Magazine Mondo LGBTQ
Mi ritrovo spesso a discutere sull'utilità dei locali gay, o gay-friendly come piace definirsi ad alcuni, e devo ammettere che ho sempre avuto dei dubbi sulla posizione da avere al riguardo. Da un lato sono d'accordo che la presenza di una discriminazione effettiva rende i locali "specializzati" luoghi in cui sentirsi a "casa", non guardati male, e relativamente a proprio agio anche se ci scappa una carezza o un bacio, cosa che in un locale "normale" porterebbe subito a sguardi incuriositi, infastiditi o comunque a sentirsi a tratti a disagio. Rende il tempo trascorso più rilassato, e più di tutto permette a persone simili di incontrarsi, conoscersi, passare del tempo insieme senza la necessità di "guardarsi le spalle". Poi c'è la tesi di chi li detesta perché ritenuti dei "ghetti". Una auto-emarginazione auto-imposta. Su questo punto sono d'accordo in parte. Ritengo giusto non nascondersi, rendere la nostra normalità una questione sempre più normale anche per i normali, ma quando si tratta di tirare in ballo i ghetti mi trovo in disaccordo, e ritengo che sia un problema intrinseco ad alcuni che ancora si sentono "fuori pelle" e per cui il frequentare locali gay crea l'imbarazzo di primario di accettare se stessi più che i locali. La prima volta che sono entrata in un locale dichiaratamente gay anch'io mi sentivo in imbarazzo, osservata anche se non lo ero, ma non mi sentivo in un ghetto, anzi, ero finalmente contenta di non dover nascondere la mano che stringeva quella della mia compagna. E superato l'imbarazzo iniziale mi sentivo finalmente normale tre i normali. Se potessimo comportarci in modo normale nei locali normali, il problema sarebbe minore, ma questo alle nostre latitudini ancora non è possibile, non senza qualche occhiata quantomeno. E non tutti riescono a sopportare queste occhiate se avvengono sovente. Quanto al ghetto, dovremmo considerare ghetti anche i circoli per poeti? Le associazioni sportive? Tutti quei luoghi che accomunano le persone per un qualcosa, una qualche inclinazione, passione o hobby, dove li mettiamo? Nessuno parla di ghetti per ciclisti o per scrittori no? E i circoli per anziani? Sono dei ghetti? Ho conosciuto persone che lavoravano in questi circoli, e dalle storie che ho sentito, anche lì il sesso non è serto un ricordo del passato, anzi, ci sono allampanati o distinti signori che corteggiano in modo sfrenato avvenenti signore di una certa età. Ma se non ci fossero, avremmo una schiera di anziani annoiati che non saprebbero come conoscere persone come loro e passare il loro tempo libero. Così per noi ci sono i locali... E mai come ora rimpiango la loro esistenza in questo paese. No, non in tutto il paese, solo in questo piccolo angolo di mondo chiamato Ticino, dove ci hanno provato ma non è andata... pochi clienti! E dire che non è che i clienti manchino, quello che manca è il coraggio di mostrarsi... Immagino che da sola nemmeno io, conoscendomi, entrerei in un locale, né "normale" né "gay", ma fa parte della mia personalità. Ma con un'amica, ad esempio Pam, ci andrei volentieri. Come conoscere persone altrimenti? Bene, tirando le somme, direi che tutto sommato sono d'accordo ai locali gay. E voi?