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LocarnoFestival2014: LA PRINCESA DE FRANCIA (recensione). Un Rohmer a Buenos Aires

Creato il 07 agosto 2014 da Luigilocatelli

OC757904_P3001_183232-1La princesa de Francia, un film di Matias Piñeiro. Con Julian Larquier Tellarini, Agustina Muñoz, Maria Villar. Concorso internazionale.
OC756054_P3001_182815-1Un ragazzo e cinque ragazze a Buenos Aires. Rondò di amori, tradimenti, baci promessi e baci rubati. Complice uno Shakespeare da recitare in radio. Tra Woody Allen, Frances Ha, Rohmer e Hong Sang-soo, una commedia argentina leggera fino alla volatilità che è stata una piccola, buona sorpresa. Voto 6 e mezzo
OC756096_P3001_182825-1Secondo film del concorso dopo Lav Diaz, e se quello non finiva mai con le sue quasi sei ore questo ne dura poco più di una: un giusto risarcimento per l’esausto spettatore. Un film che vola via, anche nel senso di volatile, impalpabile, fatto di niente, leggero a momenti fino all’inconsistenza. Trame e incostanze e volubilità dell’amore, strizzando l’occhio a, anzi citandolo proprio, lo Shakespeare di Pene d’amore perdute. Storie che si fanno, si disfano e si ricompongono. Un film venuto dall’Argentina che è stato una discreta sorpresa, giovane e di molto bla-bla come in un mumblcore sul Rio de la Plata, con molti omaggi a Woody Allen e a Frances Ha e, m’è parso, a Rohmer e perfino a Hong Sang-soo con i suoi giochi del caso e della necessità (e, come nel coreano, con la stessa scena ripetuta da un punto di vista differente). Un rondò, un andante con brio a Buenos Aires. Con al centro il giovane uomo Victor, tornato in città dopo un anno di assenza e deciso a ricompattare la sua piccola compagnia teatrale. Vuol realizzare un radiodramma da Shakespeare, un pastiche con musiche live. Intorno a lui cinque donne, cinque attrici che in vario modo entreranno nella produzione. Tutte a Victor variamente legate. Sue ex, lasciate e poi ritrovate, ragazze di altri che lui si porta a letto, compresa una ragazza incinta. Una casa ospitale, un letto da dividere in due e forse più, baci rubati. Tutto molto lieve, e Shakespeare a fare da specchio e da legittimazione colta all’operazione. Dialoghi velocissimi, davvero alla Allen o alla Baumbach, cui si sta dietro con fatica attraverso i subs in inglese e francese, sicché qualcosa di questo girotondo pazzariello si perde. Certo non i capisce come Victor, piacente e piacione ma non strafico, riesca a farsele tutte. È il cinema, bellezza. Gradevole. Forse un po’ light, ma dopo la pesantezza filippina ci voleva.


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