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Lollo di Vallombrosa

Creato il 10 agosto 2010 da Lollo
Elisa di Rivombrosa mi fa un baffo. L'ho capito quando dopo 28 puntate è riuscita a baciare il suo conte Ristori e poi tra quel bacio e il matrimonio ci sono state tutte le tragedie possibili, alluvioni, epidemie e pestilenze incluse. Io invece sono partito dalla Pianura Padana con mio padre in motocicletta e in sei lunghissime ore, un fondoschiena completamente appiattito, sono giunto a Vallombrosa. Luogo di Villeggiatura a 30 km da Firenze, dove ho passato la mia infanzia e dove la mia famiglia vi alloggia dall'estate del 1906, data in cui è stato costruito il villino per il mio trisnonno.
Ad accogliermi tutta la famiglia al completo, zii, cugine, cugini, nonna, prozii. Tre generazioni generano un caos che non si può nemmeno immaginare.
Ho preso possesso dell'unica camera singola dell'appartamento chiamato "piano nobile". Un tempo non vi era la cucina perchè la servitù preparava da mangiare nella soffitta al piano superiore e mandava giù le varie portate con il calapranzi, un piccolo ascensore per vassoi. Inutile dire che ora siamo noi giovani a fare avanti e indietro quando ci sono le cene nel salone più grande.
Le camere sono eleganti, ogni letto foderato della stessa stoffa con cui sono rivestiti lampadari e mantovane delle tende. La mia era la stessa di quando ero piccolo, un letto un pò alto e uno scrittoio a ribaltina. Nell'armadio a muro ho trovato l'abbigliamento montano. Come Elisa di Rivombrosa ho chiuso il secretaire con la chiave. La privacy prima di tutto.
La prima cosa da fare a Vallombrosa dopo essere scesi al primo piano a salutare la Nonna che ti dice "quanto sei bello e quanto sei buono", è il giretto in paese.
I fratelli Cohen hanno scritto la sceneggiatura del film "Non è un paese per vecchi". Dovrebbero venire a Vallombrosa allora. Si ricrederebbero subito.
Infatti l'età media è 75 anni, 7 residenti e gli unici "giovani" sono figli, nipoti o pronipoti in visita. Un tripudio di girelli, bastoni da passeggio e badanti ucraine.
Un tempo era un luogo mondano in cui si riunivano le famiglie aristocratiche di tutta Italia per villeggiare e frequentare i balli del Grand Hotel. Vi si costruirono i caratteristici "Villini" che portano il nome della famiglia a cui erano destinati. La storica Abbazia dei monaci benedettini è la meta delle passeggiate del pomeriggio, verso le cinque una fila interminabile di over 70 che fanno a gara a chi arriva primo.
Primo fra tutti il Conte Guicciardini che si aggira per il paese in cerca di quattro chiacchiere, un 70 enne che ho proposto come futuro compagno per mia nonna. Gentile, educato, acculturato e cento per cento fiorentino.
Ho dei bellissimi ricordi su Vallombrosa, delle interminabili passeggiate a cercare funghi dando un nome in codice al porcino, dei festeggiamenti dei miei compleanni. Nel piazzale di casa ho festeggiato il mio primo compleanno e anche il diciottesimo. Per l'occasione si usava il servizio buono della nonna e si riuniva tutta la famiglia. Il nostro focolare, il nostro luogo di ritrovo dove litigare e coccolarsi. Ho imparato là ad andare in biciletta, in pattini a rotelle, ci stavo quasi nascendo e amo ritornarci appena posso.
Come il titolo del libro che ho appena finito di Natalia Ginzburg "Lessico famigliare". Ogni famiglia ha il suo lessico, le sue parole magiche che scatenano ricordi e risate, e ogni famiglia ha un luogo a cui è affezionata, un luogo che diventa parte un'oasi felice dove rivivere insieme splendidi momenti.

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