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Lo zen e l’arte di farsi portare in braccio

Creato il 23 gennaio 2014 da Junerossblog

Direttamente dalla scrivania di Patrizia F.
Se avete letto anche soltanto un paio di romance, lo sapete alla perfezione: il maschio alpha che solleva la protagonista, più o meno eterea e indifesa, fra le sue possenti braccia, per portarla in salvo, al riparo, o in una promettente stanza da letto, è un classico dei classici.Negli storici le “ali dell’umano vigore”-definizione mutuata pari pari da Dame Barbara Cartland- sono praticamente d’obbligo, e se per trovare un temerario che “camalla” ( …perdonate il dialetto genovese! Ma il significato di spostamento di collo ingombrante è noto, vero?) su per le scale, la moglie al nono mese di gravidanza, senza nemmeno una ragione d’emergenza, e ha perfino abbastanza fiato in corpo da chiacchierare allusivo mentre lo fa, bisogna scomodare Lisa Kleypas, anche i contemporanei non scherzano: tanto la Lucky Harbor di Jill Shalvis quanto la Virgin River di Robyn Carr, tanto per fare due esempi di serie celebri, paiono pullulare di bicipiti che fremono di gioia e non di sforzo, quando vengono utilizzati per reggere il dolce peso di una signora.
LO ZEN E L’ARTE DI FARSI PORTARE IN BRACCIONella realtà, se vi è capitato d’inciampare rovinosamente, aver capogiri, inzupparvi di pioggia fino alle ossa, o magari tutte quante queste cose insieme, vi sarete tuttavia accorte che la disponibilità maschile a sollevare una damigella in difficoltà non è così comune: pensare che la compianta illustratrice Maddalena Sisto, di cui certo conoscete le filiformi e ironiche donnine sui tacchi a spillo, a cui recentemente è anche stata dedicata una linea da un noto marchio di borse, diceva che il modo più sicuro per portare gli stiletti è avere un amico che ci dia il braccio… o meglio, che ci porti in braccio! Preso atto della realtà, ho deciso di dedicare uno studio più attento alla faccenda, andando alla fonte delle fonti: sempre lei, la rosa vestita, rosa scrivente, rosa simboleggiante Cartland. In effetti, anche Georgette Heyer offrirebbe materiale di pregio: ma come emulare lo svenimento da “Il dandy della Reggenza”, se non si dispone di un tutore affascinante, e tantomeno di avance di un lascivo principe e del Royal Pavillon di Brighton?Proviamo quindi a tornare da Dame Barbara. Svenire è facile, penseranno alcune, e anche infortunarsi alla caviglia, io ho preso di quelle storte… errore, direbbe lei: il punto non sta nel cosa, piuttosto nel come. Se capottate senza grazia sotto il tavolo, o rotolate sparando una scarpa in aria e spargendo il variegato e imprevedibile contenuto della vostra borsa per tutta la strada, scordatevi i soccorsi di un Lord. Intese? E adesso vediamo qualche caso più particolare e anticonformista, pur premettendo che parte delle modalità presentano un certo rischio, o non sono alla portata delle principianti. Quindi allacciate le cinture di sicurezza…pardon, stringete i lacci del corsetto!
LO ZEN E L’ARTE DI FARSI PORTARE IN BRACCIOLe carrozze sono mezzi di trasporto piuttosto malsicuri, ma un incidente provvidenziale potrebbe rivelare interessanti sviluppi. Testo di riferimento nella bibiliografia Cartland? Ce ne sono diversi, però se pensate che sia perfetto essere sbalzate sul prato, perdendo conoscenza e cappellino, rivelando chiome bionde poeticamente sparse, e restando un bel po’ esanimi fra le braccia del lui di turno, il romanzo giusto è “Il segreto di Langston”. Anche la slitta, sempre rimanendo nel settore trasporti, quando rimane bloccata dalla neve, impone che la passeggera venga adeguatamente soccorsa: vedi “La forza irresistibile”.Carrozze e slitte non sono poi così diffuse al giorno d’oggi…l’equitazione invece sì, e una folle cavalcata dal finale da brivido con salto del muro di cinta, se non varrà una medaglia, potrebbe valere un approdo contro possente petto, se vi ispirate alla lettura de “Il principe ungherese”.In altro continente del mondo Cartland, ovvero ne “La stagione dei fiori di loto”, bastano un indigeno furibondo e omicida, un pugnale insaguinato, una lama che si conficca…nella muliebre e vezzosa acconciatura, tanto che la protagonista ( ovviamente da ricondurre in braccio alla villa) esce illesa dall’agguato, seppur in preda a un mancamento per lo choc e bisognosa che il coltello sia estratto…dalla corteccia, perché è appesa per lo chignon. Vietato ridere, e vietato anche pensare dove si va a cercare un bravo parrucchiere per rimediare al danno, visto che siamo in una remota piantagione in quel di Ceylon! Se rientriamo in Europa, le nostre eroine saranno infreddolite, impantanate e con tentazioni suicide in zona paludosa (Amore selvaggio), impietrite dalla dipartita del religioso padre, che tuttavia ha avuto il buon gusto, dopo una vita raminga e povera, di trascorrere i suoi ultimi giorni malato nella dimora del lord(L’ultima barriera), sconvolte e tremanti dopo tuffo in acqua gelida, traversata del lago a nuoto, scontro fra rivali agguerriti (Giudizio d’amore) o fuggite dalla finestra con la sola veste di un lenzuolo, poiché il patrigno cattivone le ha private perfino degli abiti per bloccarle (La strada per la felicità).LO ZEN E L’ARTE DI FARSI PORTARE IN BRACCIOSono quasi sicura che qualche malalingua stia pensando che queste situazioni sono assurde, e che a una ragazza, al più, le ginocchia risulteranno malferme per un bicchierino di troppo. Ebbene: ce lo abbiamo. “Non c’è tempo per amare”, romanzo cartlandiano d’ambientazione sorrentina primo ‘900, protagonista riversa sul sofà, ridotta a un budino al liquore. Lui non ride e tantomeno assume atteggiamenti ambigui! La solleva e la porta in camera, e poi si ritira a sua volta!Tirando le somme…meglio camminare con le nostre gambe. La liquirizia è perfetta per la pressione bassa, esistono vie di accesso a località ed edifici e mezzi piuttosto comodi e sicuri, l’importante è guardare dove si mettono i piedi, e lasciare i galanti lord coi loro fardelli inesistenti, visto che sono composti di cliché e parole. Non si tratta solo di sacrosanta autonomia, ma anche di salvaguardia di un pizzico di fantasia: meglio ignorare certe storie d’ernie, stiramenti, indumenti maschili troppo stretti e goffaggini antiromantiche.   
Patrizia F.  

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