L’efficace metafora che la Svimez, nel suo ultimo rapporto, ha applicato al Sud, potrebbe benissimo applicarsi all’Italia. Lo tsunami demografico non minaccia solo il Mezzogiorno, ma il Paese intero…
Nei prossimi vent’anni il Sud perderà quasi un giovane su quattro: dagli attuali sette milioni a meno di cinque. Le cause: bassa natalità, bassissima attrazione di stranieri, emigrazione verso il Centronord e l’estero. La “desertificazione” dell’Italia, oltre che climatica, rischia di essere sempre più “umana”. Già oggi solo un giovane su tre lavora, nel Mezzogiorno.
Ma si tratta solo della punta dell’iceberg, in un Paese con uno dei più alti tassi di disoccupazione giovanile in Europa. Dove un giovane su due è precario, mentre i Neet (giovani che non studiano nè lavorano) sono in costante crescita. E dove, chi pure un lavoro già ce l’ha, soffre di stipendi ridicoli, se paragonati alla media europea. Quel poco di salario se ne va quasi per la metà in tasse: secondo Confesercenti, la pressione fiscale salirà -nel 2013- al record del 44,8%. I prezzi salgono, gli stipendi -già magri, soprattutto per i giovani- si abbassano. Non c’è dunque da stupirsi se la propensione al risparmio degli italiani risulti in costante calo: secondo l’Istat, è ormai all11,3%, ai minimi da 11 anni. Quanto è lontano il 1996, quando risparmiavamo molto più di francesi, tedeschi e inglesi…
Questo “tsunami” rischia dunque di estendersi al Paese intero. Cito solo due notizie, che ben forniscono il termometro della “febbre” che sta contagiando il Paese:
-secondo Datagiovani, le assunzioni degli under 30 sono in ripresa. Almeno sulla carta. Tuttavia, esistono differenze inquietanti. Degli oltre 200mila posti di lavoro disponibili (+6% rispetto al 2010), quasi tutti sono concentrati al Nord (+22% Nordovest, +11% Nordest), mentre al Centro si registra una lieve flessione. Al Sud, addirittura un calo dell’8%. Ma non è solo questo il punto: solo il 15% di questi posti sono riservati ai neolaureati! Questo Paese non sembra proprio avere bisogno di capitale umano qualificato, l’unico davvero in grado di farlo tornare a competere. Servono commessi, contabili, segretari/e, elettricisti, magazzinieri, addetti alle pulizie… ma non laureati! Un dato che conferma la scandalosamente bassa occupabilità dei neo-Dottori italiani, largamente inferiore alla media europea. Eppure, come spiega la Svimez applicando il dato al Sud, un 10% di laureati occupati in più porterebbe con sè un incremento della produttività pari allo 0,7%.
-secondo dati Aire, riportati da Repubblica Milano, i cittadini meneghini espatriati sono cresciuti del 134% negli ultimi dieci anni. Nella fascia d’età 25-35 anni l’aumento è stato addirittura del 180%. Ora la colonia di milanesi all’estero supera le 60mila unità. Parliamo di Milano. Il motore economico del Paese. Questi dati non vi fanno rabbrividire, almeno un po’?
Come ben sintetizza l’ex-Commissario Europeo Mario Monti, osservando la situazione italiana: “dal declino stiamo passando alla decadenza”.
Parlando quotidianamente con amici e colleghi, l’impressione è che -senza un cambio di marcia radicale- questa decadenza potrebbe essere ben più rapida e dolorosa di quanto possiamo immaginarci oggi. Temo proprio che la crisi greca non ci abbia insegnato proprio nulla.