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Lord of tears

Creato il 14 agosto 2015 da Jeanjacques
Lord of tears
Credo di poter dire che, nei miei limiti, amo il cinema (così come la letteratura, la musica e il fumetto) così tanto da cercare di abbracciare tutti i generi e, soprattutto, tutti i modi di fare un film. Perché può non sembrare, ma ogni pellicola, se fatta da autori di talento, ha un proprio modo di essere fatta e, soprattutto, raccontata. Succede però che durante la tua crescita di spettatore vai incontro a delle inevitabili preferenze. Così come un metallaro, prima di iniziare la sua carriera, penso (spero) si sia appassionato a ogni tipo di musica esistente, scegliendo poi quella a lui più congeniale, lo stesso deve fare uno che ama il cinema anche come semplice passione passiva. Io ho scoperto di amare le regie patinatissime, e infatti non mi sono stupito nel ritrovarmi ad adorare un film come Drive e che Oldboy sia diventato uno dei miei film del cuore - e sempre in tema Corea, la regia patinata è quella che mi ha spinto a vedere Stoker fino alla fine e che mi ha impedito di bocciare It follows dopo una seconda parte che lascia un pochetto a desiderare. Però, specie in un genere che amo come l'horror, devo ricordarmi che il tutto è iniziato proprio col contrario di tutto questo, con pellicole dal budget risicatissimo che non potevano permettersi troppe raffinatezze virtuosistiche. Ecco perché ogni tanto la visione di film 'essenziali' come questo non può fare che bene, oltre che per una cultura personale, anche per cercare di allargare i propri orizzonti.

James è un insegnate di letteratura scozzese dall'infanzia traumatica che, alla morte della madre, si ritrova a ereditare un'inquietante magione. In una lettera la madre gli consiglia di vendere tutto e di farlo subito, ma James ha delle visioni, forse legate proprio alla sua infanzia traumatica, che lo riconducono lì. E sarà proprio lì che farà ritorno, ma le visioni si faranno sempre più frequenti e opprimenti...

Penso che questo Lord of tears rispecchi in pieno quello che ho elencato nel primo paragrafo. Perché non solo ha quel fare grezzo che unicamente un certo tipo di horror possiede (anche se in certi punti lo fa assomigliare a una furbissima operazione vintage), ma questo suo essere così casereccio è dato dal fatto, oltre che è l'opera prima dello scozzese Lawrie Brewster, che è stato realizzato con un'operazione di crowdfunding che ha permesso al cineasta di racimolare dodicimila sterline. Che avrete capito, per fare un film son davvero pochette, e qui il loro non essere sufficienti per un'operazione forse troppo ambiziosa a livello estetico si vede tutta. Non va negato infatti che in alcuni punti la pellicola raggiunge dei livelli puramente amatoriali da quanto sembrano finti, insieme a molte scene che vengono allungate in maniera eccessiva proprio per riempire la tempistica che ci si era imposti. A questo aggiungiamo anche l'ovvia inesperienza di Brewster e non è difficile immaginare che il risultato finale si un abbastanza stiracchiato, perché si vede che quando se la sente lo scozzese sa far funzionare ciò che vuole dire, mentre in altri punti deve drasticamente arrangiarsi. A me ad esempio sono piaciute molto le scene delle visioni, che da sole sanno richiamare gran parte di tutta la tensione che il film si porta dietro, così come le comparsate dell'Uomo Gufo che troneggia nella copertina, perché a rendere credibile un uomo che porta in testa una maschera palesemente di cartapesta, allora vuol dire di non essere proprio degli sprovveduti. Casomai degli entusiasti che quando serve si sanno dar da fare, ma che purtroppo più che dei centometristi sono degli scattisti. Lord of tears è un film che, conscio del suo budget risicato, si risparmia in effetti ed effettacci, giocando molto sul montaggio e sul mascheramento degli effetti speciali, ma che può fare tutto ciò che intende fino a un certo punto. E non solo per quelli che sono i meri limiti produttivi. Ci si mette anche una sceneggiatura abbastanza pretenziosetta che, purtroppo, sa di già visto. Eppure potrete tirarmi fuori un film come Sinister, da me promosso e che in quanto a scrittura era decisamente canonico, ma lì, come in questo caso, si puntava tutto sulla messa in scena... facendola funzionare, però. Qui inutile parlare di costi produttivi o roba varia, con certe cose o ti arrangi come puoi, o le usi a tuo favore, o manco le fai. E la sceneggiatura, beh, a fare quella non servono i milioni. Qui le belle idee ci sono, per quanto già viste o già sentite, ma fanno abbastanza fatica ad essere connesse insieme, complici anche dei dialoghi vagamente monocordi e che non riescono a rendere credibile quella che alla fine è una storia di fantasia, vera pecca primaria - anche se riservano un colpo di scena finale davvero figo, pur non legato alla storyline principale. Finisce per intrigare maggiormente la presenza dell'attrice Lexy Hulme, che personalmente ho trovato bellissima (non è che qualcuno ha il suo numero? Vorrei chiederle di sposarmi!) e dolcissima in una maniera tutta sua, anche se il suo personaggio è forse quello che pecca maggiormente in quelli che sono i fini della scrittura. Che poi, alla fine, che fini aveva? Semplicemente quelli di raccontare una storia e di inquietare, e se nel primo ci riesce, col secondo commette qualche perdonabile ma non ignorabile cilecca. Ma col favore delle tenebre magari alcune cose possono benissimo nascondersi al buio.

Alcuni lo ritengono una piccola perla, mentre altri una buddhanata colossale. Io come al solito mi metto nel mezzo, anche se a questo giro protendo per il: "vorrei ma non posso".Voto: ★ ½

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