ci piove.

Comunque.

A me interessa soprattutto focalizzare su un preciso passaggio della sentenza (provate a leggerla… roba da incubo). Secondo i giudici, per determinare l’attribuzione dell’attenuante e quindi la pena, c’è da considerare una valutazione complessiva del caso, cioè gli EFFETTI SULLA VITTIMA: «una disamina complessiva, con riferimento alla valutazione delle ripercussioni delle condotte, anche sul piano psichico, sulla persona della vittima».

Ed è qui che mi soffermo. Su queste RIPERCUSSIONI SULLA VITTIMA.

Cioè, nell’emettere una sentenza di condanna e nello stabilire una pena, non si deve quindi far riferimento solo alle AZIONI DELINQUENZIALI DEL VIOLENTATORE, ma anche alle RIPERCUSSIONI SULLA VITTIMA di tali azioni. 

Vorrei capire, illustrissimi giudici dell’illustrissima Corte di Cassazione. Vorrei capire. In pratica, se la donna-vittima non soffre molto psichicamente dal fatto di essere stata violentata ripetutamente, magari il violentatore può avere il suo bello sconto di pena. Della serie: “dai che in fondo in fondo, ti piaceva…”

Dobbiamo quindi, come sempre, assistere ad una sorta di “processo alla VITTIMA”, con analisi del suo stato psico-fisico? Cioè, mettiamo la VITTIMA sul banco degli imputati?  Magari le chiediamo cose del tipo:

“ma lei perché non voleva fare sesso con suo marito? Lo sa che è un suo dovere coniugale?

“ma lei per caso ha un amante?”

“ma lei è sicura di non avere turbe nei confronti del sesso?”

E poi: valutazioni psichiatriche sulla vittima, testimonianze di parenti ed amici per valutare se lei davvero ha subito “ripercussioni”  sul piano psichico.

Sarà diventata proprio pazza oppure è solo lievemente disturbata dall’aver subito stupro in modo continuativo?

Sì, forse la mia fantasia sospettosa corre.

Ma vedo le donne vittime di violenza sedute ai banchi degli imputati, a subire una seconda violenza (come spesso già accade, del resto).

Vedo donne che staranno ancora più zitte e chiuse nel loro mondo di soprusi.

Vedo uomini che se la ridono sotto i baffi, in un’autoglorificazione al testosterone.

Vedo il solito mondo costruito dagli uomini, per gli uomini, a misura di uomini: un mondo dove le donne sono ospiti gradite solo se aprono le gambe.

Scusate la crudezza, ma oggi sono arrabbiata nera.

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