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Lobby: tra ignoranza e pregiudizio

Creato il 10 febbraio 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Siamo sicuri di sapere di cosa stiamo parlando quando facciamo riferimento ad una Lobby?

 Se chiedessimo a una qualsiasi persona mediamente colta in Italia, a quale pensiero riconduca la parola Lobby, l’unico risultato che otterremmo sarebbe un’infinita lista di aggettivi dispregiativi. Questo termine, infatti, rimanderebbe a pensieri come: corruzione, brogli, egoismo, disprezzo, inganno e via discorrendo. Se invece sottoponessimo la medesima domanda ad un altro un campione, per esempio statunitense, il responso risulterebbe diametralmente opposto. In questo caso le nozioni riportate potrebbero essere: democraticità, auto-tutela, difesa degli interessi, onestà e trasparenza. Come è possibile tutto questo? L’ideal-tipo negativo riscontrato in Italia è dovuto spesso alla cattiva informazione, all’ignoranza che soggiace intorno a questa professione e sicuramente alla regolamentazione, tutta “all’italiana”, di tale fenomeno. In assenza di regole trasparenti si tende a vedere le Lobbies ovunque e a percepirle come corruzione. A questo punto occorre fare un passo indietro e chiarificare alcuni concetti essenziali. La prima domanda da porsi non è cosa s’intenda per Lobby, poiché si tratta un fenomeno ben strutturato: la necessità è quella di chiarire che cosa sia giuridicamente una Lobby. Una Lobby è un gruppo di persone, accomunate da uno stesso interesse, le quali si pongono l’obiettivo, tramite la propria azione, d’influenzare il decisore pubblico al fine di trarne un vantaggio o evitarne uno svantaggio. A questo punto sorge spontaneo chiedersi chi sia il decisore pubblico. Troppo spesso si pensa che il decisore pubblico sia rappresentato unicamente dal decisore politico e, sebbene nell’ottanta per cento delle azioni di lobby sia così, non è l’unico. Anche l’opinione pubblica, per esempio, in alcuni casi rappresenta il “decisore” determinante. Chiarito che cosa sia una Lobby, resta ora da definire chi sia il Lobbista. Quella del Lobbista è una professione ben definita e ne esistono quattro categorie:
  • il Lobbista in house, ovvero colui che lavora in una grande società e che può permettersi di avere al suo interno un ufficio per la comunicazione con le istituzioni.
  • il Lobbista per conto terzi, il quale opera per una società di consulenze che fa lobby su mandato di un cliente. In questo caso l’interesse da difendere cambia a seconda del committente.
  • il Lobbista che lavora presso associazioni no-profit: il suo compito è quello di ricercare fondi pubblici e facilitare la propria azione attraverso la proposta di apposite norme.
  • il Lobbista istituzionale: in questo caso il professionista lavora alle dirette dipendenze delle Istituzioni Pubbliche. Per esempio, molti ministeri hanno uffici lobbying al loro interno per gestire la ripartizione dei fondi pubblici tra le varie istituzioni.
Appare ormai chiaro che l’immaginario comune del lobbista, identificato con colui che cerca “escamotage” in maniera non del tutto limpida, debba essere messa per lo meno in discussione. Esistono, inoltre, diverse tecniche di lobbying, tra le più comuni possiamo annoverare sicuramente il “face to face” (tecnica che predilige l’incontro diretto con il decisore pubblico, così da sottoporre il proprio interesse, individuandone i punti di forza e i vantaggi che potrebbe apportare, nella speranza di avere in futuro un responso normativo), la “grass roast lobbying” (più comunemente identificata con la mobilitazione collettiva e influenza sull’opinione pubblica), la “coalition building” e il finanziamento della politica (nei paesi ove esso è possibile). Dopo aver definito in maniera quanto più concisa e definita il fenomeno lobbistico, è giunto il momento di capire perché esista quella percezione tipicamente italiana della Lobby come “male incurabile”. Se diamo per assodata una buona dose d’ignoranza collettiva, gran parte del danno è ravvisabile nel sistema di regolamentazione italiano del fenomeno. Al mondo esistono tre tipi di regolamentazione: il primo, tipicamente inglese e francese, è la REGOLAMENTAZIONE TRASPARENZA ( i paesi che lo hanno adottato si sono impegnati ad adottare un insieme di norme, le quali rendono pubblica la compagine decisionale entro cui la Lobby agisce); il secondo, caratterizzante del sistema statunitense, è la REGOLAMENTAZIONE PARTECIPAZIONE ( in questo caso, non solo il processo decisionale è reso pubblico, ma il lobbismo è un diritto sancito dalla costituzione); infine, rimane la regolamentazione italiana. Il sistema italiano, nel libro di Pierluigi PetrilloDemocrazie sotto pressione, è definito come REGOLAMENTAZIONE STRISCIANTE AD ANDAMENTO SCHIZOFRENICO. Tale definizione è dovuta alla cattiva strutturazione giuridica del fenomeno. Infatti, non esiste un’unica legge organica in materia, bensì sono presenti oltre novanta leggi che tentano di regolamentare specifici aspetti del lobbismo. Il problema è rappresentato, oltre dalla confusione che un così alto numero di norme genera, soprattutto dal suo andamento schizofrenico; ossia dal fatto che gli stessi politici che hanno introdotto le normative fanno di tutto per disapplicarle. La percezione negativa del fenomeno lobbistico in Italia è in gran parte spiegata. Tanto l’Unione Europea si basa su un sistema di Lobby pratico e ben definito, tanto poco quello italiano risulta chiaro e comprensibile ai più. Questo si deve spesso ad un’interpretazione giacobina dell’art.49 della nostra Costituzione, che vede nel partito politico l’unica possibilità per il cittadino di determinare la politica nazionale. Nonostante oggi siano presenti numerose sentenze della Corte Costituzionale, come la 1/1974 e la 379/2004, che sanciscono il diritto al lobbismo, la volontà di negare il problema prevale sulla possibilità di avere un ordine di trasparenza partecipata. Tutto rimane estremamente “fumoso”, ed è probabile che anche alla fine di questo, per quanto possibile, sintetico quadro, i dubbi e i punti poco chiari rimarranno ancora molti. Non occorre però scoraggiarsi: le possibilità di comprendere e migliorare il quadro giuridico esistono. Basterebbe prendere coscienza di quanto possa essere importante per tutelare uno dei principi cardine della nostra Costituzione: la libertà individuale. Tags:art.49,corte costituzionale,costituzione,decisore pubblico,lobbismo,lobbista,lobby,lobbying,petrillo

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