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Lontani ma vicini

Creato il 21 maggio 2014 da Storiediritratti @GianmariaSbetta
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Multiculturalità. È la prima parola che mi è venuta in mente quando sono  sceso dall’autobus alla fermata di Queen Street, via principale di questa mi nuova città. No, non è vero, la prima cosa che ho pensato è stata: “Ma dove sono finito?”.Un mix di popoli che si incontrano qui, dall’altra parte del Mondo, tra il ristorante cinese all’angolo e il take-away indiano sull’altro lato della strada, tra McDonalds e la casa del Sushi. Tutto perfettamente incastrato tra la stupenda e ricca cultura Maori e i resti di quella che è stata la vita british nelle nuove colonie non più di duecento anni fa.

A primo impatto Auckland può sembrare una grande città,ma dopo qualche tempo qui, posso dire che non è tanto diversa dal piccolo paese da cui vengo. Ma forse è tutto sbagliato e questa è soltanto una convinzione nella mia mente.

Prendo l’autobus tutte le mattine, 277, 247, direzione Britomart. Pago il biglietto, saluto l’autista. Venti minuti nel traffico del mattino e si scende, saluto l’autista e via tra facce assonnate e business men in giacca e cravatta.

Ogni weekend cerco un nuovo posto da esplorare, vicino o lontano, dentro o fuori dalla città. Ho visto l’oceano Pacifico incontrare il Mar di Tasmania a Cape Reinga, ho visto un orca nel golfo fuori Auckland, terme naturali all’aria aperta nel mezzo della foresta. Questo weekend è stato diverso, sono rimasto qui  e ho deciso di partecipare come volontario ad un evento indiano.

È il festival delle luci, Diwali, una pasqua hindi dove il bene vince il male e l’oscurità. Un festival dove ho visto la grande comunità indiana riunirsi per festeggiare, cantare, danzare e sorridere. Un festival dove ho visto le diverse culture di questa città mescolarsi e festeggiare come una grande famiglia. Ho sentito politici parlare, no non come in Italia, hanno lodato lo spirito multietnico della Nuova Zelanda, ricordato la natura pacifica di questo Paese dove “abbiamo tenuto solo il meglio di ogni cultura” e dove “non c’è spazio per odio o conflitti” e hanno ringraziato i cittadini per il loro contributo nel progresso della Nazione.

Ed eccomi qui a danzare e sorridere nella folla. Felice di essere parte di questa grande comunità. Ho capito che oggi non è solo la luce a vincere le tenebre, non è soltanto una storiella per tenere l’attenzione dei bambini. È una cosa vera. È un insegnamento, semplice. Lo ripetono più persone, famose e non, su questo palco: “we are better off together than we are apart”, l’unione fa la forza. E in questo caso, che forza!

Questo weekend è stato diverso, sono stato in India e quando sono tornato, la prima parola che mi è venuta in mente è stata: multiculturalità. Prendo l’autobus, 277, 247, direzione casa. Pago il biglietto, saluto l’autista. Venti minuti nel traffico dopo il festival e si scende, saluto l’autista e via tra facce sorridenti e business men in giacca, cravatta e turbante.

Jonathan Pedrotti


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