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Mentre sta guidando apprende la notizia che una donna, avventura extraconiugale di qualche mese prima, sta partorendo suo figlio e lui si dirige verso Londra ad assistere al parto.
In un labirinto di telefonate sempre più aggrovigliato assistiamo all'implosione della vita di Locke che prima di salire in auto era un bravo marito e un ottimo costruttore.
Quando scenderà dalla macchina , a Londra, forse, non lo sarà più....
Sinceramente avevo un po' di paura ad approcciarmi a questo film di Steven Knight, strombazzatissimo ( a ragione ) sceneggiatore de La promessa dell'assassino, uno degli ultimi Cronenberg degni di cotanto nome, e regista di Redemption.
Un film che si porta dietro l'aura di quasi capolavoro fin dalla sua prima proiezione in quel di Venezia del 2013, esattamente un anno fa.
Sarà , ma quando tutti urlano al capolavoro, io mi inquieto sempre un po', perché la paura della delusione per le aspettative un po' troppo alte è sempre dietro l'angolo.
Fortunatamente non è questo il caso: certo, il mio concetto di capolavoro è un altro, però non posso fare altro che inchinarmi di fronte a Knight e al suo film, come mi inchino di fronte a tutte quelle pellicole che sono girate con pochissimi soldi e tanti piccoli lampi di genio.
Intanto bisogna riconoscere che la cosa migliore di Locke è l'idea forte che ne è basamento e insieme struttura portante.
Se Hitchcock aveva teorizzato il thriller nei piccolissimi spazi di una scialuppa di salvataggio in Prigionieri dell'oceano o anche in due stanze come in Nodo alla gola, qui Knight rimpicciolisce ancora di più lo spazio, fa scomparire scenografie e artifici vari e serve allo spettatore su un piatto argentato un thriller girato per intero nell'abitacolo di un piccolo SUV.
Il viaggio verso Londra è un susseguirsi complicato ma mai caotico di telefonate che si traducono tutte o quasi in ennesime complicazioni della vita di un tranquillo e meticoloso manager edilizio, uno abituato a costruire palazzi e che , seduto al posto di guida della sua auto, cerca disperatamente di evitare la totale demolizione della propria vita sentimentale e lavorativa.
Oltre a parlare a interlocutori dall'altra parte del filo del telefono, Locke parla anche a se stesso in un accorato flusso di coscienza in cui protagonista è la figura parterna.
Quel tragitto in autostrada nel mezzo del traffico notturno è la metafora della sua vita che kilometro dopo kilometro assume sempre più la connotazione di contrappasso dantesco.
Tutto sembra ritorcersi contro di lui eppure lui è costretto ad andare avanti e lo fa nonostante tutto e tutti.
E'tutta una questione di scelte morali: Locke potrebbe disinteressarsi di quella donna di cui neanche ricorda il nome che però sta partorendo quello che lei asserisce essere figlio suo , ma la coscienza gli intima di andare da lei, a costo di disintegrare la sua vita fatta di una famiglia ignara di tutto e di un lavoro importantissimo che passa inevitabilmente in secondo piano.
Con il rischio anche di perderlo se lui l'indomani mattina non si presenterà al suo cantiere.
Knight costruisce 85 minuti di tensione che non scemano neanche per un attimo, tiene lo spettatore costantemente sulle spine, vittima come Locke di un uragano di squilli , di avvisi di chiamata e di voci che mettono a dura prova la psiche già abbastanza scossa del protagonista.
Una parola anche su di lui, un fantastico Tom Hardy, attore che in questo film rinuncia a tutta la sua prorompente fisicità per consegnare ai posteri una prova davvero ammirevole, un one man show che resterà per molti anni il fiore all'occhiello della sua carriera.
Come non si può far altro che ammirare questo film, sicuramente non adatto a tutti ma che ha un'idea alla base francamente geniale e che tecnicamente si rivela un piccolo miracolo di perfezione.
PERCHE' SI : idea alla base del film che rasenta il genio, thriller tesissimo dal primo all'ultimo minuto, Tom Hardy perfetto.
PERCHE' NO : talmente originale che potrebbe non piacere ai fan del cinema buzzurro e caciarone
( VOTO : 8 / 10 )
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